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Cervello, la cosa più complessa nell'universo: ecco la ricerca per decodificarlo e leggere la mente.

Scanning patient brain UT Biomedical Imaging CenterIl ricercatore Jerry Tang dell'Huthlab prepara la scansione al cervello di un paziente nel Biomedical Imaging Center dell'Università del Texas. (Foto: Nolan Zunk/Ut Austin)

A metà del 2023, uno studio condotto all'Huthlab dell'Università del Texas ha diffuso onde d'urto nei regni delle neuroscienze e della tecnologia: per la prima volta, i pensieri e le impressioni di persone che non sono in grado di comunicare con il mondo esterno sono stati tradotti in un linguaggio naturale continuo, usando una combinazione di intelligenza artificiale (AI) e tecnologia di scansione cerebrale.

Questo è il punto più avanzato a cui è arrivata la scienza per leggere la mente di una persona. Mentre i progressi nelle scansioni degli ultimi due decenni hanno permesso ai pazienti non reattivi e con consapevolezza minima di controllare un cursore di computer con il cervello, la ricerca dell'Huthlab è un passo significativamente più vicino all'accesso ai pensieri reali delle persone. Come ha detto al New York Times Alexander Huth, il neuroscienziato che ha guidato la ricerca:

"Questo non è solo uno stimolo linguistico. Stiamo arrivando al significato, qualcosa sull'idea di ciò che sta accadendo. E il fatto che sia possibile è entusiasmante".

Combinando l'IA e la tecnologia di scansione del cervello, il team ha creato un decodificatore cerebrale non invasivo in grado di ricostruire un linguaggio naturale continuo tra le persone altrimenti incapaci di comunicare con il mondo esterno. Lo sviluppo di tale tecnologia, e quello parallelo di protesi motorie controllate dal cervello che consentono ai pazienti paralizzati di raggiungere alcune rinnovate mobilità, possiede enormi potenzialità per le persone che soffrono di malattie neurologiche. come la sindrome locked-in (o del chiavistello) e la tetraplegia (o quadriplegia).

A lungo termine, ciò potrebbe portare ad applicazioni pubbliche più ampie come i monitor di salute in stile Fitbit per il cervello e smartphone controllati dalla mente. Il 29 gennaio, Elon Musk ha annunciato che la sua azienda tecnologica NeuraLink aveva impiantato per la prima volta un chip nel cervello umano. In precedenza aveva comunicato che il primo prodotto di Neuralink, Telepathy, potrebbe un giorno permettere alle persone di controllare il telefono o il computer "solo pensando".

Ma insieme a tali sviluppi tecnologici arrivano importanti preoccupazioni etiche e legali. Non è solo la riservatezza, ma l'identità stessa delle persone ad essere a rischio. Mentre entriamo in questa nuova era della cosiddetta tecnologia di lettura mentale, dobbiamo anche considerare come impedire che prevarichi le persone con il suo potenziale di fare del male.

 

La sfida più grande di mappatura dell'umanità

Il cervello è l'oggetto più complicato nell'universo. Contiene oltre 89 miliardi di neuroni, ciascuno collegato a circa 7.000 altri neuroni, che inviano tra 10 e 100 segnali ogni secondo. Lo sviluppo dell'IA si è basato sul cervello e sul concetto di neuroni che lavoravano insieme. Ora, il modo in cui l'IA lavora con l'apprendimento profondo (deep learning) ci aiuta a capire molto più chiaramente come funziona il cervello.

Mappando completamente la struttura e la funzione di un cervello umano sano, possiamo determinare con grande precisione ciò che va storto nelle malattie del cervello e della mente. Nel 2009, è stato lanciato il progetto Human Connectome dal National Institute of Health USA con l'obiettivo di costruire una mappa della struttura e della funzione del cervello umano sano. Iniziative simili sono state lanciate in Europa nel 2013 (Human Brain Project) e in Cina nel 2016 (China Brain Project).

