Come evitare la demenza? Non ci avevo mail pensato prima. Ora ci penso ogni giorno. Ogni giorno mentre scrosto il pannolino di mia madre. Ogni giorno mentre la tengo ferma e le chiedo delicatamente: "Riesci a stare in equilibrio?". Ogni giorno mentre fa le smorfie a un cucchiaio di cibo, spesso un cucchiaio che le ho messo sulle labbra: "Questo non sa di niente".
E negli occhi della mia mente, vedo un abaco. Dieci perle ogni fila, dieci righe il quadro. Sto rendendo matematica la mia demenza. Cosa ha reso la mamma vulnerabile? Cosa ha caricato le perle nella direzione della demenza? È stata la sua depressione? La ricerca suggerisce che la depressione raddoppia il rischio di demenza.
Carico la fila che ho identificato come 'mamma' con una sola perla: un marcatore per la sua malattia mentale di lunga durata e resistente al trattamento. Non ne ho mai sofferto. La mia fila non porta ancora un peso. La Commissione Lancet del 2020 ha identificato 12 fattori di rischio modificabili nel 40% delle demenze in tutto il mondo, cioè cose possibili per fare la differenza, per ridurre il profilo di rischio di quasi la metà. Quei rischi sono:
- inattività fisica
- eccesso di alcol
- obesità
- fumo
- ipertensione
- diabete
- depressione
- trauma cranico
- perdita dell'udito
- meno anni di istruzione
- isolamento sociale e
- inquinamento dell'aria.
Faccio un respiro profondo e considero l'elenco, le dita sulle perle.
Mamma, snella per tutta la vita, non si è mai preoccupata dell'esercizio. Io, d'altra parte, ero una bambina paffuta e poi una adulta che, osservando la depressione di mia madre (vedi sopra), ha sviluppato un'abitudine a tenersi in forma perché ho imparato che muoversi faceva due cose: teneva giù il peso e spingeva su le endorfine. Anche da adulta snella, ho continuato - continuo - a nuotare e camminare. Sempre un passo, o due, davanti al cane nero di mia madre. Le do un'altra perla. Mi dico che camminerò di più, più veloce, più di frequente.
Alcol in eccesso? No, nessuno di noi ha mai bevuto troppo. O fumato. La pressione sanguigna di mia madre varia sul limite basso; i miei sono solo picchi in risposta ai camici bianchi. Mi dico che non conta.
Diabete. Siamo al sicuro. Anche se mia madre prende - me lo dice oggi - sei cucchiai di zucchero nel tè, non l'ha sempre fatto. La fila di mamma porta due perle, la mia nessuna. Espiro. Sono a metà della lista.
Trauma cranico. La sinistra collana di mamma si sta allungando. Il suo ictus 7 anni fa non soddisfa i criteri per 'traumatico', ma è stato un assalto, un colpo: la scienza afferma che 1 vittima di ictus su 3 sviluppa la demenza entro cinque anni.
Perché un ictus però, ho chiesto al suo neurologo. (Consapevole del fatto che non c'era alcol in eccesso, nessun fumo, no ipertensione e nessuna obesità). La sua depressione, ha risposto, con un tono che diceva che avrei dovuto saperlo. Egli registra la mia espressione vuota con qualcosa come impazienza, poi elabora: restava seduta troppo, per troppo tempo (due anni troppo a lungo quel tempo). "Si è formato un coagulo".
Un infarto nel suo lobo occipitale sinistro: ha causato pure alessìa, che l'ha derubata della lettura. Che, a sua volta, ha esacerbato un'educazione troppo breve per una ragazza intelligente. Una scarsità di apprendimento che ha sempre cercato di superare con testi impegnativi. Fino a quando non riusciva più a muoversi tra le parole della pagina.
Faccio scivolare altre due perle lungo la fila della mamma: una per lesioni cerebrali, una per meno anni (e sicuramente meno anni di me) a scuola. La sua riserva cognitiva si è svuotata perché non poteva più immergersi nei libri, come una diga senza acqua, qualcosa di prezioso salvato per più avanti era perso.
Isolamento sociale. Mi muovo a disagio sulla sedia. Un dito provvisorio pronto a far scivolare le mie perle in un modo o nell'altro. Ma ho un marito da 36 anni. La mamma ha perso il suo - mio padre - improvvisamente, tragicamente, dopo solo 20 anni. Era sempre da sola dopo.
La ricerca ci dice che una compagnia lunga, tutta la vita se sei fortunato, qualunque forma abbia, può ridurre al minimo il rischio di demenza. E ho il mio lavoro, il che significa che mi impegno ogni giorno, nella conversazione virtuale regolare. Ciò mitiga la mancanza di contatto umano in una stanza? Deve, mi dico. Deve.
La ridondanza di mia madre - mancanza di ruolo quando il suo nido si è svuotato, l'assenza di compagnia o carriera - era resa più solitaria dalla depressione, che le marinava il cervello per mesi e mesi e mesi, per finire in cortisolo che avrebbe potuto preparare la fase cerebrale per la patologia della demenza.
La fila di mia madre porta cinque grandi perle rosso-pericolo. La mia è nuda. E vulnerabile. Non puoi essere compiacente di fronte a questa malattia. A volte, considero le perline di mamma con tristezza e, penso, non ha avuto alcuna possibilità.
Fonte: Anthea Rowan in Psychology Today (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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