Perché ricordiamo alcune cose e non altre?
In uno studio di scansione unico, due ricercatori della Northwestern University hanno scoperto come i neuroni nel cervello consentono di ricordare alcune esperienze, mentre altre vengono dimenticate.
E salta fuori che, se si vuole ricordare qualcosa sul proprio ambiente, è meglio coinvolgere i dendriti.
Usando un microscopio ad alta risoluzione unico al mondo, Daniel A. Dombeck e Mark E.J. Sheffield hanno scrutato nel cervello di un animale vivente e hanno visto esattamente cosa accade in singoli neuroni (chiamati cellule di posizione) quando l'animale si muove in un labirinto di realtà virtuale.
Gli scienziati hanno scoperto che, contrariamente al pensiero corrente, l'attività del corpo cellulare del neurone ed i suoi dendriti può essere differente. Essi hanno osservato che, durante un'esperienza dell'animale, se i corpi cellulari si attivano, ma i dendriti restano inattivi, il ricordo duraturo di quell'esperienza non si forma. Ciò suggerisce che il corpo cellulare sembra rappresentare l'esperienza in atto, mentre i dendriti (le ramificazioni tipo albero di un neurone) aiutano a memorizzare tale esperienza come ricordo.
"Ci sono molte teorie sulla memoria, ma pochissimi dati sul modo in cui i singoli neuroni in effetti memorizzano le informazioni in un animale vivente", ha detto Dombeck, assistente professore di neurobiologia al Weinberg College of Arts and Sciences e autore senior dello studio. "Ora abbiamo scoperto che i segnali nei dendriti, secondo noi, sono molto importanti per l'apprendimento e la memoria. I nostri risultati potrebbero spiegare perché alcune esperienze sono ricordate e altre sono dimenticate".
Nell'ippocampo del cervello, ci sono centinaia di migliaia di cellule di posizione, i neuroni essenziali per il sistema GPS del cervello. Dombeck e Sheffield sono i primi a visualizzare l'attività dei singoli dendriti nelle cellule di posizione. Questi risultati contribuiscono a capire come il cervello rappresenta il mondo che la circonda e puntano anche ai dendriti come un nuovo potenziale bersaglio per terapie contro il deficit di memoria e le malattie debilitanti, tipo l'Alzheimer (AD). La distruzione del sistema GPS del cervello è uno dei primi sintomi dell'Alzheimer, e molti pazienti non sono in grado di ritrovare la strada di casa. Capire come le cellule di posizione e i dendriti memorizzano questo tipo di ricordi potrebbe aiutarci a trovare nuovi modi per curare la malattia.
Nel loro studio, Dombeck e Sheffield hanno trovato segnali dei dendriti che potrebbero spiegare come un animale può sperimentare qualcosa senza immagazzinare l'esperienza come ricordo. Hanno visto che i dendriti non sono sempre attivati quando il corpo del neurone viene attivato. I segnali prodotti nei dendriti (usati per memorizzare le informazioni) e i segnali all'interno del corpo cellulare dei neuroni (usati per elaborare e trasmettere informazioni) possono essere sia altamente sincronizzati che desincronizzati a seconda di quanto i neuroni ricordano sulle diverse caratteristiche del labirinto.
Gli scienziati hanno sempre creduto che i compiti neuronali di elaborazione e memorizzazione delle informazioni siano collegati: quando i neuroni elaborano le informazioni, li memorizzano allo stesso tempo, e viceversa. Lo studio della Northwestern fornisce la prova che confuta questa visione classica della funzione neuronale.
"Per tutto il tempo noi sperimentiamo eventi che devono essere rappresentati dall'attività dei neuroni nel cervello, ma non tutti questi eventi possono essere richiamati in seguito", ha dichiarato Mark E.J. Sheffield, postdottorato nel laboratorio di Dombeck e primo autore dello studio. "Il viaggio quotidiano del pendolare, per esempio, richiede l'attività di milioni di neuroni, ma sarebbe difficile ricordare ciò che stava accadendo a metà del tragitto Martedì della scorsa settimana", ha detto Sheffield. "Come mai allora i neuroni si sono attivati durante il tragitto senza memorizzare le informazioni nel cervello? Ora possiamo avere una spiegazione di come ciò accada".
Dombeck e Sheffield hanno costruito il proprio microscopio a scansione laser, che può visualizzare i neuroni su più piani. Hanno poi studiato il movimento di singoli animali (su una trackball) in un labirinto di realtà virtuale costruito attraverso il videogioco Quake II.
Ogni struttura illuminata vista nelle immagini indicava un neurone che «sparava» potenziali d'azione. I ricercatori hanno detto che l'attività di questi neuroni rappresenta il modo in cui l'animale sperimenta l'ambiente. Se i neuroni memorizzano questa esperienza, o no, sembra dipendere dall'attività dei dendriti dei neuroni stessi.
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Lo studio della Northwestern è stato pubblicato il 26 ottobre dalla rivista Nature. Il neuroscienziato John O'Keefe ha scoperto le cellule di posizione nel 1971 (e ha ricevuto il Premio Nobel di quest'anno in fisiologia e medicina), ma è solo negli ultimi anni che gli scienziati, come Dombeck e Sheffield, sono riusciti a vedere questi neuroni che rappresentano una mappa di dove siamo nel nostro ambiente.
Il supporto per la ricerca è arrivato dalla Klingenstein Foundation, dalla Whitehall Foundation, dal Chicago Biomedical Consortium, dalla Northwestern University, dai National Institutes of Health e dalla Life Sciences Research Foundation.
Fonte: Megan Fellman in Northwestern University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Mark E. J. Sheffield, Daniel A. Dombeck. Calcium transient prevalence across the dendritic arbour predicts place field properties. Nature, 2014; DOI: 10.1038/nature13871
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