Questo sforzo impegnativo potrebbe richiedere ancora generazioni per essere completato, ma l'ambizione scientifica di mappare e leggere il cervello delle persone risale a più di due secoli fa. Con il mondo circumnavigato molte volte, scoperta l'Antartide e tracciata gran parte del pianeta, l'umanità era pronta per una nuova (e ancora più complicata) sfida di mappatura: il cervello umano.

Questi sforzi sono iniziati sul serio alla fine del XVIII secolo con lo sviluppo di un quadro sistematico perché gli scienziati si chiedessero come il cervello e le sue regioni producono esperienze psicologiche: pensieri, sentimenti e comportamenti. Uno dei primi tentativi fu la frenologia, iniziata dal medico e anatomista austriaco Franz Joseph Gall.

Anche se da tempo screditata, e visibile ora solo nei busti decorativi venduti nei mercati delle pulci, questa scienza era di gran moda all'inizio del XIX secolo. Gall e il suo assistente Johann Spurzheim hanno suggerito che il cervello è organizzato su 35 funzioni psicologiche, ognuna legata a una diversa regione sottostante.

Proprio come dovresti iniziare a sollevare pesi se vuoi bicipiti più grandi, la frenologia sosteneva che più usi una particolare funzione psicologica, più la regione del cervello dove risiede dovrebbe crescere, portando a un nodulo corrispondente nel cranio. Secondo Gall e Spurzheim, alcune di queste funzioni (come memoria, amore per la prole e istinto di uccidere) sono condivise con gli animali, mentre altre (come arguzia, abilità poetica e moralità) sono unicamente umane.

In tutto l'Impero britannico e successivamente negli Stati Uniti, la frenologia fu usata per giustificare classismo, colonialismo, schiavitù e supremazia bianca. La regina Vittoria ha fatto fare analisi sui suoi figli, ma Napoleone Bonaparte non era un fan. Quando Gall si trasferì a Parigi nel 1807 per implementare gran parte della sua teoria frenologica, l'imperatore francese disse: "È una favola ingegnosa che potrebbe sedurre la gens du Monde, ma non può sostenere il controllo dell'anatomista".

Nel 1860, sono ritornate le opinioni dei 'posizionatori' su come funziona il cervello, sebbene gli scienziati che guidavano questa ricerca fossero desiderosi di distinguere le loro teorie dalla frenologia. L'anatomista francese Paul Broca ha scoperto una regione dell'emisfero sinistro responsabile della produzione del parlato, grazie in parte al suo paziente Louis Victor Leborgne, che a 30 anni aveva perso la capacità di dire qualcosa di diverso dalla sillaba 'tan'. Oggi, il 'paziente Tan' rimane uno dei casi di studio più famosi della psicologia e l'area di Broca, nella corteccia frontale, è una delle regioni linguistiche più importanti del cervello, cruciale per mettere in parole i nostri pensieri.

Allo stesso modo, la mappa di 52 distinte regioni della corteccia cerebrale del neuroanatomista tedesco Korbinian Brodman, pubblicata per la prima volta nel 1909, è ancora uno strumento importante delle neuroscienze contemporanee, e i neuroscienziati di oggi continuano a porre alcune delle stesse domande di questi pionieri: pensieri, sentimenti e comportamenti sono prodotti dall'azione collettiva del cervello o da regioni cerebrali specifiche?

Negli studi moderni sulle neuroscienze, gli strumenti di scansione hi-tech come la tomografia a emissione di positroni (PET) e la risonanza magnetica funzionale (fMRI) consentono ai ricercatori di mappare il cervello misurando i cambiamenti nel flusso sanguigno locale collegato a cambiamenti nell'attività neurale locale. Questo approccio dipende dalle scoperte del fisiologo americano John Fulton di quasi un secolo fa. Fulton stava trattando Walter K, un marinaio di 26 anni che soffriva di mal di testa e visione insufficiente. Quando usava gli occhi dopo aver lasciato una stanza buia, il paziente avvertiva un rumore nella parte posteriore della testa, sopra la corteccia visiva. Questo impulso più forte non era replicato da altri segnali sensoriali, ad esempio dall'odore di tabacco o di vaniglia.

