Uno studio condotto da ricercatori belgi, pubblicato su JCI Insight, dimostra, per la prima volta negli umani, che i primi depositi di proteine TAU nel tronco cerebrale sono associati a processi neurofisiologici specifici delle prime fasi del morbo di Alzheimer (MA).
Durante le fasi pre-cliniche del MA, cioè quando avvengono modifiche sottili nel cervello, ma non sono evidenti sintomi cognitivi, la corteccia presenta uno stato di iper-eccitabilità transitoria. Finora diversi studi condotti negli animali avevano dimostrato che le proteine tau e amiloide-beta (centrali allo sviluppo del MA) erano associate ad una maggiore eccitabilità corticale e alla disfunzione delle reti cerebrali.
Tuttavia, la relazione tra l'accumulo di queste proteine e l'iper-eccitabilità corticale durante le prime fasi della malattia è rimasta poco compresa nell'uomo, in particolare a causa dei limiti tecnologici a quantificare con precisione la deposizione iniziale delle proteine.
Uno studio condotto da ricercatori del Centro Ricerca Cyclotron (CRC in Vivo Imaging) della Università di Liègi ha esaminato nel cervello di individui sani da 50 a 70 anni il possibile collegamento dei primi depositi di proteine tau e amiloide-beta con un livello più alto di eccitabilità corticale.
Gilles Vandewalle, associato di ricerca del FNRS e capo del laboratorio, spiega:
"Per farlo, abbiamo combinato diverse metodologie di neuroscansione (risonanza magnetica, tomografia a emissione di positroni) per caratterizzare la quantità di proteine tau e amiloide-beta nelle prime regioni di agglomerazione, che sono, rispettivamente, il tronco cerebrale e una serie di aree corticali superiori".
Inoltre, i ricercatori hanno misurato anche l'eccitabilità della corteccia dei partecipanti in modo non invasivo, con tecniche di stimolazione magnetica transcranica combinate con registrazioni elettroencefalografiche.
I risultati di questo studio mostrano che una maggiore quantità di proteina tau nel tronco cerebrale (il suo sito primario di agglomerazione) è associato specificamente a un livello superiore di eccitabilità corticale, mentre i ricercatori non hanno osservato una relazione significativa per la quantità di amiloide-beta nelle aree corticali superiori.
Maxime Van Egroo, collaboratore scientifico del CRC in vivo Imaging e primo autore dello studio, afferma:
"Questi risultati costituiscono una prima osservazione in vivo negli esseri umani del legame iniziale tra le proteine del MA e il loro impatto sulla funzione del cervello".
"Inoltre, suggeriscono che misurare l'iper-eccitabilità della corteccia potrebbe essere un modo utile per fornire informazioni sui progressi di alcuni processi cerebrali patologici legati al MA, e contribuire così a identificare precocemente le persone a rischio di sviluppare la malattia, ben prima che appaiono i primi sintomi cognitivi".
Fonte: University of Liege (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Maxime Van Egroo, Daphne Chylinski, Justinas Narbutas, Gabriel Besson, Vincenzo Muto, Christina Schmidt, Davide Marzoli, Paolo Cardone, Nora Vandeleene, Martin Grignard, André Luxen, Eric Salmon, Christian Lambert, Christine Bastin, Fabienne Collette, Christophe Phillips, Pierre Maquet, Mohamed Ali Bahri, Evelyne Balteau, Gilles Vandewalle. Early brainstem [18F]THK5351 uptake is linked to cortical hyperexcitability in healthy aging. JCI Insight, 8 Dec 2020, DOI
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