Ricercatori medici dell'Università di Alberta hanno scoperto che un farmaco destinato al diabete sembra ripristinare la memoria nelle cellule del cervello con Alzheimer.
Jack Jhamandas (foto), ricercatore della Divisione di Neurologia nella Facoltà di Medicina e Odontoiatria dell'Università di Alberta, è il responsabile della ricerca i cui risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista peer-reviewed Journal of Neuroscience.
Il team ha preso tessuto cerebrale da modelli animali con Alzheimer e l'ha testato in laboratorio, esaminando in particolare la capacità di memoria delle cellule. Quando le cellule cerebrali sono colpite da una raffica di impulsi elettrici, le cellule "ricordano" l'esperienza e questo è un modo tipico per verificare o misurare la memoria in ambiente di laboratorio. Tale memoria è diminuita dalla proteina amiloide, che si trova in quantità abnormi nelle aree della memoria e della cognizione del cervello dei malati di Alzheimer. Una proteina sorella, nota come amilina, che viene dal pancreas dei pazienti diabetici, ha lo stesso impatto sulla memoria delle cellule.
Jhamandas e il suo team hanno dimostrato l'anno scorso che un farmaco per il diabete che non è mai arrivato sul mercato, chiamato AC253, potrebbe bloccare gli effetti tossici della proteina amiloide, che portano alla morte delle cellule cerebrali.
Nel laboratorio, Jhamandas e i suoi colleghi del gruppo, che comprendevano Ryoichi Kimura, scienziato in visita dal Giappone, hanno testato la memoria delle cellule cerebrali normali e di quelle con Alzheimer - entrambe nei modelli animali. Quando il farmaco AC253 è stato dato a cellule del cervello con Alzheimer e sono stati rifatti i test di shock di memoria, la memoria stessa è stata ripristinata in livelli simili a quelli delle cellule normali. "Questo è molto importante perché ci dice che i farmaci di questo tipo potrebbero essere in grado di ripristinare la memoria, anche dopo che l'Alzheimer è insorto", dice Jhamandas.
Il suo gruppo sta continuando la ricerca in questo settore e vuole vedere se il farmaco, quando è somministrato prima della comparsa dei sintomi, è in grado di "fermare del tutto il deterioramento del comportamento e della cognizione in animali destinati a sviluppare l'Alzheimer", dice Jhamandas. I test continui della ricerca richiedono almeno un anno per essere completati.
Egli ha osservato che l'AC253 ha difficoltà ad attraversare la barriera emato-encefalica, e quindi gruppi di ricerca delle aziende farmaceutiche dovrebbero progettare un farmaco simile che penetra più facilmente nelle cellule cerebrali. Jhamandas dice che se i test avranno successo, secondo lui gli studi clinici potrebbero iniziare entro più o meno cinque anni, ma ha sottolineato che servono ulteriori test prima che possano essere iniziati tali esperimenti. "Penso che quello che quello che abbiamo scoperto può essere parte della soluzione, ma non posso dire che sia "la" soluzione. C'è una lunga lista di farmaci e approcci che non hanno dato i risultati previsti nella lotta contro l'Alzheimer. Non credo che un farmaco o un approccio da solo possa risolvere l'Alzheimer, perché è una malattia complessa, ma sono cautamente ottimista circa la nostra scoperta e le sue implicazioni".
I Canadian Institutes of Health Research hanno finanziato il lavoro di Jhamandas e del suo gruppo.
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Fonte: Materiale della University of Alberta Faculty of Medicine & Dentistry.
Riferimento: Ryoichi Kimura, David Mactavish, Jing Yang, David Westaway and Jack H. Jhamandas. Beta Amyloid-Induced Depression of Hippocampal Long-Term Potentiation Is Mediated through the Amylin Receptor. Journal of Neuroscience, 2012 DOI: 10.1523/%u200BJNEUROSCI.3028-12.2012.
Pubblicato in ScienceDaily il 11 Dicembre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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