Nel resto del 20° secolo, questa prima osservazione del legame tra il flusso sanguigno cerebrale locale e la funzione cerebrale è stata usata da neuroscienziati come l'americano Seymour Kety e i collaboratori svedesi David Ingvar e Neils Lassen. Il loro lavoro pionieristico ha spianato la strada alla moderna mappatura del cervello, guidata dal rivoluzionario lavoro di BrainGate, un'unità di ricerca multidisciplinare originata dal dipartimento di neuroscienze della Brown University nel Rhode Island.

 

Il primo studio clinico

Il prototipo di interfaccia cervello-computer (BCI) registra e decodifica l'attività cerebrale di un paziente, traducendolo in azioni che possono essere eseguite da un cursore neurale, un arto protesico o un esoscheletro alimentato. L'obiettivo finale sono dispositivi wireless (senza fili) e non invasivi che aiutano i pazienti a comunicare e muoversi con precisione nel mondo reale. L'intelligenza artificiale è fondamentale per questo obiettivo ed è già usata per aiutare i sistemi BCI a produrre movimenti motori rapidi e finemente controllati.

Nel 2004, BrainGate ha iniziato il primo studio clinico con BCI che consentivano ai pazienti con sistemi motori alterati (come lesioni del midollo spinale, infarti del tronco encefalico, sindrome lock-in e distrofia muscolare) di controllare un cursore del computer con i loro pensieri.

Il paziente MN, tetraplegico da quando è stato pugnalato al collo nel 2001, è stato il primo paziente dello studio. Dopo aver impiantato elettrodi sulla regione braccio-mano della corteccia motoria primaria del paziente, il team del neuroscienziato Leigh Hochberg ha riferito che il paziente MN era in grado di aprire e-mail, disegnare figure usando un programma di disegno e gestire un televisore usando un cursore. Inoltre, l'attività cerebrale era legata alla mano protesica del paziente e al braccio robotico, consentendo azioni rudimentali come la presa e il trasporto di un oggetto. Inoltre, questi compiti potevano essere svolti mentre il paziente stava conversando, il che suggerisce che non è nemmeno richiesta la piena concentrazione del paziente.

Altri pazienti tetraplegici hanno successivamente usato dispositivi BCI collegati a bracci robotici multi-giunto per raccogliere una tazza e bere, e nel 2015 è stato mostrato un paziente con sindrome lock-in che attivava una tastiera punta-e-clicca 5 anni dopo l'impianto del dispositivo. Gli algoritmi di decodifica avanzata hanno visto un miglioramento tale del controllo del cursore che i pazienti sono passati dalla digitazione di 24 caratteri al minuto nel 2015 a 39 caratteri al minuto due anni dopo.

Sempre nel 2017, gli studi clinici di BrainGate hanno riferito la prima evidenza che si potrebbero usare BCI per aiutare i pazienti a riprendere il movimento dei propri arti aggirando la parte danneggiata del midollo spinale. Un paziente con una lesione al midollo spinale alto-cervicale è riuscito a raggiungere e afferrare una tazza 8 anni dopo aver subito la lesione.

Quindi, nel 2021, il team BrainGate ha riferito che i pazienti tetraplegici stavano usando un sistema wireless a casa loro per controllare un tablet, un primo passo importante verso un futuro in cui i dispositivi BCI possono aiutare le persone a muoversi e comunicare al di fuori dei confini dell'ospedale o del laboratorio. Inoltre, i ricercatori hanno affermato di prevedere "progressi significativi e cambiamenti di paradigma nell'elaborazione del segnale neurale, negli algoritmi di decodifica e nei quadri di controllo" nella ricerca di rendere tali dispositivi disponibili al pubblico più ampio.

Al di là dei successi di BrainGate, un altro team guidato dal neurochirurgo americano Edward Chang ha riferito di recente di usare elettrodi di elettrocorticogramma impiantati chirurgicamente per creare un 'avatar digitale' che potrebbe trasmettere ciò che vuole dire un paziente paralizzato. Con l'aiuto dell'AI, le BCI hanno decodificato i movimenti muscolari legati alle parole che i pazienti pensavano nella loro mente (invece di decodificare il contenuto semantico effettivo).

