Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Farmaco sperimentale impedisce i cambiamenti provocati dall'età nel cervello dei topi

Con l'invecchiamento, le cellule cerebrali perdono le fibre che ricevono gli impulsi neurali, un cambiamento che può essere alla base del declino cognitivo.


I ricercatori della University of California di Irvine hanno di recente trovato un modo per invertire questo processo nei ratti, con uno studio pubblicato oggi, 3 febbraio 2016, su The Journal of Neuroscience. I ricercatori avvertono che sono necessari ulteriori studi, ma i risultati fanno luce sui meccanismi del declino cognitivo e identificano le strategie potenziali per arginarlo.


"C'è una tendenza a pensare che l'invecchiamento sia un processo inarrestabile, una cosa scritta nei geni e che non c'è niente che si può fare al riguardo", ha detto il co-autore Gary Lynch. "Questo documento dice che potrebbe non essere vero".


I ricercatori hanno studiato i dendriti (le fibre simili a rami che si estendono dai neuroni e ricevono segnali da altri neuroni) nei ratti. Le evidenze di altri studi su roditori, scimmie ed esseri umani indicano che i dendriti si riducono con l'età e che questo processo (chiamato «retrazione dendritica») inizia già in mezza età.


Il team, guidato da Lynch, Julie Lauterborn e Linda Palmer, voleva sapere se la retrazione dendritica è in atto già nei ratti di 13 mesi (equivalenti alla nostra mezza età), e se in quel caso si può invertire tale tendenza dando ai ratti un composto chiamato «ampakina». Le ampakine hanno già dimostrato di riuscire a migliorare i deficit cognitivi legati all'età nei ratti, nonché ad aumentare la produzione di un fattore di crescita chiave del cervello, il «fattore neurotrofico derivato dal cervello» (BDNF).


I ricercatori hanno messo ratti maschi di 10 mesi in gabbie con ambienti arricchiti. A differenza delle gabbie standard, queste gabbie migliorate hanno spazi ampi, un grande cilindro per correre, e diversi oggetti che i topi possono esplorare. Undici ratti hanno ricevuto una dose orale di ampakina ogni giorno per i successivi tre mesi, mentre gli altri 12 ratti hanno ricevuto un placebo.


Durante questa finestra di tre mesi i ricercatori hanno condotto test comportamentali, monitorando l'attività dei topi mentre esploravano l'ambiente non familiare. Dopo tre mesi i ricercatori hanno esaminato un'area del cervello dei ratti connessa con l'apprendimento e la memoria (l'ippocampo), e l'hanno confrontata con l'ippocampo di ratti di 2,5 mesi di età, ratti 'adolescenti'.


I ratti 'di mezza età', che hanno avuto il placebo hanno mostrato di avere dendriti più brevi e con meno rami dendritici rispetto ai topi più giovani. Il cervello dei ratti trattati con l'ampakina, però, erano in gran parte indistinguibili dai topi giovani: i dendriti di entrambi erano simili in lunghezza e nella quantità di ramificazioni.


Ancora meglio, i ricercatori hanno scoperto che i ratti trattati avevano un numero significativamente più alto di spine dendritiche, le piccole proiezioni sui dendriti che ricevono segnali da altri neuroni, rispetto sia ai ratti non trattati che a quelli giovani.


I ricercatori hanno scoperto che le differenze anatomiche tra i topi erano correlate anche con le differenze di una misura biologica di apprendimento e memoria: i topi trattati hanno mostrato una maggiore segnalazione tra i neuroni, un fenomeno chiamato «potenziamento a lungo termine».


Infine, le differenze tra ratti trattati e non trattati sono diventate evidenti nei test comportamentali. In genere, i ratti collocati in un nuovo ambiente passano molto tempo ad esplorare a caso. Man mano che familiarizzano, stabiliscono schemi prevedibili di attività. I ratti trattati con ampakine fissavano schemi prevedibili in un'arena di gioco estranea dal secondo giorno di test, mentre il gruppo placebo di ratti ha continuato ad esplorare in modo casuale.


"I ratti trattati hanno una migliore memoria dell'arena e sviluppano strategie di esplorazione", ha detto Lynch, precisando che in quel modo avevano di fatto invertito gli effetti dell'invecchiamento sul cervello.


