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Cosa ho imparato sull'Alzheimer in tre settimane

Peggy Blevins scrive su Alzheimer's Reading Room

Ho ricevuto una telefonata da un'amica che aveva un problema: sua madre, con l'Alzheimer, aveva perso la sua caregiver improvvisamente, e aveva bisogno con urgenza di un'altra. Non significava stare lì per sempre, solo il tempo necessario per lei di trovarne un'altra. Il mio lavoro comporta molto tempo al computer. Ha pensato che avrei potuto essere in grado di aiutare per un po' e contemporaneamente seguire il mio lavoro.

Quello che ho imparato sull'Alzheimer in tre settimane Beatrice (non è il suo vero nome) è ottantenne. Lei usa un sostegno per camminare, e ha una di quelle sedie motorizzate che l'aiuta a rialzarsi nella quale trascorre gran parte della giornata. Non può camminare da sola. In più dell'Alzheimer, ha l'artrite, che colpisce il suo movimento e soprattutto le mani. Beatrice è tuttora continente, ma ha bisogno di aiuto in bagno.

Comunicazione - Lei è nella fase in cui una tipica conversazione va così: [Beatrice, guardando una rivista] "Vorrei sentire e vedere, era stata, avrebbe potuto essere ..."
[Io chiedo] "Che altro c'è in quella rivista?"
[Bea] "E 'abbastanza buona. Il motivo è ... guarda ... adesso."
[Leggendo ad alta voce] "Oh che sia ... di una famiglia ... cibo di una famiglia"
[Guardando fuori] "Hanno avuto quello ... sta aspettando che tutti lo ottengono. Mangia. Mangia di meglio o in meno."
[Indicando la rivista] "Questo è quello che dice."
[Guardando il portico] "Va bene."

Per lo più mi basta ascoltare. Di tanto in tanto faccio una domanda o faccio un commento, ma ho la sensazione che uno dei motivi per cui dorme così tanto è che è annoiata e depressa. Anche se lei sta solo mugugnando e non dice nulla che abbia un senso, qualcuno deve ascoltare, almeno per qualche tempo. E' difficile però. I lavori previsti sul computer sono in gran parte accantonati per queste tre settimane. Non posso ignorarla. Comincia a dormire di meno durante il giorno, e più di notte. Anche se questo era il mio primo vero contatto con AD, in pochi giorni, comincio a capire un po' del linguaggio dell'Alzheimer. "Mi porti da qualche parte?" significa un viaggio verso il bagno. Ma la maggior parte del tempo è indicato solo gettando lontane le coperte che Beatrice usa per tenersi calda sulla sua sedia, e da uno sguardo ansioso verso di me. Venti domande diventano il nostro gioco preferito. Mi indica che vuole o ha bisogno di qualcosa, e io gioco a indovinello con lei per capire cos'è. Vado sempre meglio al gioco, imparando a conoscerla. Le piace il caffè. Le sue mani sono fredde. Vuole qualcosa. "Vuoi un caffè?" I suoi occhi esprimono sollievo. "Oh sì!" oppure "Potrebbe essere."

Ho anche imparato a non farne una questione personale, se dice qualcosa di duro. Non è quello che intende dire. Semplicemmente non sa dire parole dolci come era abituata, quando non le piace quello che sta succedendo. L'AD ha rimosso tutto il suo tatto. Ho imparato che a volte le mie parole non hanno senso per lei.  

Essere ricordata. Ho imparato che ama avere qualcuno che legge le sue cartoline di auguri ogni giorno. Si tratta di una collezione di cartoline dai suoi amici della chiesa. Dicono per lo più cose come quanto amano vederla in chiesa, e di come stanno pensando e pregando per lei. Nel leggerle, lascio delle pause per le sue risposte, alcune delle più coerente della giornata. "Oh, non è bello!, Ti amo [cioè colui che ha inviato la scheda], sei così dolce". Lei non si ricorda chi sono queste persone ora, ma lei capisce ancora che pensano a lei, e questo basta.  