I modelli di attività emergenti dalla regione cerebrale specifica fondamentale per il linguaggio sono l'obiettivo chiave di questo tipo di BCI. Un esperto non coinvolto nella ricerca ha detto a The Guardian: “Questo è un vero salto dai risultati precedenti. Siamo a un punto di svolta".

 

Una nuova era di tecnologia per 'lettura della mente'

L'attività cerebrale è registrata da tempo con metodi di scansione non invasivi come la fMRI e l'elettroencefalografia (EEG), ma essendo previsti principalmente come strumenti di diagnostica e monitoraggio, ora sono anche un elemento centrale delle ultime comunicazioni neurali e dispositivi protesici.

Un momento di riferimento è stato nel 2012, quando un team guidato dal neuroscienziato Adrian Owen di base in Canada ha usato le neuroscansioni per stabilire una linea di comunicazione con le persone che soffrono di disturbi della consapevolezza. Nonostante non rispondano in termini comportamentali e siano minimamente coscienti, questi pazienti sono stati in grado di rispondere a domande sì-no usando solo la loro mente.

Per i pazienti che non sono in grado di comunicare tramite movimenti del viso o oculari (metodi disponibili per i pazienti bloccati per molti anni), questa è stata un'evoluzione molto promettente. Ora, una decade dopo, la ricerca dell'Huthlab all'Università del Texas costituisce un cambiamento di paradigma nell'evoluzione dei sistemi di neuroscansione che abilitano la comunicazione.

Nella prima fase dello studio, i partecipanti sono stati collocati in uno scanner fMRI che registrava la loro attività cerebrale mentre ascoltavano 16 ore di vari podcast (il modello di dati di addestramento consisteva di 82 storie da 5 a 15 minuti prese da Moth Radio Hour e Modern Love). Questi dati sull'attività cerebrale sono stati quindi collegati ai frammenti audio che i partecipanti stavano ascoltando, per mappare come apparivano i loro modelli di attività cerebrale quando avevano un contenuto semantico specifico nella mente.

Successivamente, gli stessi partecipanti sono stati esposti a nuovi frammenti audio che non avevano mai sentito prima, o in alternativa è stato chiesto di immaginare una storia. Il decodificatore è stato quindi applicato a questa nuova serie di dati sull'attività cerebrale, per 'ricostruire' le storie che i partecipanti avevano ascoltato o immaginato ... con alcuni risultati sorprendenti. Ad esempio, quando un paziente ha ascoltato questo testo audio:

"Non ho ancora la patente di guida e sono sceso proprio quando dovevo, e lei dice: 'Beh, perché non torni a casa mia e ti darò un passaggio?' Io dico ok".

... il decodificatore lo ha ricostruito come segue:

"Lei non è pronta - non ha neppure iniziato a imparare a guidare, ma ho dovuto spingerla fuori dalla macchina. Ho detto: 'La porteremo a casa adesso' e lei ha accettato".

Anche se c'era un numero considerevole di errori nell'intero processo, la ricostruzione di un linguaggio continuo esclusivamente sulla base dei modelli di attività cerebrale, incluse alcune corrispondenze esatte di parole, è probabilmente la più vicina a leggere veramente i pensieri di una persona.

La capacità del cervello di produrre intenzioni motorie è condivisa tra le specie, ma quella di produrre e percepire il linguaggio è unicamente umana. Pertanto, la decodifica del contenuto semantico effettivo dall'attività cerebrale nelle regioni usate nella percezione del linguaggio (principalmente le aree di associazione e prefrontali della corteccia cerebrale) sembra più centrale per ciò che ci rende umani.

Inoltre, lo studio dell'Huthlab ha usato la tecnologia fMRI non invasiva, una forma di neuroscansione che misura i livelli di ossigeno nel sangue del cervello per dedurre l'attività cerebrale. Lo svantaggio della fMRI è che può effettuare solo misure lente dei segnali cerebrali (in genere, un volume del cervello ogni 2 o 3 secondi). Lo studio ha superato questo scoglio con modelli di linguaggio di intelligenza artificiale generativa (tipo ChatGPT) che prevedono la probabilità delle sequenze di parole, e quindi quali parole hanno più probabilità di seguire nei pensieri della persona.

