Nell'immaginazione popolare, il morbo di Alzheimer (MA) è principalmente un disturbo che interessa la memoria a breve termine, ma è una condizione molto più grave di quanto molti riconoscano.
Il MA è una malattia neurodegenerativa caratterizzata da deficit cognitivi e funzionali progressivi che possono anche influire sul comportamento e sulla personalità.
Nelle prime fasi della malattia, i cambiamenti comportamentali possono includere irritabilità, apatia e ansia. Nelle fasi successive, coloro che soffrono di MA possono diventare sempre più aggressivi, irrequieti, ansiosi e persino soffrire di allucinazioni.
Il MA non è solo una malattia progressivamente debilitante ma, purtroppo, sta diventando sempre più comune. Un rapporto pubblicato quest'anno dall'Alzheimer's Association rileva che nel 2019 circa 5,8 milioni di americani hanno con la demenza da MA e che la malattia colpisce un individuo su dieci dopo i 65 anni. Questo include il 3% delle persone di età compresa tra 65 e 74 anni, il 17% di quelle tra 75 e 84 e quasi un terzo (32%) degli individui di età superiore a 85 anni.
Secondo il National Institute on Aging, è la causa più comune di demenza degli anziani americani e la sesta causa di morte negli USA, è la quinta causa di morte tra gli americani con più di 65 anni e affligge più le donne degli uomini.
Sebbene la prevalenza di MA negli anziani non sia in aumento, il numero di persone con questa afflizione dovrebbe aumentare man mano che i membri della generazione del baby boom entrano negli anni del tramonto. Inoltre, molti credono che sia irreversibile. Tuttavia, una nuova ricerca potrebbe indicare che esiste una linea di difesa che aiuterà almeno a prevenire lo sviluppo di MA.
Cosa fa il MA al cervello
IL MA influenza le connessioni tra le cellule del cervello, che sono chiamate neuroni. Quando le reti [di cui fanno parte questi neuroni] vengono interrotte, i singoli neuroni iniziano a perdere funzionalità, perdono la connessione con altri neuroni e alla fine muoiono.
In genere, la prima parte del cervello a essere interessata dalla malattia è la corteccia entorinale e l'ippocampo, due regioni associate alla creazione e all'archiviazione della memoria. I ricordi episodici recenti sono in genere i primi ad essere colpiti dalla malattia, mentre i ricordi più distanti rimangono inalterati fino alle fasi successive della malattia.
Mentre il MA progredisce, interessa anche la corteccia cerebrale, che è l'area del cervello responsabile del linguaggio, della risoluzione dei problemi, della prassi, della pianificazione e dell'organizzazione. Di conseguenza, può diventare difficile per le persone con MA svolgere compiti che richiedono concentrazione, capacità visuospaziali o pensiero astratto, e può essere molto difficile per loro vivere in modo indipendente. Con il progredire della malattia, molte parti del cervello ne risentono, rendendo praticamente impossibile vivere senza una supervisione costante. Infine, è fatale.
Queste connessioni non sono interrotte semplicemente a causa della vecchiaia. I ricercatori ipotizzano che le reti neurali siano gradualmente impantanate da un accumulo di proteine nel cervello. Una di queste proteine, l'amiloide-beta, inizia a raccogliersi tra i neuroni, interrompendo così la comunicazione tra le cellule. L'amiloide-beta è una proteina presente in natura che deriva dal metabolismo cellulare (tecnicamente noto come 'scissione proteolitica') di una proteina più grande chiamata 'proteina precursore dell'amiloide' (APP), che è responsabile dell'esecuzione di una gamma di attività neuronali. La deposizione dell'amiloide spesso inizia 20 anni prima dei primi sintomi clinici di MA.
Un'altra proteina, la tau, di norma facilita lo scambio di nutrienti e altre molecole tra i neuroni rinforzando i microtubuli, che hanno un ruolo chiave nel trasporto intracellulare dei materiali. Nel cervello con MA, queste proteine tau iniziano a legarsi insieme in modelli anormali, creando i cosiddetti 'grovigli neurofibrillari'. Questi grovigli bloccano il flusso di molecole tra i neuroni. La ricerca suggerisce che l'accumulo di proteine amiloide-beta è un precursore di questi grovigli neurofibrillari, anche se non è l'unico precursore, in quanto tali grovigli non sono esclusivi del MA.
Nel cervello sano, le microglia, un tipo di cellula gliale, elimina i rifiuti dal cervello. Questo include l'eccesso di proteine amiloide-beta e tau. Quando il cervello diventa sempre più ingombro di accumuli di proteine amiloide-beta e tau, tuttavia, le microglia non riescono più a fare il proprio lavoro. Quando le microglia non riescono a fare il loro lavoro, il cervello incarica un altro tipo di cellula gliale (gli astrociti) di sbarazzarsi della placca. Anch'esse vengono impantanate dalla placca e rilasciano sostanze chimiche che portano all'infiammazione. Questo può anche portare a problemi vascolari nel cervello.
Cosa causa la formazione della placca associata al MA?
