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I danni all'ippocampo dopo un 'Binge Drinking'

Binge drinkingIl bere cronico è conosciuto per i suoi effetti negativi sulla salute, come problemi cardiaci e al fegato, disturbi cognitivi e danni cerebrali.

Il "Binge drinking", in particolare, è noto per l'aumento del rischio di demenza e/o di danni cerebrali, ma poco si sa circa una soglia precisa degli effetti dannosi dell'alcol.


Uno studio su roditori, per esaminare vari marcatori di neurodegenerazione, ha scoperto che si può verificare un danno cerebrale con appena 24 ore di esposizione all'alcol di tipo binge. I risultati saranno pubblicati nel numero di marzo 2013 di Alcoholism: Clinical & Experimental Research e sono attualmente disponibili come anteprima.


"Sappiamo che l'entità del danno che segue l'esposizione all'alcol dipende in larga misura dal modo in cui si consuma", dice Kimberly Nixon, professore associato di scienze farmaceutiche all'Università del Kentucky e autore corrispondente dello studio. "Gli studi sugli umani suggeriscono che lo schema del binge drinking è strettamente associato a danni cerebrali. Uno studio, per esempio, ha riferito che ber ein questo modo almeno una volta al mese in età adulta aumenta significativamente il rischio di sviluppare demenza nel corso della vita. Modelli animali contribuiscono a fornire informazioni critiche che il binge drinking provoca danni diretti, producendo alti livelli di alcol nel sangue".


"La soglia precisa degli effetti dannosi dell'alcol sul cervello non è chiara"
, commenta Fulton T. Crews, professore emerito "John Andrews" e direttore del Center for Alcohol Studies della University of North Carolina. "E' probabile che più è alto il livello di alcol nel sangue maggiore sia il danno, e comunque questo manoscritto studia solo il binge drinking, usando la vimentina e il flurojade B come marcatori della neurotossicità". "Le persone sentono da più fonti che il consumo da basso a moderato di alcol può essere utile, e poi arriviamo noi a dire che l'uso di alcol porta a risultati pessimi", ha detto Nixon. "La gente quindi desidera sapere qual è la linea tra benefico e danno. Purtroppo, non si conosce esattamente. Tuttavia, il nostro studio suggerisce che potrebbe essere ancora più bassa di quanto si pensa".


Nixon e i suoi colleghi hanno somministrato ad adulti maschi Sprague-Dawley un liquido dietologico nutrizionalmente completo, che conteneva anche alcol (25% w/v) oppure destrosio isocalorico, ogni otto ore per uno o due giorni. I roditori sono stati sacrificati immediatamente dopo, due o sette giorni dopo l'esposizione all'alcol e sono stati esaminati i loro tessuti cerebrali. "E' davvero uno studio semplice che approfitta di alcuni nuovi 'strumenti' per cercare i segni di danni al cervello", spiega la Nixon. "In altre parole, non abbiamo cercato le cellule morenti stesse, ma abbiamo esaminato divresi indici indiretti del danno, cercando ciò che accade alle astroglia, uno dei tipi di cellule di 'sostegno' dei neuroni. Le astroglia reagiscono ai danni cerebrali esprimendo diverse proteine che normalmente non si esprimono in condizioni sane e felici; una di queste è la proteina filamentosa intermedia chiamata vimentina. Abbiamo visto un notevole numero di cellule che esprimono questo marcatore. E' una di quelle scoperte di espressioni evidenti a occhio nudo in molti cervelli, dopo solo 24 ore di alti livelli di alcol nel sangue".


La Nixon ha aggiunto che, poichè i roditori metabolizzano l'alcol molto più velocemente degli umani, è importante considerare l'effettiva concentrazione di alcol nel sangue, al fine di tradurre questo effetto negli umani. "Questi topi avevano livelli di alcol nel sangue che erano più di quattro volte il limite legale di guida, che per gli esseri umani richiederebbe un bere eccessivo corrispondente a una confezione di 12 birre, alcune bottiglie di vino, o la metà di un quinto [di gallone] di whisky [circa 3,7 litri]. Purtroppo le auto dichiarazioni sul bere e i dati sul livello di alcol nel sangue delle strutture di pronto soccorso confermano che questo livello di consumo è comune nei pazienti con disturbi da uso di alcol".


"I danni cerebrali dei roditori possono delineare i danni negli umani", osserva Crews. "La vimentina sembra essere un buon marcatore dell'attivazione gliale che mostra che un giorno di binge drinking può causare qualche danno al cervello che persiste e cresce dopo una settimana di astinenza. Tuttavia i danni al cervello sia dei roditori che degli umani richiedono generalmente che sia il consumo di alcol a lungo termine a modellare l'alcolismo e non le risposte acute studiate in questo studio". La Nixon concorda, dicendo che "la mancanza di deterioramento neuronale palese suggerisce che un binge singolo, di breve termine e di alto livello, probabilmente non si traduce in cambiamenti funzionali e/o deficit cognitivi". "Tuttavia, poiché gli alcolisti sperimentano multipli binge per tutta la vita, è importante considerare che ogni binge successivo, a partire dal primo, offre un certo livello di danni al cervello. Quindi, teoricamente, binge multipli inducono un effetto dannoso cumulativo dove si osservano pronunciati effetti cognitivi, comportamentali e strutturali".


La Nixon dice che questo studio dimostra che nuove scoperte sono sempre possibili. "Si deve sapere dove e quando cercare alcuni di questi effetti", dice. "Il motivo per cui questa scoperta non è stata fatta in precedenza è solo perchè i gruppi [di ricerca], noi compresi, non si prendono il tempo di indagare a fondo sulla soglia inferiore della dose, in specifici momenti. Ridurre la soglia non è un punto sexy ed è in realtà abbastanza rischioso, in quanto era possibile che avremmo avuto tutti effetti negativi; tuttavia, il messaggio che arriva dai nostri dati è che anche una sola esperienza di binge-alcol di breve durata (simile purtroppo a quello che i giovani adulti sperimentano durante le vacanze di primavera o le feste di fine settimana) può iniziare una cascata che porta a danni cerebrali".

 

 

 

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Fonte: Materiale di Alcoholism: Clinical & Experimental Research, via EurekAlert!, a service of AAAS.

Pubblicato in ScienceDaily il 22 Gennaio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.

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