I ricercatori hanno anche lavorato con pazienti che guardavano clip silenziose di cortometraggi. Hanno dimostrato che il sistema potrebbe essere usato non solo per decodificare il contenuto semantico generato dalla percezione uditiva, ma anche da quella visiva.

È importante sottolineare che hanno anche affrontato esplicitamente la minaccia potenziale posta da questo tipo di tecnologia alla privacy mentale di una persona. Jerry Tang, uno dei ricercatori principali dello studio, ha dichiarato:

"Prendiamo molto sul serio le preoccupazioni che potrebbe essere usato per scopi negativi e abbiamo lavorato per evitarlo. Vogliamo assicurarci che le persone usino questi tipi di tecnologie solo quando vogliono e che le aiutino".

Il fatto stesso che questo decodificatore semantico debba essere addestrato su ogni persona separatamente, con la sua collaborazione e per un lungo periodo di tempo, costituisce una robusta salvaguardia. In altre parole, uno dei principali ostacoli nello sviluppo di decodificatori linguistici - il fatto che non sono applicabili universalmente - costituisce una delle garanzie più forti contro la violazione della privacy.

Tuttavia, sebbene non vi sia alcun rischio che una società malevola sia in grado di leggere a breve i pensieri di una persona a caso per strada, ci sono comunque importanti problemi etici, legali e di protezione dei dati che devono essere considerati mentre questa tecnologia si sviluppa.

Abbiamo già visto le conseguenze dell'accesso aziendale senza restrizioni ai dati personali e al comportamento online. Sebbene siamo molto lontani dai dati neurali raccolti ed elaborati su tale scala, è importante considerare le questioni etiche nascenti nelle fasi iniziali del progresso tecnologico.

 

Le implicazioni etiche sono immense

Perdere la capacità di comunicare è un taglio profondo al proprio senso di sé. Il ripristino di questa capacità dà al paziente un maggiore controllo sulla propria vita e sulla capacità di muoversi nel mondo, ma potrebbe anche dare ad altre entità, come società, ricercatori e terze parti, uno spiacevole grado di conoscenza, o addirittura di controllo, sulla vita dei pazienti.

Nessuno degli altri tipi di dati biologici intimi, come quelli sul nostro genoma o sulla nostra biometria, arriva così vicino ad approssimare la nostra vita interiore privata come i dati neurali. Sono potenzialmente immense le implicazioni etiche di fornire accesso a tali dati a entità scientifiche e aziendali.

Ciò è riflesso nella risoluzione 51/3 del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, che ha commissionato uno studio sull'«impatto, le opportunità e le sfide della neurotecnologia che riguardano la promozione e la protezione di tutti i diritti umani» in vista della 57a sessione del Consiglio in settembre 2024. Tuttavia, che sia giustificata l'introduzione di nuovi diritti umani per affrontare le sfide poste dalla neurotecnologia rimane una questione dibattuta tra esperti di diritti umani e gruppi di difesa.

La NeuroRights Foundation, con base alla Columbia University di New York, sostiene che saranno necessari nuovi diritti attorno alle neurotecnologie perché tutti gli umani possano preservare privacy, identità e libero arbitrio. La potenziale vulnerabilità dei pazienti disabili rende particolarmente pregnante questo problema. Ad esempio, il Parkinson, una neurodegenerazione che colpisce il movimento, è comorbido con la demenza, che influisce sulla capacità di ragionare e pensare chiaramente.

In linea con questo approccio, il Cile è stato il primo paese ad aver adottato una legge che affronta i rischi inerenti alla neurotecnologia. Non solo ha introdotto un nuovo diritto costituzionale all'integrità mentale, ma sta anche adottando una legge che vieta la vendita di neurodati e impone di considerare dispositivi medici tutti gli apparecchi neurotecnologici, anche quelli destinati al consumatore generale. La legislazione proposta riconosce la natura intensamente personale dei dati neurali e li considera simili al tessuto di organi che non può essere acquistato o venduto, solo donato.