Ci sono vari fattori che influenzano la crescita della placca amiloide-beta. Da un lato, l'ereditabilità del MA è considerata tra il 60 e l'80%, in gran parte a causa di varianti genetiche. Ad esempio, quando il gene TREM2 funziona in modo improprio a causa di una mutazione, può impedire alle microglia di eliminare efficacemente dal cervello l'eccesso di proteine amiloide-beta, che a sua volta può mettere in moto una catena di eventi che portano al MA. L'allele e4 del gene APOE, come altro esempio, è associato alla maggiore presenza di placca amiloide nel cervello. Mutazioni nel gene APP possono produrre fenomeni simili.
Mentre è indubbio che la genetica ha un ruolo nello sviluppo del MA, diversi nuovi studi hanno indicato che anche una dieta ricca di zuccheri e carboidrati semplici può influenzare la probabilità di contrarre la malattia. Dovranno essere condotti ulteriori studi per determinare in quale misura la dieta influenza lo sviluppo della malattia: se la dieta innesca autonomamente il MA o se altera solo i rischi ereditari associati al MA.
Esistono numerosi tipi di proteine che lavorano insieme per liberare il cervello dai detriti che comprendono le cellule morte o danneggiate, il materiale estraneo, i grovigli e l'accumulo di amiloide-beta descritto sopra. In alcuni casi, la dieta influisce sull'efficacia di alcune di queste proteine. Questa correlazione è diventata chiara quando i ricercatori hanno scoperto che i pazienti con diabete hanno maggiori probabilità di sviluppare il MA (ndt: altri l'hanno escluso).
In alcuni circoli, il MA è chiamato 'diabete di tipo 3' a causa della frequenza con cui gli individui con glicemia alta cronica sviluppano MA ad insorgenza tardiva. Uno studio longitudinale pubblicato sulla rivista Diabetologia nel 2018 ha seguito 5.189 persone nel Regno Unito nel corso di un decennio e ha rilevato che questo è vero per tutti i diabetici. Le persone con diabete di tipo 2 e quelle con diabete di tipo 1 hanno maggiori probabilità di sviluppare il MA rispetto a quelle che non hanno problemi di insulina. L'autore dello studio, Zheng et al, ha scritto che "i punti z della memoria, della funzione esecutiva e dell'orientamento hanno mostrato un aumento del declino cognitivo con il diabete".
Uno studio condotto da Melissa Schilling della New York University ha scoperto che il legame tra diabete e MA non è dovuto a problemi insulinici di per sé, ma a causa dell'enzima che scompone l'insulina nel sangue, giustamente noto come 'enzima degradante dell'insulina' [IDE], che aiuta anche a rompere i gruppi di proteine amiloide-beta nel cervello. Questo spiegherebbe perché sia un individuo con diabete di tipo 1 (che non produce abbastanza dell'enzima in primo luogo), che un individuo con diabete di tipo 2 (che spesso finisce con un eccesso di insulina nel sangue) hanno un rischio maggiore di sviluppare MA.
Come scrive la Schilling, "Se l'IDE di preferenza punta l'insulina, e i livelli di insulina superano la produzione di IDE, la capacità di IDE di scindere altre proteine amiloidogeniche sarà notevolmente ridotta". Oltre a colpire i diabetici, il fenomeno potrebbe colpire anche le persone prediabetiche, cioè quelle che hanno un'intolleranza al glucosio causata da livelli cronici elevati di glucosio nel sangue (iperglicemia).
Dato che la maggior parte dei casi non diabetici di iperglicemia sono associati a una dieta ad alto contenuto di zuccheri e carboidrati semplici e che l'iperglicemia è associata ad un aumento dei depositi di amiloide nel cervello, è ovvio che la dieta può avere un ruolo nello sviluppo di MA. Zheng et. al. hanno scoperto che gli sforzi per controllare i livelli di zucchero nel sangue possono impedire il declino della funzione cerebrale:
"Sono necessari studi futuri per determinare gli effetti a lungo termine del mantenimento del controllo ottimale del glucosio sul declino cognitivo nelle persone con diabete", hanno scritto. "I nostri risultati suggeriscono che gli interventi che ritardano l'insorgenza del diabete, così come le strategie di gestione per il controllo della glicemia, potrebbero aiutare ad alleviare la progressione del successivo declino cognitivo a lungo termine".
Questi risultati suggeriscono che l'aumento della prevalenza di MA e l'aumento del numero di individui con diabete sono correlati, e che il meccanismo principale alla base di entrambe le tendenze è una dieta che è frequentemente associata a iperglicemia, che, a sua volta, impedisce all'IDE di scomporre naturalmente sia l'insulina che le proteine amiloide-beta nel cervello.
Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per supportare meglio questi risultati, essi presentano ancora un altro motivo per cui le persone dovrebbero evitare una dieta ad alto contenuto di zuccheri e carboidrati semplici. Le diete che contengono cereali integrali, carni magre, pesce, verdure a foglia verde e frutta impediscono picchi dei livelli di zucchero nel sangue, oltre a fornire all'organismo le vitamine, i minerali e la fibra necessari per mantenersi in salute.
Anche se non esiste una dieta singola che sia ideale per tutti, i pasti composti da cibi per lo più non trattati, come quelli sopra descritti, sono preferibili ai pasti composti da amidi, zuccheri, farine raffinate e additivi.
Fonte: Samoon Ahmad MD, professore di psichiatria alla New York University, capo unità di psichiatria ospedaliera al Bellevue Hospital Center e fondatore dell'Integrative Center for Wellness di New York City.
Pubblicato in Psychology Today (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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