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Oggi negli ambienti scientifici è presente una controversia sul valore della terapia al litio nel trattamento del morbo di Alzheimer (MA). Molta di questa incertezza deriva dal fatto che i risultati degli studi sono difficili da confrontare, perché le informazioni raccolte finora derivano da una moltitudine di approcci, condizioni, formulazioni, tempi e dosaggi di trattamento. Inoltre, i trattamenti in atto con alto dosaggio di litio provocano un certo numero di gravi effetti avversi, rendendo questo approccio impraticabile per i trattamenti a lungo termine soprattutto negli anziani.


In un nuovo studio, tuttavia, un team di ricercatori della McGill University, guidato dal dott. Claudio Cuello del Dipartimento di Farmacologia e Terapeutica, ha dimostrato che, quando è somministrato in una formulazione che facilita il passaggio al cervello, e con dosi fino a 400 volte inferiori a quelle prescritte attualmente per i disturbi dell'umore, il litio è in grado sia di bloccare i segni della patologia avanzata del MA (come le placche amiloidi), sia di recuperare le capacità cognitive perse. I risultati sono pubblicati nella più recente edizione del Journal of Alzheimer's Disease.

 

Evoluzione del lavoro precedente

Il dott. Cuello, autore senior dello studio, con Edward Wilson, dottorando in psciologia, ha inizialmente studiato la formulazione convenzionale del litio e l'ha applicata a dei ratti, ad un dosaggio simile a quello usato nella pratica clinica per i disturbi dell'umore. I risultati degli studi sperimentali iniziali con formulazioni e dosaggi di litio convenzionali sono stati però deludenti, poiché i ratti esibivano quasi subito una serie di effetti negativi. Il percorso di ricerca si è interrotto, ma si è poi ripreso quando è stata identificata una formulazione di litio incapsulato che era stata segnalata per alcuni effetti benefici in un topo modello di morbo di Huntington.


La nuova formulazione del litio è stata poi applicata ad un modello transgenico di ratto che esprime proteine umane mutate che causano MA, un modello animale che avevano creato e caratterizzato. Questo topo sviluppa caratteristiche del MA umano, come un progressivo accumulo di placche amiloidi nel cervello e deficit cognitivi coesistenti.


“Microdosi di litio a concentrazioni centinaia di volte inferiori a quelle applicate in clinica per i disturbi dell'umore sono state somministrate nelle fasi iniziali della patologia amiloide nei ratti transgenici modelli di MA. Questi risultati sono stati decisamente positivi e sono stati pubblicati nel 2017 in Translational Psychiatry e ci hanno stimolato a continuare a lavorare con questo approccio su una patologia più avanzata“, osserva il dott. Cuello.


Incoraggiati dai risultati precedenti, i ricercatori hanno deciso di applicare la stessa formulazione di litio alle fasi più avanzate della malattia del topo transgenico che modella gli aspetti neuropatologici del MA. Questo studio ha trovato che i risultati positivi nel ​​diminuire la patologia e migliorare la cognizione possono essere ottenuti anche nelle fasi più avanzate, che equivalgono alle fasi tardive precliniche della malattia, quando le placche amiloidi sono già presenti nel cervello e inizia il declino della cognizione.


“Da un punto di vista pratico i risultati mostrano che microdosi di litio in formulazioni come quella che abbiamo usato, che facilitano il passaggio al cervello attraverso la barriera ematoencefalica, riducendo al minimo i livelli di litio nel sangue ed evitando gli effetti avversi, dovrebbe trovare applicazioni terapeutiche immediate“, dice il dott. Cuello. “Anche se è improbabile che un qualsiasi farmaco possa invertire i danni irreversibili al cervello presenti nelle fasi cliniche del MA, è molto probabile che un trattamento con microdosi di litio incapsulato abbiano effetti benefici tangibili nelle prime fasi, quelle precliniche, della malattia”.

 

Come procedere

Il dott. Cuello vede due strade per sviluppare ulteriormente questi risultati più recenti. La prima consiste nell'esaminare terapie combinate che usano questa formulazione di litio, di concerto con altri farmaci candidati interessanti. A tal fine egli sta perseguendo opportunità di lavoro con la dott.ssa Sonia Do Carmo, ricercatrice del suo laboratorio.


Egli ritiene inoltre che ci sia una occasione eccellente per lanciare studi clinici iniziali di questa formulazione con popolazioni con patologia rilevabile di MA preclinica o con popolazioni predisposte geneticamente al MA, come gli individui adulti con sindrome di Down.


Mentre molte aziende farmaceutiche si sono allontanate da questi tipi di esperimenti, il dott. Cuello spera di trovare partner industriali o finanziari per realizzare questo progetto e, in ultima analisi, fornire un barlume di speranza per un trattamento efficace a coloro che soffrono di Alzheimer.

 

 

 


Fonte: McGill University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Edward Wilson, Sonia Do Carmo, Lindsay Welikovitch, Hélène Hall, Lisi Flores Aguilar, Morgan Foret, Florencia Iulita, Dan Tong Jia, Adam Marks, Simon Allard, Joshua Emmerson, Adriana Ducatenzeiler, Claudio Cuello. NP03, a Microdose Lithium Formulation, Blunts Early Amyloid Post-Plaque Neuropathology in McGill-R-Thy1-APP Alzheimer-Like Transgenic Rats. Journal of Alzheimer's Disease, 2020, DOI

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