Ma questa legislazione ha anche dovuto affrontare critiche, con studiosi di diritto che mettono in discussione la necessità di nuovi diritti e sottolineano che questo regime potrebbe soffocare una ricerca benefica sulle BCI per i pazienti disabili. Mentre l'azione legale intrapresa dal Cile è quella con il più grande impatto e di vasta portata introdotta fino ad oggi, altri paesi (es. Spagna) stanno considerando di seguire l'esempio aggiornando le leggi esistenti per affrontare gli sviluppi delle neurotecnologie.

Uno dei cardini della ricerca etica è il principio del consenso informato. Particolare attenzione deve essere prestata alla capacità dei pazienti paralizzati e dei loro familiari di comprendere e acconsentire a nuove terapie sperimentali. I pazienti con una capacità molto limitata di comunicare potrebbero non essere in grado di rispondere a domande più ampie associate all'ottenimento del consenso informato, che è spesso più complesso di una semplice accettazione. Inoltre, possono non essere previsti tutti i potenziali rischi ed effetti collaterali (sia fisici che mentali), rendendo difficile per i medici informare adeguatamente i pazienti.

Allo stesso tempo, è importante tenere presente che negare il trattamento a un paziente la cui unica speranza può essere comunicare attraverso una BCI presenta un costo significativo di opportunità, come una vita senza comunicazione, che può essere molto più grande dei costi della partecipazione ai trattamenti sperimentali. Per medici e ricercatori sarà difficile definire il compromesso appropriato.

In una nuova era fiorente di grandi dati cerebrali, le preoccupazioni etiche di lunga data per violazioni, fuoriuscite, uso non autorizzato o sfruttamento commerciale dei dati personali, saranno amplificate nel caso di dati sensibili sui pensieri o sui movimenti di una persona (controllati con neuroprotesi). I pazienti paralizzati possono essere particolarmente vulnerabili al furto di neurodati, data la loro dipendenza dai caregiver e, sempre più, dalle tecnologie BCI stesse, per comunicare e muoversi nel mondo. È necessario garantire che le informazioni divulgate da una BCI rappresentino i pensieri veri e consensuali di un paziente.

E, mentre è probabile che i primi progressi nella neurotecnologia saranno di natura terapeutica, come per i pazienti disabili e neurodivergenti, è probabile che i progressi futuri coinvolgano applicazioni per i consumatori come l'intrattenimento, nonché per scopi militari e di sicurezza. La crescente disponibilità di neurotecnologia in un contesto commerciale, che è generalmente soggetto a una regolamentazione molto minore, amplifica queste preoccupazioni etiche e legali.

Le leggi sulla protezione dei dati dovrebbero essere valutate per la loro capacità di tenere conto dei nuovi rischi derivanti dall'aumento all'accesso e alla raccolta di neurodati da parte di organizzazioni ed entità di tipi diversi. Prendiamo l'esempio - per il momento del tutto ipotetico - di usare le BCI per dedurre i pensieri dei sospetti negli interrogatori della polizia.

Uno potrebbe dire che la BCI non può essere usata negli interrogatori della polizia poiché il tasso di interpretazione errata dei dati neurali è attualmente inaccettabilmente elevato, sebbene l'accuratezza possa migliorare in futuro. Oppure, potrebbe dire che la BCI non dovrebbe mai essere usata per 'leggere' il cervello di una persona senza il suo consenso, indipendentemente dall'accuratezza della tecnologia. Oppure, potrebbe dire che l'uso di BCI per interrogatori è giustificato in determinate circostanze estreme, come quando sono necessarie informazioni cruciali per salvare la vita di qualcuno e il sospetto rifiuta di collaborare.

Diverse persone, società e culture non saranno d'accordo su dove tracciare la linea. Siamo in una fase iniziale dello sviluppo tecnologico e, iniziando a scoprire il grande potenziale delle BCI, sia per applicazioni terapeutiche che oltre, diventa più urgente la necessità di considerare queste domande etiche e le loro implicazioni per un'azione giuridica.

