Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato da una progressiva perdita di memoria. Nelle fasi iniziali, i pazienti sperimentano difficoltà nel recupero dei nomi e delle parole, così come un maggiore livello di oblio. Ma possono ancora in gran parte funzionare nella società, e alcuni possono anche guidare o vivere per conto proprio.
Tuttavia, come la malattia progredisce, i pazienti perdono sempre più i loro ricordi personali, fino a quando non arrivano al punto in cui non ricordano nemmeno il proprio nome o qualsiasi evento della loro vita. A causa di questa perdita del ricordo di dati personali, i medici e i ricercatori tendono a vedere il corso del MA come una progressiva perdita del sé. Dopo tutto, che cosa significa avere un concetto di sé, se non si dispone di alcuna informazione autobiografica per descrivere quel 'sé'?
In uno studio pubblicato di recente sulla rivista Social Psychology Quarterly, la sociologa Linda Francis e i suoi colleghi della Cleveland State University sostengono che questa enfasi sulla perdita cognitiva non descrive pienamente la condizione dei pazienti con MA nella fase avanzata. In particolare, la concezione della demenza come una perdita di sé non tiene conto di ciò che ancora rimane dell'identità personale, anche dopo che la memoria se n'è andata.
Per cominciare, la visione del MA come una perdita di memoria non è abbastanza precisa. Gli psicologi distinguono tra memoria dichiarativa ('sapere cosa') e memoria procedurale ('sapere come'). È soprattutto la memoria dichiarativa che si perde, mentre ampie porzioni di memoria procedurale rimangono intatte. Ad esempio, mentre i pazienti affetti da demenza dimenticano spesso i nomi di parole e cose (memoria dichiarativa), sono ancora in grado di portare avanti conversazioni significative (memoria procedurale).
Con questa osservazione in mente, la Francis e i colleghi hanno deciso di fare ciò che pochi ricercatori di MA hanno fatto prima. Studi precedenti avevano descritto la malattia tipicamente dall'esterno, cioè dal punto di vista di medici e caregiver. Al contrario, questi ricercatori hanno deciso di capire dalle parole stesse dei pazienti cosa vuol dire vivere con il MA.
A tal fine, la Francis e i colleghi hanno intervistato 52 persone nelle varie fasi del MA. I pazienti nei primi stadi della malattia erano generalmente consapevoli della loro perdita di memoria e potevano descrivere come le loro vite ne fossero influenzate. Con le fasi successive, però, i pazienti erano solo vagamente consapevoli della loro perdita di memoria, e in genere mostravano un notevole disagio quando lo veniva loro ricordato.
Poiché i pazienti nella fase avanzata non avevano sufficiente consapevolezza di sé per descrivere la propria situazione, i ricercatori si sono attenuti di più al significato emotivo del loro discorso, piuttosto che al significato letterale di esso.
Per esempio, uno dei pazienti maschi che era stato un imprenditore di successo, ha insistito che non era ospite della struttura dove risiedeva, ma piuttosto che lavorava lì. Il suo lavoro, ha detto, era quello di “badare alle ragazze”. Durante l'intervista, era molto gentile e allegro, ma assertivo, riflettendo le caratteristiche di personalità che esibiva prima della demenza, secondo quanto riferito dai familiari.
Questo paziente aveva poca memoria della sua vita passata ed era chiaramente delirante sulle sue attuali circostanze. In questo senso, aveva perso il suo 'sé', la conoscenza di chi era e di chi era stato. Allo stesso tempo, era ancora il suo 'stesso vecchio sé', nel senso che la sua personalità non era cambiata.
I ricercatori hanno trovato lo stesso modello, coerentemente nelle varie interviste, quando hanno confrontato le loro osservazioni su questi pazienti con i rapporti dei loro familiari. Anche quando tutte le conoscenze personali non c'erano più, la personalità persisteva.
Questo ci porta indietro alla distinzione tra memoria dichiarativa ('sapere cosa') e memoria procedurale ('sapere come'). La memoria autobiografica è 'sapere cosa', e questo è ciò che è in gran parte persa nel MA. Tuttavia, la personalità è definita dagli psicologi come i modi tipici di un individuo di pensare, sentire e comportarsi. In altre parole, la personalità risiede nella memoria procedurale ('sapere come'), che è in gran parte risparmiata.
Un'altra capacità procedurale che è mantenuta anche nelle ultime fasi del MA è la capacità di leggere le espressioni gestuali e facciali delle emozioni negli altri. Dal momento che questi pazienti hanno poca comprensione del significato della situazione in cui si trovano attualmente, devono invece fare affidamento sugli indizi emotivi degli altri per sapere come si dovrebbero sentire in ogni momento.
Da questa osservazione, la Francis e i colleghi offrono un suggerimento: se ti stai occupando di una persona cara con demenza, la cosa migliore che puoi fare è mantenere ogni interazione più emotivamente positiva possibile; sorridi con lei, ridi con lei, e abbracciala per suscitare il maggior numero di sentimenti buoni che puoi.
Ricordare al paziente la sua perdita di memoria è particolarmente controproducente. Commenti come “Nonna, hai già fatto quella domanda tre volte” non aiutano. Mentre esprimono la tua frustrazione per la condizione della persona cara, non farà che farla sentire sempre peggio.
I malati di MA in fase iniziale sono spesso angosciati perché sono consapevoli della loro perdita di memoria e di ciò che il futuro ha in serbo per loro. Ma dalle fasi successive, dimenticano in gran parte la loro perdita di memoria e non sono più afflitti da essa, a meno che lo sia loro ricordato.
Non si possono riportare alla realtà, ricordando loro quello che hanno dimenticato; non c'è alcuna utilità a sconvolgerli. Al contrario, la cosa migliore che puoi fare per la tua persona cara con demenza è rendere ogni interazione con lei più piacevole e positiva possibile, indipendentemente dal fatto che siano o no 'nella realtà'.
Prendersi cura di una persona cara con il MA può essere un'esperienza demoralizzante. Mentre vedi la sua mente che svanisce, cerchi disperatamente di tirarla indietro al mondo reale, riportarla alla persona che era una volta. Ma questa è un'impresa inutile.
Invece di concentrarti sulla sua perdita di memoria, rivolgi la tua attenzione a quella parte di lei che rimane, alla sua personalità. Ridi con lei, mostrale che la ami, e le farai passare una buona giornata. Questo è tutto quello che puoi fare per lei, ed è tutto quello che vuole da te comunque.
Fonte: David Ludden PhD, professore di psicologia al Georgia Gwinnett College
Pubblicato su Psychology Today (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.