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Come cambia l'espressione genica nel cervello con Alzheimer

Un gruppo internazionale di ricercatori guidato dall'Università Autonoma di Barcellona ha analizzato i geni espressi nei neuroni e negli astrociti con i dati di 800 individui e hanno confrontato ciò che accade nei pazienti di Alzheimer e nelle persone senza la demenza diagnosticata. Lo studio, pubblicato in Neurobiology of Disease, sottolinea la necessità di analizzare i marcatori molecolari, come le sequenze genetiche o le proteine cerebrali, per ottenere analisi più accurate, diagnosi e terapie. I risultati mostrano anche i cambiamenti degli astrociti che tentano di adattarsi all'ambiente tossico provocato dalla malattia, peggiorandone la progressione.

Heatmap gene expressionGrafica dei dati genomici analizzati: in orizzontale i geni raggruppati in gruppi e in verticale i pazienti. Ogni minuscola cella è uno dei geni studiati: in rosso se l'espressione è aumentata e in blu se è diminuita.

Sebbene il morbo di Alzheimer (MA) sia una delle patologie più studiate per la sua alta prevalenza, sono ancora sconosciuti i cambiamenti molecolari che inducono gli astrociti (un tipo di cellule del cervello) a diventare reattivi, manifestando un cambiamento morfologico molto pronunciato in risposta a una situazione stressante. Né sappiamo perché i neuroni nel cervello malato hanno difficoltà a comunicare tra loro o con gli astrociti stessi.


Ora, in un nuovo studio, un gruppo internazionale di ricercatori con competenza di queste cellule e di malattie neurodegenerative ha analizzato i dati genetici di campioni cerebrali post-mortem di quasi 800 individui, per determinare le differenze tra l'espressione genica negli astrociti e i neuroni del cervello con la malattia e nelle cellule di cervello di persone senza una diagnosi di demenza (il gruppo di controllo).


I campioni provenivano dal portale Alzheimer Disease Knowledge e sono stati generati da tre cliniche americane: Mount Sinai Hospital, la Mayo Clinic e il Religious Order Study/Memory and Aging Project. I ricercatori hanno studiato un gruppo di molecole di RNA (trascrittoma cellulare) che viene usato per determinare quali geni sono espressi e in che misura.


"Studiando il trascrittoma, possiamo vedere se ci sono geni silenziati o sovra-espressi, e possiamo capire cosa sta succedendo all'interno di neuroni e astrociti", spiega Elena Galea, ricercatrice dell'Istitut de Neurociències (INc-UAB) e prima autrice dello studio.


I risultati hanno mostrato un'elevata eterogeneità genetica tra le persone con la stessa diagnosi clinica e, inoltre, che più della metà degli individui di controllo ha un profilo molecolare del MA caratterizzato da un calo dell'espressione dei geni sinaptici, a causa del danno e della morte neuronale.


"Questo potrebbe indicare che queste persone erano in una fase molto precoce della malattia (ancora senza sintomi) e rafforzerebbero l'idea che si dovrebbe effettuare una diagnosi clinica cercando marcatori molecolari, come le proteine ​​delle sinapsi neuronali, per determinare la fase in cui è il paziente", spiega Lydia Giménez-Llort, ricercatrice dell'UAB e dell'INc-UAB.


"In questo senso, stiamo lavorando insieme alla Fondazione Pasqual Maragall per rilevare le proteine ​​degli astrociti nel sangue dei pazienti con MA preclinico"
, aggiunge la dott.ssa Galea.


Lo studio mostra anche che, con il progredire della malattia, gli astrociti diminuiscono l'espressione dei geni che codificano le proteine ​​mitocondriali, impedendo ai mitocondri di queste cellule (organelli che generano l'energia cellulare) di funzionare bene. Questo effetto potrebbe essere un adattamento degli astrociti per compensare la tossicità della proteina amiloide, e che compromette la comunicazione tra astrociti e neuroni.


"Riteniamo che questo adattamento da parte degli astrociti contribuisca al peggioramento della malattia e potrebbe quindi essere un punto chiave nel prevenire la sua progressione", spiega la dott.ssa Galea.


Lo studio è l'analisi transcrittomica più completa degli astrociti umani nel MA eseguita fino ad oggi, ed è di grande rilevanza per il numero di campioni analizzati. I risultati evidenziano la necessità di usare i dati molecolari per stratificare i pazienti in gruppi geneticamente più omogenei per gli studi clinici e ottenere una diagnosi e un trattamento più accurati della malattia. Aprono anche la porta allo sviluppo di terapie mirate alla protezione della funzione degli astrociti nei mitocondri.

 

 

 


Fonte: Universitat Autonoma de Barcelona (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Elena Galea, LD Weinstock, R Larramona-Arcas, AF Pybus, Lydia Giménez-Llort, C Escartin, LB Wood. Multi-transcriptomic analysis points to early organelle dysfunction in human astrocytes in Alzheimer's disease. Neurobiology of Disease, 2022, DOI

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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