Contatto umano. Ho imparato presto che ha bisogno di contatto umano. Così le dò un abbraccio, o un affettuoso strofinio sul braccio quando le passo vicino, per dirle che mi ricordo di lei e che mi prendo cura di lei, anche se lei non sa chi sono. A volte, quando le vedo quello sguardo preoccupato, e so che non ha bisogno del bagno, mi siedo accanto a lei e le tengo le mani fredde nelle mie e cerco di riscaldarle. Credo che a lei piace il contaotto ancor più del calore delle mie mani. Si sente che qualcuno si prende cura di lei. E dice: "Oh, ti amo!" Non è sufficiente prendersi cura solo dei bisogni fondamentali, e ignorare la persona che c'è dentro. Penso a me stessa. Come vorrei essere trattata se questo accadesse a me? Potrebbe, un giorno. Vorrei un po' di attenzione. Vorrei più di qualcuno che mi aiuta meccanicamente per la toilette, il bagno, l'alimentazione, e spostarmi da luogo a luogo. I would want someone to treat me like a human being, and recognize I still had worth. Vorrei qualcuno che mi tratta come un essere umano, e riconosce che ancora valgo.

La routine. Ho imparato che Beatrice ama le stesse cose più e più volte, e che siano al tempo stesso confortevolmente familiari e nuove ogni volta. C'è uno spettacolo musicale di inni gospel di un tempo che le piace guardare ogni giorno. Si ricorda un sacco di parole, e canta assieme. Noi che siamo attorno vorremmo scappare quando li sentiamo, perché ne siamo così stanchi, ma non possiamo evitarli, proprio per il piacere che le danno.

Mangiare con le mani. Ho imparato che le piace molto mangiare con le mani. Anche se sa usare forchetta e cucchiaio, a volte si dimentica e prende una manciata di spaghetti con le mani.

Le scelte alimentari. Ho imparato che un giorno il succo di prugna caldo è "delizioso" e il giorno dopo potrebbe essere "orribile". A volte faccio qualcosa che sono sicura le piacerà, ma lei si limita a prendere o rifiutare decisamente. Cerco di dare alcune scelte, quando è possibile.

Idratazione. Ho imparato che ho bisogno di ricordarle di bere, o non berrà nulla. Non posso farle ingurgitare un bicchiere d'acqua, ma Beatrice ama il succo (tranne a volte il succo di prugna). Ogni volta che le porto un piccolo bicchiere, i suoi occhi si illuminano. "Oh, quanto è buono!" dirà, e lo berrà tutto.

Pazienza. Ho imparato che non posso farle fretta. Si prenderà il suo tempo. Correre può essere controproducente. Mostrerà uno sguardo preoccupato sul suo volto, e diventerà timorosa se la sprono a muoversi troppo in fretta. Quando le dico: "Non c'è fretta, aspetteremo fino a quando sei pronta," mostra di non essere una persona che si sente maltrattata e sotto pressione. E di solito non passa molto prima che lei sia pronta e in grado di fare ciò che deve.

Il libero arbitrio. Esistono cose che non sono opzionali. Ma quando Beatrice pensa che è lei a prendere la decisione di farlo, sembra solo essere più facile per entrambe. Talvolta ha il libero arbitrio e, talvolta, ha solo l'illusione di averlo. Ho imparato anche a non fare sempre un problema di una decisione. Invece di chiedere la sua opinione, lo faccio e basta. Certe cose semplicemente non sono opzionali, come i medicinali. Ma mi assicuro di darle alcune scelte tutti i giorni, perché ogni persona ha bisogno di sapere che ha un certo controllo della propria vita.

Il collegamento cervello-corpo. Ho imparato che a volte il suo corpo non sembra obbedire alla sua mente. She will grab the towel and hold on for dear life, at the same time that she is smilingly saying OK to my request for her to drop the towel. Lei afferra l'asciugamano e lo tiene stretto come una questione di vita, e allo stesso tempo sorridendo, dice OK alla mia richiesta di restituirmi l'asciugamano. Devo aiutarla gentilmente ad aprire le mani e ubbidire alla mia richiesta. Non faccio degenerare questo ad un match di strattoni. Dico solo "Lascia che ti aiuti con quello."

Io ho imparato che uscire - sia in chiesa o dal dentista è un bene per lei. Ma questo le assorbe molte energie e significa che dovrà dormire molto il giorno successivo. Questo può essere più a causa del normale invecchiamento e del suo stile di vita sedentario, anziché dell'Alzheimer - è difficile saperlo.

Empatia. Ho imparato che, se non mi piace particolarmente portare qualcuno in bagno, è ancora peggio per quella persona essere portata.

Preservare la modestia. Ho imparato che anche quando una persona ha bisogno di aiuto in bagno, c'è un tempo per guardare dall'altra parte, se possibile.

Come posso riassumere tutto? Principalmente in tre parole: amore, dignità e rispetto.

Peggy Blevins

Peggy Blevins è missionaria, lavora con i bambini privati gravemente del linguaggio e istruisce i docenti dei sordi nei paesi ispanici.

 

Alzheimer's Reading Room, 26 novembre 2010

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