Il decorso del Parkinson (PD) può variare da un deterioramento graduale ad un declino precipitoso della funzione motoria o cognitiva.
Pertanto, individuare i fattori predittivi della progressione può dare benefici per la comprensione della progressione della malattia e per la gestione dell'impatto.
I dati provenienti da 304 pazienti di PD, seguiti per 8 anni, indicano che i pazienti con livelli maggiori di α-sinucleina nel liquido cerebrospinale (CSF) sperimentano un declino cognitivo più veloce nei mesi successivi, anche se non è stata trovata alcuna associazione tra i livelli di α-sinucleina e le modifiche motorie. I risultati sono pubblicati in The American Journal of Pathology.
Una caratteristica patologica del PD è la presenza di corpi di Lewy, che sono formati da depositi intracellulari della proteina α-sinucleina nei neuroni. Anche se diversi grandi studi hanno dimostrato che i livelli di α-sinucleina sono più bassi nel liquido cerebrospinale dei pazienti con PD e quelli con le sinucleinopatie relative, rispetto ai controlli, il suo ruolo nel declino cognitivo e la demenza non era ancora stato esplorato.
I ricercatori hanno potuto accedere ai campioni di CSF dalla terapia antiossidante con deprenyl e tocoferolo dello studio «Parkinsonism» (DATATOP), che è il gruppo assemblato più grande, ad oggi, con una raccolta longitudinale di fluidi biologici e dati clinici di pazienti di PD. "I soggetti del DATATOP sono stati reclutati nelle fasi precoci della malattia, senza segni apparenti di demenza e prima che necessitassero di farmaci che integrano la dopamina, rendendo questa coorte ideale per studiare la progressione del PD", spiega Jing Zhang, MD, PhD, del Dipartimento di Patologia della School of Medicine all'Università di Washington di Seattle.
Sono state valutate la performance cognitiva e altre misurazioni cliniche, comprese la «United Parkinson Disease Rating Scale» (UPDRS), il «Mini-Mental State Exam» (MMSE), e la «Hoehn and Yahr», all'inizio dello studio e successivamente ogni 6 mesi, per un tempo medio di 1,8 anni e uno massimo di 8 anni. I dati sono stati separati tra Fase I (il tempo tra l'entrata nello studio e la determinazione di un medico che era richiesta la terapia con levodopa), e Fase II (il tempo che intercorre tra l'inizio della terapia con levodopa e la conclusione del follow-up). I ricercatori hanno raccolto campioni di CSF all'inizio delle fasi I e II.
Anche se è iniziato come studio randomizzato, dividendo i soggetti in quattro gruppi di trattamento (placebo, deprenyl, α-tocoferolo, e deprenyl/α-tocoferolo), esso è stato interrotto precocemente perché sono stati osservati effetti positivi dal deprenyl e tutti i soggetti hanno poi ricevuto il deprenyl per circa 18 mesi.
I ricercatori hanno trovato che, sebbene i livelli di α-sinucleina diminuissero notevolmente nel corso dello studio, in accordo con studi precedenti che mancavano del componente longitudinale, i suoi valori non hanno predetto il peggioramento dei sintomi motori (misurati con UPDRS) nelle fasi I o II. "Una possibile spiegazione è che la UPDRS riflette principalmente i deficit derivanti dalla degenerazione nigrostriatale, mentre i livelli di α-sinucleina nel CSF sono influenzati da tutto il cervello e possono servire come indicatori della patologia cerebrale totale", dice il Dott. Zhang.
I risultati sulla cognizione erano molto diversi: i livelli superiori di α-sinucleina nel CSF hanno predetto un declino cognitivo più rapido. I risultati erano significativi durante la fase II. Le analisi sono state controllate per età, sesso, istruzione, esposizione al farmaco in studio, e dose prescritta di levodopa. I test hanno valutato diverse modalità di cognizione, compreso l'apprendimento verbale e la memoria visuo-spaziale e la velocità di di elaborazione della memoria di lavoro. Tendenze simili sono state trovate in tutti i test.
"La scoperta che i livelli di α-sinucleina diminuiscono con il progredire del PD, mentre quelli con alti livelli di α-sinucleina sperimentano un declino cognitivo più veloce, è un po' controintuitivo", commenta il dottor Zhang. Lui ed i suoi colleghi, tra cui il primo autore Tessandra Stewart, PhD, suggeriscono che la diminuzione dell'α-sinucleina nel CSF può essere il risultato di un processo di compensazione, che riflette una maggiore ritenzione della proteina nel cervello. Ciò può consentire ai neuroni danneggiati, o in degenerazione, di mantenere la loro funzione per più tempo, rispetto a quelli che sono meno efficienti nel trattenere l'α-sinucleina.
Il dottor Zhang sottolinea che il valore unico di questo studio deriva dalla capacità di eseguire valutazioni longitudinali sulla cognizione dei pazienti di PD nel corso di un lungo periodo di tempo e di accedere ai dati di un grande gruppo che ha avuto inizio quando i pazienti erano in una fase più precoce della malattia.
Il PD è la seconda malattia neurodegenerativa per diffusione negli Stati Uniti, e colpisce circa un milione di americani e cinque milioni di persone in tutto il mondo. La sua prevalenza è destinata a raddoppiare entro il 2030. I sintomi più evidenti sono correlati ai movimenti, come l'agitazione involontaria e la rigidità muscolare; sono seriamente debilitanti anche i sintomi non motori, come i disturbi cognitivi e la demenza, l'ansia e i disturbi del sonno.
Questo lavoro è stato supportato dalla Michael J. Fox Foundation, dal Parkinson Study Group, e dal National Institutes of Health.
Fonte: Elsevier(> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Tessandra Stewart, Changqin Liu, Carmen Ginghina, Kevin C. Cain, Peggy Auinger, Brenna Cholerton, Min Shi, Jing Zhang. Cerebrospinal Fluid α-Synuclein Predicts Cognitive Decline in Parkinson's Disease Progression in the DATATOP Cohort. The American Journal of Pathology, 2014; DOI: 10.1016/j.ajpath.2013.12.007
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