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Potenziatori cognitivi sono inopportuni in alcuni casi di demenza

I potenziatori cognitivi - farmaci che rafforzano la concentrazione, la memoria, l'attenzione e gli stati d'animo - non migliorano nel lungo termine la cognizione o la funzionalità delle persone con decadimento cognitivo lieve (MCI), secondo un nuovo studio condotto da ricercatori del St. Michael Hospital.


Infatti, i pazienti su questi farmaci sperimentano episodi significativamente più frequenti di nausea, diarrea, vomito e mal di testa, secondo lo studio pubblicato oggi sul Canadian Medical Association Journal.


"I nostri risultati non supportano l'uso di potenziatori cognitivi in presenza di decadimento cognitivo lieve", hanno scritto il dottor Andrea Tricco e il Dr. Sharon Straus, entrambi scienziati del Li Ka Shing Knowledge Institute dell'ospedale. La Dott.ssa Straus è anche geriatra nell'ospedale.


Il deterioramento cognitivo lieve è una condizione caratterizzata da disturbi di memoria senza limitazioni significative nell'attività di tutti i giorni. Tra il 3 e il 42 per cento delle persone ricevono questa diagnosi ogni anno, circa 4,6 milioni di persone in tutto il mondo. Ogni anno una percentuale che va dal 3 al 17 per cento delle persone con MCI svilupperà una demenza, come l'Alzheimer. Dato l'invecchiamento della popolazione, si stima che il numero dei canadesi con demenza raddoppierà a più di 1 milione nei prossimi 25 anni.


E' stato ipotizzato che i potenziatori cognitivi possano ritardare l'insorgenza della demenza. Le famiglie ed i pazienti chiedono sempre più questi farmaci, anche se non è stata stabilita l'efficacia nei pazienti con decadimento cognitivo lieve. In Canada i potenziatori cognitivi si possono avere solo con una autorizzazione speciale.


I Dottori Tricco e Straus hanno condotto una revisione delle prove esistenti per comprendere l'efficacia e la sicurezza dei potenziatori cognitivi. Hanno esaminato otto studi randomizzati che confrontavano uno dei quattro stimolatori cognitivi disponibili (donepezil, rivastigmina, galantamina e memantina) con un placebo, nei pazienti con diagnosi di MCI.


Anche se hanno trovato benefici a breve termine nell'uso di questi farmaci su una scala cognitiva, non ci sono effetti a lungo termine dopo circa un anno e mezzo. Non sono stati osservati altri benefici su una seconda scala cognitiva o sulla funzionalità, sul comportamento e sulla mortalità. In più i pazienti su questi farmaci sperimentano episodi significativamente maggiori di nausea, diarrea, vomito e mal di testa. Uno studio ha trovato anche un rischio più elevato di una patologia cardiaca nota come bradicardia (rallentamento del battito cardiaco) tra i pazienti che hanno ricevuto la galantamina.


"I nostri risultati non supportano l'uso di potenziatori cognitivi nei pazienti con decadimento cognitivo lieve", scrivono gli autori. "Questi agenti non sono associati ad alcun beneficio e portano ad un aumento di danni. I pazienti e le loro famiglie dovrebbero prendere in considerazione queste informazioni quando richiedono questi farmaci. Allo stesso modo, i responsabili dell'assistenza sanitaria potrebbero considerare di non approvare l'uso di questi farmaci in caso di MCI, perché questi farmaci potrebbero non essere efficaci e probabilmente essere invece associati a danni".

 

 

 

 

 


Fonte: St. Michael's Hospital, via EurekAlert!, a service of AAAS.

Riferimenti: Andrea C. Tricco, Charlene Soobiah, Shirra Berliner, Joanne M. Ho, G. David Batty, Carmen H. Ng, Huda M. Ashoor, Maggie H. Chen, Brenda Hemmelgarn, Sharon E. Straus. Efficacy and safety of cognitive enhancers for patients with mild cognitive impairment: a systematic review and meta-analysis. Canadian Medical Association Journal, September 2013 DOI: 10.1503/cmaj.130451

Pubblicato in Science Daily (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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