"Non dobbiamo sottovalutare l'importanza di ottimizzare la funzione cognitiva nel corso della vita", ha detto Carol Barnes, neuroscienziata della University of Arizona, che studia gli effetti dell'invecchiamento sul cervello e che non era coinvolta nello studio. Questo studio "è particolarmente interessante perché l'effetto del farmaco era selettivo nelle funzioni cerebrali e nei comportamenti che sono stati modificati. Questo è il tipo di specificità che potrebbe rendere possibile la traduzione alla clinica", ha aggiunto.


Tuttavia, i ricercatori avvertono che resta da fare molto lavoro prima che il farmaco venga testato nelle persone. "Il passo successivo è ripetere lo studio", ha detto Lynch, notando che ci sono molte implicazioni connesse con questa ricerca e bisogna procedere con cautela. I ricercatori potrebbero anche voler esplorare quanti giorni di trattamento sono necessari per vedere gli stessi risultati e se il farmaco potrebbe funzionare anche nei ratti anziani e nelle femmine così come nei maschi.

 

 

 


Fonte: Society for Neuroscience via EurekAlert! (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: non disponibili.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Chiarito il meccanismo che porta all'Alzheimer e come fermarlo

30.08.2017 | Ricerche

Nel cervello delle persone con Alzheimer ci sono depositi anomali di proteine ​​amiloide-beta e ​...

Il sonno resetta i neuroni per i nuovi ricordi del giorno dopo

11.09.2024 | Ricerche

Tutti sanno che una buona notte di sonno ripristina l'energia di una persona; ora un nuo...

Subiamo un 'lavaggio del cervello' durante il sonno?

4.11.2019 | Ricerche

Una nuova ricerca eseguita alla Boston University suggerisce che questa sera durante il ...

Gli interventi non farmacologici per l'Alzheimer sono sia efficaci che co…

19.04.2023 | Ricerche

Un team guidato da ricercatori della Brown University ha usato una simulazione al computer per di...

Scoperto il punto esatto del cervello dove nasce l'Alzheimer: non è l…

17.02.2016 | Ricerche

Una regione cruciale ma vulnerabile del cervello sembra essere il primo posto colpito da...

Scoperta nuova causa di Alzheimer e di demenza vascolare

21.09.2023 | Ricerche

Uno studio evidenzia la degenerazione delle microglia nel cervello causata dalla tossicità del ferro...

Effetti della carenza di colina sulla salute neurologica e dell'intero si…

23.01.2023 | Ricerche

Assorbire colina a sufficienza dall'alimentazione è cruciale per proteggere il corpo e il cervello d...

Il gas da uova marce potrebbe proteggere dall'Alzheimer

15.01.2021 | Ricerche

La reputazione dell'[[acido solfidrico]] (o idrogeno solforato), di solito considerato v...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

Studio rivela dove vengono memorizzati i frammenti di memoria

22.07.2022 | Ricerche

Un momento indimenticabile in un ristorante può non essere esclusivamente il cibo. Gli o...

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

Come dormiamo oggi può prevedere quando inizia l'Alzheimer

8.09.2020 | Ricerche

Cosa faresti se sapessi quanto tempo hai prima che insorga il morbo di Alzheimer (MA)? N...

Scoperto perché l'APOE4 favorisce l'Alzheimer e come neutralizzarlo

10.04.2018 | Ricerche

Usando cellule di cervello umano, scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto la ...

I dieci fattori legati a un aumento del rischio di Alzheimer

27.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Anche se non c'è ancora alcuna cura, i ricercatori stanno continuando a migliorare la co...

Alzheimer e le sue proteine: bisogna essere in due per ballare il tango

21.04.2016 | Ricerche

Per anni, i neuroscienziati si sono chiesti come fanno le due proteine ​​anomale amiloid...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

28.10.2021 | Ricerche

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio plu...

Con l'età cala drasticamente la capacità del cervello di eliminare le pro…

31.07.2015 | Ricerche

Il fattore di rischio più grande per l'Alzheimer è l'avanzare degli anni. Dopo i 65, il rischio r...

Invertita per la prima volta la perdita di memoria associata all'Alzheime…

1.10.2014 | Ricerche

La paziente uno aveva avuto due anni di perdita progressiva di memoria...

Scienziati dicono che si possono recuperare i 'ricordi persi' per l…

4.08.2017 | Ricerche

Dei ricordi dimenticati sono stati risvegliati nei topi con Alzheimer, suggerendo che la...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)