Usando elettrodi impiantati nel cervello dei ratti per monitorare le cellule nervose che «sparano» mentre programmano dove muoversi, gli scienziati della Johns Hopkins dicono di aver capito che il cervello dei mammiferi probabilmente ricostruisce i ricordi in un modo che assomiglia ai salti tra pietre staccate, e non al cammino in un percorso lineare.
Una sintesi dei loro esperimenti, pubblicati il 10 luglio sulla rivista Science, fa luce su cosa sono i ricordi e come si formano, e dà indizi sui motivi dei possibili fallimenti del sistema.
"La mia esperienza introspettiva della memoria tende ad essere una serie di istantanee discrete legate insieme, a differenza di una registrazione video continua", afferma David Foster PhD, assistente professore di neuroscienze alla Facoltà di Medicina dell'Università John Hopkins. "I dati dei topi suggeriscono che i nostri ricordi sono in realtà organizzati in questo modo, con una rete di neuroni responsabile delle istantanee e un'altra responsabile della stringa che li collega".
Foster e il suo team hanno concentrato i loro esperimenti su un gruppo di cellule nervose nell'ippocampo del cervello che, sia negli animali che nelle persone, crea una «mappa» mentale di esperienze, o ricordi. Le cellule sono chiamate «cellule di posizione» perché ciascuna di esse sviluppa un posto preferito nell'ambiente e soprattutto «fa fuoco» solo quando l'animale è in quel luogo.
Negli esperimenti precedenti, il gruppo di Foster aveva capito che, quando un topo vuole andare dal punto A al punto D, egli mappa il percorso mentalmente prima di iniziare il viaggio. I ricercatori potevano 'vedere' questo mentre accadeva, impiantando molti piccoli fili nel cervello dei topi in modo da poter monitorare l'attività di più di 200 cellule di posizione alla volta. In questo modo, hanno scoperto che le cellule di posizione che rappresentano il punto A sparano per prime, seguite da quelle del punto B, poi C e D.
Il loro ultimo lavoro, dice Foster, è essenzialmente una «mappa» a risoluzione più elevata dello stesso processo, che ha rivelato dei vuoti tra i punti A, B, C e D; non perché non avessero colto abbastanza attività delle cellule di posizione, ma perché ci sono veri «buchi» tra «ricordi» discreti nel cervello dei ratti.
"Le traiettorie che i ratti ricostruivano non erano lisce", dice Foster. "Siamo riusciti a vedere che l'attività neurale 'si libra' sopra un unico luogo per circa 20 millisecondi prima di 'saltare' a un altro luogo, dove si libra di nuovo prima di passare al punto successivo".
Egli dice che quello che sembra accadere durante la fase di sorvolo è il rafforzamento o concentrazione su un ricordo singolo: "All'inizio si ottiene una rappresentazione 'sfocata' del punto A perché un gruppo di cellule di posizione tutte intorno al punto A spara, ma, col passare del tempo, l'attività diventa più focalizzata sul punto A". Poi l'attività salta a una versione 'sfocata' di B, che poi viene focalizzata.
"Pensiamo che ci sia una intera rete di cellule dedicate a questo processo di messa a fuoco e salto", dice Foster. "Senza di essa, il recupero della memoria sarebbe ancora più confuso di quello che è".
In futuro, il gruppo prevede di esaminare cosa succede quando scompaiono certi ricordi all'interno di un percorso, nella speranza di capire di più cosa sono i ricordi e come possiamo conservarli in coloro che soffrono di Alzheimer e altri disturbi cognitivi.
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Il co-autore è Brad Pfeiffer, che era associato di ricerca post-dottorato alla Facoltà di Medicina dell'Università John Hopkins. Il lavoro è stato sovvenzionato dal National Institute of Mental Health.
Fonte: Johns Hopkins Medicine via Newswise (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: B. E. Pfeiffer, D. J. Foster. Autoassociative dynamics in the generation of sequences of hippocampal place cells. Science, 2015; 349 (6244): 180 DOI: 10.1126/science.aaa9633
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