Finora la ricerca aveva collegato l'infiammazione al morbo di Alzheimer (MA), però scienziati del Massachusetts General Hospital (MGH) e dell'Harvard Aging Brain Study (HABS) hanno fatto una scoperta sorprendente su quella relazione. In un nuovo studio pubblicato su Alzheimer's & Dementia, riferiscono che i livelli elevati di due mediatori chimici di infiammazione, noti come citochine, sono associati al rallentamento del declino cognitivo nelle persone che invecchiano.
"Questi sono risultati totalmente inaspettati", afferma il coautore senior dello studio, Rudolph Tanzi PhD, vicepreside di neurologia e condirettore dell'Henry and Allison McCance Center for Brain Health del MGH. Queste scoperte potrebbero alla fine essere usate per aiutare a identificare persone sane a rischio della condizione neurologica devastante, prima che abbiano sintomi.
Nel 2008, Tanzi aveva guidato la squadra che ha scoperto il CD33, il primo gene del MA associato al sistema immunitario (la rete di difesa del corpo che combatte le infezioni). Da allora, la maggior parte dei geni di MA identificati sono stati collegati al sistema immunitario, e molti studi supportano la teoria che la disfunzione del sistema immunitario ha una parte nel MA. In particolare, la ricerca ha dimostrato che le persone con MA e altre forme di demenza hanno livelli elevati di determinate citochine.
Tuttavia, fino ad ora non era chiaro il ruolo del sistema immunitario nel primissimo stadio di MA, quando i cambiamenti nel cervello, caratteristici della malattia, progrediscono in silenzio negli anziani senza sintomi cognitivi. Nel nuovo studio, Tanzi e il suo team hanno collaborato con investigatori dell'HABS per scoprire se misurare le citochine del sangue (invece che nel fluido cerebrospinale, che richiede una procedura di prelievo lombare) potrebbe aiutare a prevedere quali persone sane avranno in seguito un declino cognitivo.
Di particolare interesse erano gli anziani con cognizione normale, ma che negli esami di scansione nel cervello avevano dimostrato di avere depositi di amiloide-beta, il componente principale delle placche amiloidi, che sono associate al MA. "Volevamo sapere perché alcune persone hanno amiloide nel cervello e non sembrano essere influenzate, mentre altre persone subiscono un declino cognitivo", afferma il coautore senior Jasmaer Chhatwal MD/PhD, neurologo del MGH e ricercatore dell'HABS.
La collaborazione tra il Centro McCance e l'HABS, condiretto da Reisa Sperling MD e Keith Johnson MD, "è stata una conclusione naturale", dice Chhatwal, poiché entrambi i gruppi cercano di capire i segreti dell'invecchiamento sano e identificare i biomarcatori di salute del cervello. Inoltre, l'HABS aveva dati ricchi da esaminare.
Il nuovo studio ha incluso 298 uomini e donne dall'HABS, con età tra i 50 e i 90 anni. Tutti avevano abilità cognitive normali quando si sono offerti volontari e si sono sottoposti a nuovi test ogni anno. Dopo l'adesione all'HABS, tutti i partecipanti hanno avuto un prelievo di sangue e una scansione con tomografia a emissioni di positrone (PET); tra le altre cose, queste scansioni hanno cercato prove di amiloide-beta e altri cambiamenti associati al MA, come i grovigli di tau.
Lo studio ha cercato 9 citochine nel sangue di ciascun partecipante, per vedere se qualcuna fosse stata associata al tasso di declino cognitivo e ai cambiamenti nel cervello. Lo studio ha rilevato che le persone il cui cervello aveva un onere significativo di amiloide-beta, ma che avevano anche alti livelli di una citochina pro-infiammatoria chiamata Interleuchina-12 (IL-12), hanno sperimentato poco declino cognitivo.
"Tuttavia, gli uomini e le donne con livelli elevati di amiloide hanno avuto più declino se avevano un valore inferiore di IL-12", afferma l'autore principale Hyun-Sik Yang MD, neurologo del Brigham and Women's Hospital e ricercatore dell'HABS. I livelli elevati di IL-12 sono stati anche associati a un minor numero di grovigli di tau. Nel frattempo, livelli elevati di un'altra citochina pro-infiammatoria, l'interferone-gamma (IFN-γ), erano associati a un calo cognitivo più lento, indipendentemente dal fatto che una persona avesse o meno depositi di amiloide.
Mentre può sembrare contro-intuitivo che le persone protette dal declino cognitivo abbiano livelli più alti di proteine infiammatorie nel sangue, quella può essere un'indicazione che il loro sistema immunitario era 'preparato' meglio per combattere l'infezione, afferma Tanzi. Ciò si adatterebbe a una teoria sviluppata dal compianto Robert Moir PhD, ex ricercatore dell'Università di Harvard e del MGH, che aveva ipotizzato che l'amiloide-beta si forma nel cervello come difesa dall'infezione, intrappolando agenti patogeni microbici in una ragnatela appiccicosa.
Sfortunatamente, lo scudo prima protettivo diventa distruttivo nel tempo, causando danni irreversibili ai neuroni e alle sinapsi. Tuttavia, alti livelli di IL-12 e IFN-γ "possono soffocare le infezioni nel nascere, prima che possano diffondersi nel cervello e indurre la patologia del MA", afferma Tanzi.
Questi risultati suggeriscono che IL-12 e IFN-γ potrebbero essere misurate un giorno insieme ad altri biomarcatori, per prevedere la salute futura del cervello nelle persone cognitivamente normali, uno strumento che non esiste ancora in medicina. "Non abbiamo modo di controllare dal collo in su", afferma Tanzi.
Il prossimo passo verso quell'obiettivo sarà studiare come IL-12 e IFN-γ possono scongiurare il declino cognitivo e promuovere l'invecchiamento del cervello sano. Tanzi dirige il laboratorio omonimo al MGH ed è anche professore di neurologia all'Università di Harvard, dove Chhatwal e Yang sono assistenti professori di neurologia.
Fonte: Massachusetts General Hospital (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Hyun-Sik Yang, Can Zhang, Becky Carlyle, Sherri Zhen, Bianca Trombetta, Aaron Schultz, Jeremy Pruzin, Colleen Fitzpatrick, Wai-Ying Yau, Dylan Kirn, Dorene Rentz, Steven Arnold, Keith Johnson, Reisa Sperling, Jasmeer Chhatwal, Rudolph Tanzi. Plasma IL-12/IFN-γ axis predicts cognitive trajectories in cognitively unimpaired older adults. Alzheimer’s & Dementia, 23 June 2021, DOI
Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.