In esperimenti sui ratti equipaggiati con minuscoli occhiali, gli scienziati dicono di aver appreso che il centro iniziale di elaborazione della visione del cervello non solo collega stimoli visivi, ma è anche in grado di "imparare" gli intervalli di tempo e di creare aspettative specifiche sul tempo delle ricompense future.
La ricerca, di un team della School of Medicine alla Johns Hopkins University e del Massachusetts Institute of Technology (MIT), getta nuova luce sull'apprendimento e la creazione della memoria, dicono i ricercatori, e potrebbe contribuire a spiegare perché le persone con Alzheimer hanno difficoltà a ricordare gli eventi recenti.
Un topo con occhiali speciali per ricevere segnali ottici su uno solo degli occhi (Credit: Marshall Hussain Shuler) |
I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Neuron, suggeriscono che le connessioni all'interno di reti di cellule nervose nel centro di elaborazione della visione possono essere rafforzate dal prodotto neurochimico acetilcolina (ACh), che si pensa sia prodotta dal cervello dopo aver ricevuto una ricompensa.
Solo le reti di cellule nervose appena stimolate da un lampo di luce erogata attraverso gli occhiali sono interessati dall'ACh, che a sua volta permette a queste reti nervose di associare il segnale visivo con la ricompensa. I ricercatori dicono che, poichè le strutture cerebrali sono molto ben conservate nei mammiferi, i risultati probabilmente si replicano negli esseri umani.
"Abbiamo scoperto che le cellule nervose in questa parte del cervello (la corteccia visiva primaria), sembrano essere in grado di sviluppare memorie molecolari, aiutandoci a comprendere come gli animali imparano a prevedere i risultati gratificanti", dice Marshall Hussain Shuler, Ph.D. , assistente professore di neuroscienze all'Istituto di Scienze Biomediche di Base della School of Medicine alla Johns Hopkins University.
Per massimizzare la sopravvivenza, il cervello di un animale deve ricordare quali stimoli precedono un evento positivo o negativo, permettendo all'animale di modificare il suo comportamento per aumentare le ricompense e diminuire le penalizzazioni. Nello studio Hopkins-MIT, i ricercatori hanno cercato di chiarire come il cervello collega le informazioni visive alle informazioni più complesse sul tempo e la ricompensa.
La teoria sottostante, dice Hussain Shuler, presume che questo collegamento sia eseguito in aree dedicate alla elaborazione di "alto livello", come la corteccia frontale, di cui è nota l'importanza per l'apprendimento e la memoria. Si credeva che la corteccia visiva primaria ricevesse semplicemente informazioni dagli occhi e "ri-assemblava" il mondo visivo prima di presentarla alle aree decisionali del cervello.
Per monitorare il processo di connessione visione-ricompensa, il team ha dotato i topi di occhiali speciali che consentono ai ricercatori di far lampeggiare una luce davanti all'occhio sia sinistro che destro. Dei ratti assetati, con occhiali, hanno avuto accesso ad un getto d'acqua all'interno di una camera di prova. Quando si avvicinavano al beccuccio dell'acqua, veniva inviato un segnale visivo breve a un occhio.
Se la luce era all'occhio sinistro, l'erogatore dell'acqua poteva essere toccato poche volte prima che l'acqua scendesse; se la luce era inviata all'occhio destro, il ratto doveva toccare il beccuccio molte volte prima di ricevere l'acqua. Dopo poche sedute giornaliere di un tale "condizionamento" (tipo i famosi esperimenti cane di Pavlov-campanello-ricompensa), i ratti hanno imparato per quanto dovevano toccare prima di ottenere una ricompensa di acqua. Se non ricevevano il premio entro il tempo previsto, smettevano e lasciavano il beccuccio.
Monitorando il modello di segnali elettrici emessi da singole cellule nervose nel cervello dei ratti, i ricercatori hanno scoperto che i "picchi" dei segnali non riflettevano solo il segnale visivo. Al contrario, i segnali sembravano connettere il momento della consegna del premio previsto attraverso schemi di punte alterati. Hanno anche visto che molte cellule nervose sembravano segnalare un intervallo segnale visivo-ricompensa o l'altro, non entrambi.
Nelle cellule stimolate da un flash all'occhio sinistro, il segnale elettrico ritornava al suo basale dopo un breve ritardo, in sincronia con il tempo della ricompensa di acqua; un segnale all'occhio destro si correlava a un ritardo più lungo, anch'esso in sincronia con il premio. Secondo i ricercatori, la quantità di tempo che passa prima che le cellule nervose tornino allo stato di riposo, è il modo con cui il cervello crea una "aspettativa a tempo".
Sapendo che il prosencefalo basale è implicato nell'apprendimento, i ricercatori volevano sapere se le loro osservazioni avrebbero potuto essere spiegate dalla consegna di ACh, da parte dei nervi del prosencefalo basale, al centro di elaborazione della visione. Per rimuovere quelle cellule nervose dall'equazione, hanno abbinato una neurotossina ad un "dispositivo di homing" che mira solo ai neuroni che rilasciano ACh provenienti dal proencefalo basale. Hanno poi ripetuto gli esperimenti nei ratti addestrati che hanno ricevuto la neurotossina e anche negli altri, e hanno scoperto che i segnali delle cellule nervose hanno continuato a collegare i vecchi intervalli di tempo, suggerendo che l'ACh e il prosencefalo basale non sono necessari per esprimere informazioni di tempo precedentemente apprese.
I ricercatori hanno poi usato quegli stessi topi per vedere se l'ACh è necessaria alle cellule nervose per imparare nuovi ritardi. Per farlo, hanno alternato i segnali visivi in modo che un lampo nell'occhio sinistro significasse ritardo lungo e uno nell'occhio destro significasse un ritardo breve. Le cellule nervose dell'elaborazione visiva nei topi in cui la consegna dell'ACh è rimasta intatta, hanno adattato i loro segnali alle nuove associazioni, ma quelle dei topi che non hanno più ricevuto ACh hanno continuato a connettere le vecchie associazioni, suggerendo che l'ACh è necessaria per stabilire nuove associazioni, ma non per esprimere quelle vecchie.
Hussain Shuler spiega: "Quando si riceve una ricompensa, l'ACh è inviata in tutto il cervello e rafforza solo le connessioni delle cellule nervose che sono state recentemente attive. Il processo di condizionamento continua a rafforzare queste connessioni nervose, dando luogo all'aspettativa di una ricompensa a tempo nel cervello".
Secondo Hussain Shuler, degli studi hanno dimostrato che i malati di Alzheimer hanno bassi livelli di ACh e hanno difficoltà a formare nuovi ricordi. Anche se i farmaci possono alzare l'ACh, l'alleviamento dei sintomi è limitato. "La nostra ricerca spiega questa limitazione", dice. "Crediamo che, in termini terapeutici, il problema non è solo nei bassi livelli di ACh; la chiave è nei tempi di consegna dell'ACh".
Altri autori del rapporto sono Emma Roach della Johns Hopkins University School of Medicine e Alexander Chubykin e Mark Bear del Massachusetts Institute of Technology. Questo lavoro è stato sostenuto dal National Institute of Mental Health, dal National Institute on Drug Abuse, dal National Eye Institute, dal National Institute of Child Health and Human Development e dalla Johns Hopkins University.
***********************
Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce? Puoi usare il modulo dei commenti qui sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica.
***********************
Fonte: Materiale della Johns Hopkins Medicine.
Pubblicato in ScienceDaily il 23 Gennaio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra: |