 

Decodificare il nostro neuro futuro

Questo è un momento rivoluzionario nella nostra ricerca per comprendere il funzionamento interiore del cervello e della mente. Solo nell'ultimo anno, i neuroscienziati hanno invertito le disabilità spinali, hanno tradotto i dati di risonanza magnetica in testo per capire cosa sta pensando una persona e hanno iniziato a condurre studi clinici per aiutare le persone a interagire con gli oggetti usando solo pensieri, qualcosa già visto negli esperimenti con scimmie 2 anni fa. Tutti questi sviluppi potrebbero avere impatti trasformativi sulla vita delle persone.

Allo stesso tempo, è importante notare che ricerche come lo studio dell'Huthlab usano un campione molto piccolo e che il processo di formazione del suo decodificatore semantico è complesso, richiede tempo ed è costoso. Aggiungi a ciò il fatto che la fMRI, sebbene non invasiva, è una tecnica di neuroscansione non portabile, ed è chiaro che questi metodi non lasceranno presto un ambiente di laboratorio rigorosamente organizzato.

Tuttavia, i ricercatori dell'Huthlab suggeriscono che col tempo la fMRI potrebbe essere sostituita dalla 'spettroscopia funzionale del vicino infrarosso' (fNRIS, functional near-infrared spectroscopy) che, "misurando dove c'è più o meno flusso sanguigno nel cervello in diversi punti del tempo", potrebbe dare risultati simili all'fMRI con un dispositivo portabile.

Certamente, l'investimento globale esponenziale nello sviluppo di neurotecnologie come questa, da parte di governi e attori privati, mostra che il mondo è ansioso di creare BCI accessibili, adatte a funzionare come dispositivi medici, ma anche come beni di consumo commerciali. A metà 2021, l'investimento totale nelle società neurotecnologiche ammontava a poco più di 33 miliardi di dollari.

Una delle aziende di più alto profilo è il NeuraLink di Musk. "I risultati iniziali mostrano un promettente rilevamento di spari di neuroni", ha twittato Musk il 29 gennaio, a proposto del primo chip impiantato dalla sua Neurotech in un cervello umano. Si dice che l'impianto includa 1.024 elettrodi, ma è solo leggermente più grande di un globulo rosso. Secondo Neuralink, "Le sue dimensioni ridotte consentono di inserire i fili con un danno minimo alla corteccia cerebrale".

Mentre questo impianto wireless è attualmente in fase di sviluppo come dispositivo medico, con l'obiettivo di migliorare la qualità della vita di pazienti che soffrono di varie malattie neurologiche (lo studio clinico di Neuralink ha arruolato over-22 con tetraplegia), Musk ha dichiarato su X-Twitter che l'obiettivo finale è creare un dispositivo che "consente il controllo del telefono o del computer e attraverso loro quasi tutti i dispositivi, solo pensando".

In effetti, i dispositivi di neuroscansione commerciali sono già sul mercato. Il Kernel Flow, ad esempio, è un auricolare indossabile disponibile in commercio che usa la tecnologia fNRIS per monitorare l'attività cerebrale. Un altro attore di spicco nella neuroscansione commerciale, Emotiv, ha sviluppato auricolari che incorporano la tecnologia EEG in grado di monitorare l'attività cerebrale per rilevare segni di concentrazione, attenzione e stress, con l'ambizione dichiarata di aumentare la produttività di chi li porta.

Mentre l'era dei grandi dati ha permesso approssimazioni sempre più personalizzate e complesse della vita interiore delle persone attraverso biometria, genetica e presenza online, nulla è così potente da catturare il funzionamento interno delle nostre menti ... non ancora.

Ma come suggerisce la ricerca di Huthlab, e le affermazioni di Musk, questo ora potrebbe non essere così lontano. L'alba di una nuova era di interfacce cervello-computer deve essere trattata con grande cura e grande rispetto, in considerazione del suo immenso potenziale per aiutare, e danneggiare, le generazioni future.

 

 

 


Fonte: Nicholas J. Kelley (professore assistente in psicologia sociale, Università di Southampton), Stephanie Sheir (ricercatrice, Università di Bristol) e Timo Istace (ricercatore in neurotecnologia e diritto, Università di Anversa)

Pubblicato su The Conversation (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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