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Alzheimer: abbiamo capito male la causa?

All'inizio del 20° secolo, Alois Alzheimer descrisse per la prima volta un disturbo di perdita progressiva di memoria e confusione in una donna di 50 anni. Dopo la sua morte, ne esaminò il cervello e vide che era pieno di insoliti grumi proteici, chiamati placche. Più di un secolo dopo, sappiamo che queste placche sono composte da una proteina chiamata amiloide-beta e sono un segno distintivo della malattia che porta il nome di morbo di Alzheimer (MA).


Anche se sono state scoperte altre caratteristiche del MA, è rimasta dominate la teoria che l'amiloide-beta è la causa principale di questa malattia incurabile. Ci sono molte sottili varianti dell'«ipotesi-amiloide», ma in generale la teoria dice che l'amiloide-beta si accumula nel cervello, e poi si aggrega.
In qualche punto di questo processo, le cellule nervose nel cervello si danneggiano, portando perdita di memoria e altri sintomi del MA.


Quindi l'approccio per trattare questo problema dovrebbe essere piuttosto semplice: fermare l'aggregazione e arrestare la malattia. Sfortunatamente, decenni di ricerca, molti milioni di dollari di investimenti e molti test clinici falliti dopo, sembra che questo approccio non funzioni. Il più recente trattamento antiplacca a produrre risultati deludenti è stato l'aducanumab, una terapia basata su anticorpi progettata per attaccarsi e distruggere l'amiloide-beta.


I dati iniziali avevano suggerito che il trattamento eliminava realmente l'amiloide-beta dal cervello. Ma questa settimana, Biogen ed Esai, le aziende farmaceutiche dietro l'aducanumab, hanno interrotto in anticipo gli studi clinici che coinvolgono migliaia di pazienti, affermando che "è improbabile che gli studi possano raggiungere il loro obiettivo primario al completamento".


Questo fallimento, e quelli precedenti, hanno portato molti a chiedersi se l'ipotesi-amiloide sul MA dovesse essere abbandonata. In realtà, pochi neuroscienziati sono ancora d'accordo sul fatto che siano le placche di amiloide-beta a causare i sintomi del MA.


Studi con topi che imitano il MA umano hanno dimostrato che la perdita di memoria si verifica prima che le placche si formino nel cervello. Altri studi hanno suggerito che sono i frammenti più piccoli ('oligomeri') di amiloide-beta che sono realmente tossici per le cellule nervose. Ed è stato anche suggerito che la formazione di placche è un modo che ha il cervello di radunare tutti questi pericolosi oligomeri in un unico posto per sicurezza.


È molto difficile dire qualcosa senza le informazioni complete dell'esperimento sull'aducanumab, ma forse la malattia era progredita troppo nei partecipanti affinché il trattamento fosse efficace. Forse i piccoli oligomeri di amiloide-beta avevano già fatto il loro danno, mettendo in moto la malattia prima che i partecipanti venissero reclutati allo studio.

 

Morbo di Alzheimer contro demenza di Alzheimer

In una recente conferenza di Alzheimer’s Research UK, c'è stato un accordo quasi universale sul fatto che è tempo di separare il concetto di MA dalla minaccia della demenza. Il MA è definito come l'accumulo di placche di amiloide-beta e grovigli di un'altra proteina, tau, in combinazione con alcuni lievi cambiamenti della memoria. La demenza è un sintomo di questa malattia.


I progressi nella scansione del cervello implicano che i medici possono ora individuare questi indicatori del MA molto prima (fino a 25 anni prima che inizino i sintomi della demenza). Un fatto sorprendentemente sottostimato è che la progressione verso la demenza non è obbligata. Non tutte le persone che mostrano questi segni clinici del MA avranno la demenza durante la loro vita.


Stiamo iniziando solo ora a studiare le ragioni per cui alcune persone con il MA evitano la demenza di Alzheimer. L'età è il fattore di rischio singolo più grande per questa progressione; più giovane sei quando l'amiloide-beta si accumula nel cervello, più è probabile che tu debba soffrire di demenza. Anche dieta, istruzione e ferite alla testa possono avere un ruolo in questo processo, ma fino a che punto non lo sappiamo.


Un altro fattore importante che stiamo appena ora iniziando a capire è la genetica. Piccole varianti nei nostri geni sembrano influenzare non solo se avremo un accumulo di amiloide-beta nel cervello, ma anche se tale accumulo porterà ai sintomi di demenza.


Il processo di ricerca di questi cosiddetti 'geni di rischio', tuttavia, è lento. I progressi provengono in gran parte da studi su 'big data' (grandi quantità di dati) che tracciano minuscoli cambiamenti nei due miliardi circa di basi di DNA del genoma umano, attraverso decine di migliaia di individui e cercano di trovare modelli simili tra questi cambiamenti e quelli del MA.


Ci sono circa 30 aree del genoma umano che sono state collegate al rischio di demenza di Alzheimer, anche se ce ne sono sicuramente altre da scoprire.

 

Aducanumab: trattamento giusto, tempo sbagliato?

Come per i trattamenti di molte altre malattie umane, potrebbe essere che trattamenti come l'aducanumab siano efficaci solo se somministrati abbastanza presto, prima che la malattia abbia causato cambiamenti irreversibili.


Una migliore comprensione dei fattori ambientali e genetici alla base del MA, combinata con tecniche di scansione cerebrale sempre più sensibili, aiuterà i medici a identificare i segnali di avvertimento anche prima, prima che si verifichi anche una minima perdita di memoria.


Mentre lo screening e la diagnosi di una malattia ancora incurabile nelle persone, prima che appaiano i sintomi, solleva molti dilemmi etici, potrebbe presentare delle opportunità per testare nuovamente i farmaci anti-amiloide, come l'aducanumab.


In definitiva, dobbiamo concentrare la nostra ricerca sulla comprensione delle fasi iniziali della malattia in modo da poter prevenire il MA prima che prenda piede la demenza.

 

 

 


Fonte: Vicky Jones, professoressa di biologia cellulare alla University of Central Lancashire.

Pubblicato su The Conversation (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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