Le persone con diagnosi di Huntington, in gran parte tra i 30 e i 50 anni, sono di fronte ad una prognosi devastante: completo declino mentale, fisico e comportamentale nel giro di venti anni.
Dei gruppi di proteine «mutanti», accusate di essere responsabili della progressione della malattia genetica, sono l'obiettivo primario delle terapie in sviluppo da parte delle ditte farmaceutiche.
Ma una nuova ricerca dalla Prof. Gerardo Lederkremer e del dottor Julia Leitman del «Department of Cell Research and Immunology» della Tel Aviv University, in collaborazione con il Prof. Ulrich Hartl dell'Istituto Max Planck di Biochimica, afferma che questi farmaci sono non solo inefficaci, ma possono rappresentare una seria minaccia per i pazienti.
In due studi innovativi, pubblicati nelle riviste PLoS ONE e Nature Communications, il Prof. Lederkremer e il suo team hanno dimostrato che i grumi di proteine non sono la causa della tossicità dell'Huntington. Al contrario, tali aggregati in realtà sono meccanismi di difesa delle cellule cerebrali «stressate». I loro studi, condotti su colture di tessuti usando una tecnologia microscopica di avanguardia, hanno identificato un altro agente causale: la «risposta allo stress» delle cellule cerebrali colpite.
"L'implicazione sconvolgente nella terapia di questa malattia è che i farmaci che si stanno sviluppando per interferire con la formazione di aggregati proteici, possono in effetti essere dannosi", ha detto il Prof. Lederkremer. "Solo l'identificazione della nuova causa potrebbe portare allo sviluppo di nuovi approcci terapeutici. Ciò può valere anche per altre malattie neurodegenerative".
Partendo da zero genetica
Il Prof. Lederkremer e il suo team hanno scelto di esaminare l'effetto degli aggregati proteici nella patologia dell'Huntington, perché la sua causa genetica è ben nota, a differenza di quelli di altre malattie neurodegenerative, come il Parkinson, le cui origini rimangono meno chiare.
"In questo studio abbiamo scoperto (con sorpresa, anche se lo sospettavamo) che i danni alle cellule, lo «stress» cellulare che porta alla morte delle cellule, appaiono ben prima degli aggregati proteici", ha detto il Prof. Lederkremer. "Ed ancora più sorprendente, quando gli aggregati infine appaiono, lo stress viene ridotto, e in alcuni casi anche arrestato. Il processo reale di formazione di un aggregato è protettivo, isolando e separando le proteine problematiche. Ciò spiega perché nelle autopsie di persone morte di Corea di Huntington e di altre malattie come l'Alzheimer o la vecchiaia, gli aggregati proteici nel cervello sono tutti abbastanza simili, riflettendo la mancanza di un legame specifico delle malattie".
Interferendo con la risposta allo stress delle cellule cerebrali, piuttosto che con la formazione di aggregati proteici, degli scienziati potrebbero essere in grado di rallentare o addirittura fermare la progressione delle malattie neurodegenerative. Secondo il Prof. Lederkremer, questa ricerca apre una nuova strada rivoluzionaria per la ricerca farmaceutica per curare la corea di Huntington, l'Alzheimer, il Parkinson e altre malattie neurodegenerative.
Risposta allo stress
"Le conseguenze pratiche sono che diverse società stanno già sviluppando farmaci che inibiscono questa forma di aggregato proteico, interferendo con il processo naturale del corpo di protezione del cervello", ha detto il Prof. Lederkremer. "Ma i farmaci devono essere interamente concentrati su un'altra zona, e gli aggregati di proteine, una risorsa di protezione per il cervello, dovrebbero essere lasciati intatti".
Sono stati esaminati i campioni di cellule cerebrali da modelli di topi affetti da Huntington, usando «scansioni cellulari dal vivo», cioè studiando cellule vive mediante microscopia rallentata. Il Prof. Lederkremer e il suo team sono così riusciti ad identificare un composto che modifica la risposta delle cellule cerebrali allo stress, promuovendone la sopravvivenza.
"Il nostro approccio è stato interferire con la risposta allo stress invece che con la formazione di aggregati proteici, e il laboratorio è riuscito a identificare un composto che ha alterato la risposta, recuperando dalla morte le cellule colpite" ha detto il Prof. Lederkremer. "I risultati sono molto incoraggianti per lo sviluppo di una terapia per questa malattia devastante, che è attualmente incurabile".
Fonte: American Friends of Tel Aviv University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti:
- Julia Leitman, Boaz Barak, Ron Benyair, Marina Shenkman, Uri Ashery, F. Ulrich Hartl, Gerardo Z. Lederkremer. ER Stress-Induced eIF2-alpha Phosphorylation Underlies Sensitivity of Striatal Neurons to Pathogenic Huntingtin. PLoS ONE, 2014; 9 (3): e90803 DOI: 10.1371/journal.pone.0090803
- Julia Leitman, F. Ulrich Hartl, Gerardo Z. Lederkremer. Soluble forms of polyQ-expanded huntingtin rather than large aggregates cause endoplasmic reticulum stress. Nature Communications, 2013; 4 DOI: 10.1038/ncomms3753
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