"E' morto nel 2007, ma in realtà era morto molto tempo prima", spiega la donna con gli occhi lucidi alla stanza piena di ascoltatori simpatizzanti. "Bill è morto nel 2000, quando la malattia non lo ha messo più in grado di dipingere".
Il "Bill" in questione è il pittore William Utermohlen, e la persona che pronunciava queste strazianti parole era sua moglie, Patricia.
Stava parlando alla galleria d'arte GV a Londra all'incontro dal titolo William Utermohlen: declino artistico attraverso l'Alzheimer, un evento che esplora il rapporto tra il lavoro dell'artista e il suo rapporto con la malattia. Lei stessa storica dell'arte, Patricia ha tenuto il pubblico sulle spine con un flusso costante di aneddoti molto personali penetranti e che riscaldano il cuore. L'intera stanza era affascinata dalla passione con cui parlava di suo marito e del suo lavoro.
Una serie di opere di Utermohlen in mostra riflettono il cambiamento della sua arte nella progressione dell'Alzheimer. Non ho potuto di fare a meno di notare che l'uso della parola "declino" nel titolo della mostra era in qualche modo ingiustificato, persino crudele. E' vero che la mancanza di controllo di Utermohlen sul suo movimento lo ha costretto ad abbandonare gli oli per acquarelli e matite, più facili da usare, ma le sue opere successive sono ugualmente mozzafiato, e danno una percezione affascinante nella mente di una persona con Alzheimer.
Con la progressione della malattia, Utermohlen divenne sempre più interessato agli auto-ritratti, e la sua testa - in particolare il suo cranio - è diventato una caratteristica sempre più importante nelle sue opere. La moglie di Utermohlen ha anche richiamato l'attenzione sulle strane porte, nere e semi-aperte che hanno iniziato ad apparire sullo sfondo delle sue opere. "Era come se sapesse che stava per entrare in un luogo molto oscuro e sapeva che non poteva farci niente", ha detto. "Verso la fine non riusciva nemmeno a riconoscere i propri dipinti ... la cosa più triste".
Tutto questo avrebbe potuto determinare una serata piuttosto deprimente. Ma l'ottimismo imperturbabile di Patricia Utermohlen e degli altri relatori della serata ha creato un evento così esaltante come pure informativo. Solo il più roccioso dei cuori poteva non essere smosso dal resoconto di come l'arte aveva permesso a Bill di comunicare i suoi pensieri per molto tempo dopo che la comunicazione verbale è uscita dalle sue possibilità. Se i prossimi appuntamenti della serie sono buoni almeno la metà di questo, io raccomanderei sicuramente di esserci.
Un ulteriore sguardo nella mente di Utermohlen è venuto dal suo biografo, il psicologo clinico Rachel Davenhill. "Con la demenza, le persone sono uccise socialmente molto tempo prima della morte biologica", ha detto. "C'è un enorme stigma sociale".
La Davenhill crede fermamente che la musica e l'arte possano aiutare le persone con Alzheimer a rimanere socialmente vive, una visuale testimoniata potentemente dall'esperienza di Patricia Utermohlen. Durante la sua presentazione, Patricia ha ricordato una sera quando era seduta a casa con il marito ad ascoltare una sinfonia di Mahler, molto tempo dopo che lui aveva cessato di essere in grado di comunicare con lei in alcun modo. Mossa dalla musica, si è voltata a guardare il marito e ha notato le lacrime che gli scendevano sulle guance; anche lui era chiaramente commosso.
Che Utermohlen fosse in grado di continuare con la sua arte nella fase avanzata della malattia ha stupito l'ultimo oratore della serata, Stephen Gentleman, neuropatologo dell'Imperial College di Londra. "E' incredibile", dice. "Utermohlen semplicemente non avrebbe dovuto avere la capacità mentale di continuare a fare questo fino a quando l'ha fatto". Poi è arrivata la bomba, le parole che mi hanno colpito e hanno continuato a girarmi nella testa mentre ero sdraiata a letto più tardi la stessa sera: "Suona orribile" mi ha detto Gentleman, "ma in casi come questi, è augurabile davvero che il paziente perda conoscenza il più rapidamente possibile, perché essere in un corpo il cui cervello sta scemando e intuire ancora ciò che sta accadendo, deve essere semplicemente orrendo".
Le opere in mostra indicano che Utermohlen non ha avuto neanche questa minima misericordia. Nonostante questa sofferenza, la dedizione di Utermohlen alla sua arte offre oggi gli spettatori uno scorcio unico sugli effetti di un cervello in declino.
L'evento è stato il primo di una serie di quattro curato dalla GV Art and Urban Times, che vuole esplorare il tema del trauma da prospettive sia artistiche che scientifiche.
per gentile concessione dell'artista e della galleria GV Art.
Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce? Puoi usare il modulo dei commenti sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica.
Pubblicato in Gizmodo il 31 gennaio 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X.
I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare a informarti. Clicca qui a destra: |