Il tasso di riduzione locale di cervello e il declino cognitivo causato dall'invecchiamento e dalle prime fasi dell'Alzheimer (AD) è più elevato per le donne e per le persone con un fattore chiave di rischio genetico di AD, dicono i ricercatori della School of Medicine della University of California di San Diego, in uno studio pubblicato online il 4 Luglio nell'American Journal of Neuroradiology.
Il collegamento tra APOE ε4 (che codifica una proteina coinvolta nel vincolo dei lipidi o grassi del sistema linfatico e circolatorio) è stato già documentato come il fattore noto di rischio genetico più forte per l'AD sporadico, la forma più comune della malattia.
Ma la connessione tra il sesso di una persona e l'AD è conosciuto molto meno, secondo gli scienziati dell'UC San Diego. "Sappiamo che l'APOE ε4 abbassa l'età di insorgenza e aumenta il rischio di contrarre la malattia", ha detto il primo autore dello studio Dominic Holland, PhD, ricercatore del Dipartimento di Neuroscienze alla School of Medicine dell'UC San Diego. "Abbiamo dimostrato in precedenza che più bassa è l'età, maggiore è il tasso di declino in AD. Quindi era importante esaminare gli effetti differenziali dell'età e dell'APOE ε4 sul tasso di declino, e farlo per tutto lo spettro diagnostico di varie misure cliniche e regioni del cervello, cosa mai fatta prima".
I ricercatori hanno valutato 688 uomini e donne di oltre 65 anni, partecipanti all'Alzheimer's Disease Neuroimaging Initiative, uno studio longitudinale multi-istituto che monitora la progressione dell'AD ed i suoi effetti sulle strutture e le funzioni del cervello. Essi hanno scoperto che le donne con decadimento cognitivo lieve (una condizione che precede la diagnosi di AD) presentano un maggiore declino cognitivo degli uomini; e che tutte le donne, indipendentemente dal fatto che mostrino o no segni di demenza, sperimentano una riduzione maggiore di regioni del cervello nel corso del tempo, rispetto agli uomini.
L'entità dell'effetto sesso equivale a quello dell'allele APOE ε4. "Assumendo che campioni più grandi della popolazione possano riflettere tassi più alti di declino per le donne rispetto agli uomini, la domanda diventa: che cosa è così diverso nelle donne?", si chiede Holland. Le differenze o i cambiamenti ormonali sembrano un ovvio punto di partenza, ma Holland ha detto che questo è in gran parte un territorio sconosciuto - almeno per quanto riguarda l'AD.
"Un altro importante risultato di questo studio è che gli uomini e le donne non mostrano differenze nel livello dei biomarcatori della patologia di Alzheimer", scrive la co-autorice Linda McEvoy, PhD, professore associato del Dipartimento di Radiologia alla UCSD. "Questo suggerisce che la perdita di volume cerebrale nelle donne può anche essere causato da fattori diversi dall'Alzheimer, o che nelle donne queste patologie sono più tossiche. Abbiamo chiaramente bisogno di più ricerca sul modo in cui il sesso di un individuo impatta la patogenesi".
Holland riconosce che lo studio probabilmente solleva più domande che risposte. "Ci sono molti fattori che possono influenzare le differenze di sesso che abbiamo osservato, come il fatto che le donne in questo studio possano aver avuto un tasso più alto di diabete o di insulino-resistenza rispetto agli uomini. Non sappiamo nemmeno quanto può aver influito su queste differenze l'uso della terapia ormonale sostitutiva, la storia riproduttiva o gli anni dalla menopausa. Tutti questi aspetti devono essere esaminati. Non c'è alcuna teoria prevalente".
Ma egli dice che, così come lo stato dell'APOE ε4 identifica i soggetti con maggior rischio di AD, il sesso di una persona potrebbe rivelarsi un determinante importante nel trattamento futuro. Attualmente, non esiste una cura per l'AD nè eventuali terapie che rallentano o fermano la progressione della malattia.
"L'impatto più grande si potrebbe avere lungo il percorso, quando saranno disponibili terapie che modificano la malattia", dice Holland. "Quello che funziona bene per gli uomini potrebbe non funzionare per le donne. Lo stesso può essere vero per i portatori di ε4 rispetto ai non-portatori". E aggiunge che i risultati hanno un effetto sul progetto di test clinici. La formazione del campione, in funzione del sesso, influenza il tasso di declino sia nella progressione naturale (la componente placebo) che, probabilmente, nel grado di modificazione della malattia nei soggetti sottoposti a terapia. Quindi sarebbe opportuna una sub-analisi basata sul sesso.
"Inoltre nella pratica clinica può essere importante prevedere un tasso più alto di declino per i pazienti donne, quando si cerca di prevedere quando si raggiungeranno le fasi di declino che alterano in modo significativo la qualità di vita".
Fonte: University of California, San Diego
Riferimento: D. Holland, R.S. Desikan, A.M. Dale and L.K. McEvoy. Higher Rates of Decline for Women and Apolipoprotein E ε4 Carriers. American Journal of Neuroradiology, 4 July 2013, doi: 10.3174/ajnr.A3601
Pubblicato in ScienceBlog (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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