Ricercatori dell'Università di Amsterdam hanno dimostrato che la progressione dell'Alzheimer nei pazienti della clinica della memoria può essere seguita in modo efficiente con 45 minuti di test neuropsicologici.
Al contrario, le misurazioni via risonanza magnetica (MRI) dell'atrofia cerebrale hanno dimostrato di essere meno affidabili nell'ottenere i cambiamenti degli stessi pazienti.
Questa scoperta ha importanti implicazioni per la progettazione di test clinici di nuovi farmaci anti-Alzheimer. Se la valutazione neuropsicologica viene usata come misura di esito o "standard", sarebbero necessari meno pazienti per condurre tali esperimenti, o questi ultimi potrebbero essere di durata più breve.
La US Food and Drug Administration e le sue controparti in altri paesi, come l'Agenzia Europea per i Medicinali, richiedono che le aziende farmaceutiche testino e dimostrino l'efficacia dei nuovi farmaci attraverso studi sperimentali. Nel caso dell'Alzheimer, questo significa che devono indurre un miglioramento dei sintomi cognitivi e comportamentali o almeno devono rallentare il tasso di declino cognitivo e comportamentale.
Fino ad ora le misure dell'esito in questo tipo di ricerca sono state le scale di misurazione cognitive e comportamentali, come l'Alzheimer Disease Assessment Scale (ADAS). Se l'effetto di un nuovo farmaco non può essere dimostrato con una tale scala, il farmaco non viene approvato. Il problema con le scale di misurazione come la ADAS è che sono piuttosto grezze e non possono considerare i cambiamenti sottili, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia. In alternativa, le misure di MRI dell'atrofia cerebrale sono state proposte come risultato negli studi clinici, a causa delle proprietà presumibilmente migliori per rilevare i cambiamenti sottili. Ciò implica che è necessario un numero inferiore di pazienti negli studi clinici di nuovi farmaci per mostrare un effetto del trattamento.
I ricercatori olandesi hanno verificato questo assunto alla clinica della memoria del Centro Medico Accademico, all'Università di Amsterdam, confrontando le valutazioni neuropsicologiche e le misure MRI dell'atrofia cerebrale di 62 pazienti, con e senza deficit cognitivo precoce, ma senza demenza.
I neurologi hanno esaminato i partecipanti allo studio al basale e dopo due anni, e hanno giudicato se la loro cognizione era normale o meno. Dopo due anni di follow-up, ventotto pazienti sono stati considerati normali, e 34 avevano decadimento cognitivo lieve o avevano progredito alla demenza, soprattutto all'Alzheimer. Al basale e al follow-up tutti i pazienti hanno avuto una scansione MRI di ultima generazione, e ne sono state testate le altre funzioni cognitive e la memoria con cinque test neuropsicologici standard.
Nel gruppo che i neurologi hanno considerato normale al follow-up, la prestazione cognitiva era già normale al basale, ed tale è rimasta dopo due anni. Nel gruppo che hanno considerato alterato, tuttavia, la cognizione era già anormale al basale ed è scesa notevolmente nel corso dei successivi due anni.
Le misure MRI hanno riguardato i volumi sinistro e destro dell'ippocampo, che sono estremamente importanti per il funzionamento della memoria, e sono i primi a degenerare durante il processo dell'Alzheimer. Il volume dell'ippocampo è diminuito meno dell'1% nel gruppo normale durante il periodo di follow-up, e più del 3% nel gruppo alterato.
Lo schema dei risultati è stato simile per entrambe le tecniche, ma la risonanza magnetica ha evidenziato differenze meno marcate tra i due gruppi al basale rispetto ai test cognitivi, e, soprattutto, differenze meno pronunciate nel tasso di evoluzione.
Usando i dati sul tasso di cambiamento raccolti in questo studio, si può calcolare il numero di pazienti che sarebbero necessari per una sperimentazione clinica ipotetica di un nuovo farmaco. I ricercatori hanno concluso che sarebbero necessari solo la metà dei pazienti, con la valutazione neuropsicologica usata come gold standard, invece che le misure di MRI dell'atrofia cerebrale.
Tuttavia il Dr. Edo Richard, uno dei neurologi che hanno condotto lo studio, dice: "Qualunque sia il risultato scelto, sarà sempre necessaria la valutazione del funzionamento auto-riferita dai pazienti, per confermare la rilevanza clinica di qualsiasi effetto del trattamento".
Fonte: IOS Press BV (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Ben Schmand, Anne Rienstra, Hyke Tamminga, Edo Richard, Willem A. van Gool, Matthan W.A. Caan, Charles B. Majoie. Responsiveness of Magnetic Resonance Imaging and Neuropsychological Assessment in Memory Clinic Patients. Journal of Alzheimer’s Disease, January 2014 DOI: 10.3233/JAD-131484
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