Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Questi farmaci comportano rischi e non aiutano, ma molti pazienti con demenza li prendono

Quasi tre quarti degli anziani con demenza hanno prescrizioni piene di farmaci che agiscono sul cervello e sul sistema nervoso, ma non sono progettati per la demenza, come dimostra un nuovo studio.


Questo nonostante i rischi particolari che tali farmaci portano agli anziani, e la mancanza di prove che essi allevino realmente i problemi di comportamento correlati alla demenza, che spesso generano la prescrizione del medico ai pazienti con morbo di Alzheimer (MA) e disturbi correlati. In realtà, alcuni dei farmaci sono stati collegati a un peggioramento dei sintomi cognitivi negli anziani.


Lo studio ha esaminato diverse classi di farmaci psicoattivi, compresi quelli che il governo federale ha chiesto attivamente alle case di cura a limitare nei residenti con demenza. Il nuovo studio suggerisce la necessità di ridurre la loro prescrizione anche alle persone che vivono a casa propria con demenza.


In tutto, il 73,5% della popolazione in comunità (a casa propria) dello studio ha almeno una prescrizione di un antidepressivo, un analgesico oppiaceo, un farmaco per epilessia, per ansia o un antipsicotico in un periodo di un anno, secondo i registri delle prescrizione di Medicare. Questa percentuale in genere era ancora più elevata per le donne, i pazienti bianchi non-ispanici, le persone tra rima dei 60 e l'inizio dei 70, e quelle con reddito basso.


Lo studio, pubblicato sulla rivista JAMA, è basato sui dati di 737.839 persone con demenza, ed è il primo studio su larga scala sui modelli di prescrizione dei farmaci psicoattivi al di fuori delle case di cura e di altre strutture di assistenza a lungo termine.


Quasi la metà di quelli analizzati ha ricevuto un antidepressivo, che potrebbe essere stato prescritto per cercare di contrastare il ritiro e l'apatia spesso presenti nella demenza, dice il primo autore Donovan Maust MD/MS, psichiatra geriatrico dell'Università del Michigan e del VA Ann Arbor Healthcare System. Purtroppo, dice, gli antidepressivi non trattano questo aspetto della demenza.


Anche così, lo studio dimostra che gli antidepressivo sono prescritti a un tasso quasi triplo di quello degli anziani in generale. Nel frattempo, per ciascuno degli altri tipi di farmaci studiati, quasi un quarto degli anziani con demenza riceve almeno una prescrizione.


"Come nazione abbiamo l'obiettivo di mantenere a casa propria i pazienti con demenza, il più possibile. Ma l'uso di questi farmaci sembra essere più elevato per loro rispetto a quelli in casa di cura", dice Maust, che è specializzato nell'aiutare i pazienti con problemi comportamentali correlati alla demenza nella Michigan Medicine, il centro medico accademico dell'Università del Michigan. "I medici e i caregiver possono avere bisogno di maggiore sostegno per fornire approcci non farmacologici per prevenire o affrontare i sintomi per i quali probabilmente sono prescritti questi farmaci".

 

I rischi noti

Nessuna delle classi di farmaci studiati ha ricevuto l'approvazione della US Food and Drug Administration per essere usato nella demenza, e Maust dice che le prove per il loro uso off-label (per una condizione diversa da quella prevista) sono labili.


Ma tutti i farmaci sono associati a rischi particolari per gli over-60, come cadute o dipendenza, che potrebbero portare al ritiro [dal farmaco]. La maggior parte sono inclusi nella lista conosciuta come 'criteri Beers', che identifica i farmaci con rischi aggiuntivi per tutti gli anziani, non solo quelli con demenza.


Anche se ci sono prove limitate che gli antidepressivi aiutano le persone con demenza, Maust nota che chi aveva la depressione prima di sviluppare la demenza potrebbe trarre beneficio da un farmaco che aveva funzionato in passato.


E oltre ad esserci poche prove di benefici, tutti questi farmaci hanno effetti collaterali. Ad esempio, alcune persone che iniziano con un nuovo antidepressivo possono sperimentare nausea o sentirsi un po' «nervose». Purtroppo, una persona con demenza potrebbe avere difficoltà ad articolare tali effetti collaterali a chi si prende cura di lei. Al contrario, può apparire più agitata, portando alla prescrizione di un altro farmaco per calmarla.


Poiché l'attuale studio non ha esaminato la politerapia (l'uso di più farmaci psicoattivi nello stesso paziente), Maust sta esplorando ulteriormente la questione nei dati Medicare.

 

Il lungo viaggio

Maust nota che, del 29% di persone che ha ricevuto oppioidi, il più delle volte hanno avuto solo una o due ricette a breve termine, che possono indicare il trattamento di una lesione o di un dolore acuto. Ma quelli che ricevono altri farmaci tendono ad vere prescrizioni multiple nel corso dell'anno che Maust e i suoi colleghi hanno studiato. Ciò includeva farmaci antiepilettici, che a volte sono prescritti come sostituti degli antipsicotici, o per trattare il dolore cronico.


Prendere questi farmaci per mesi e mesi è particolarmente rischioso, dice Maust. "Un cervello che ha la demenza sta facendo quanto può per funzione al meglio", spiega. "Aggiungere un farmaco psicotropo nel mix può non essere una cosa utile, e ha dei rischi".


Un punto positivo dei dati, dice Maust, è che solo un paziente su cinque con demenza tra quelli studiati aveva una prescrizione di un farmaco antipsicotico come Abilify, Seroquel o Risperdal. A causa della rischi sulla sicurezza associati agli antipsicotici, questi hanno ricevuto molta attenzione normativa, e le linee guida professionali per i medici, come ad esempio Choosing Wisely (Scegliere saggiamente), raccomandano cautela.


Dall'altra parte, questa classe di farmaci ha più prove rispetto agli altri che aiuta realmente alcuni pazienti con problemi comportamentali come l'aggressività. "Quindi è preoccupante che tutte le altre classi - che hanno meno prove di benefici - siano prescritti più ampiamente", dice Maust.

 

Serve più istruzione

Oltre ad aiutare i caregiver e i medici a comprendere sia la mancanza di prove che i rischi elevati che accompagnano i farmaci psicoattivi, e per imparare le strategie di caregiving non farmacologiche usabili per ridurre i problemi comportamentali nella persona assistita, Maust dice potrebbero avere bisogno solo di una migliore formazione sulla malattia stessa.


E aggiunge che i caregiver potrebbero essere aiutati anche dall'accesso ai servizi di supporto attraverso agenzie locali, statali e federali, come le ULSS/ASL (in Italia), e le organizzazioni non profit come le associazioni Alzheimer e similari.


"L'apatia e il ritiro, e la tendenza ad agitarsi, sono sintomi comuni della demenza", dice. "E per quanto i medici vogliano aiutare questi pazienti e i loro caregiver familiari, questi farmaci semplicemente non solo utili a sufficienza da giustificare questa quantità di prescrizioni".

 

 

 


Fonte: Kara Gavin in University of Michigan  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Donovan Maust, Julie Strominger, Julie Bynum, Kenneth Langa, Lauren Gerlach, Kara Zivin, Steven Marcus. Prevalence of Psychotropic and Opioid Prescription Fills Among Community-Dwelling Older Adults With Dementia in the US. JAMA, 18 Aug 2020, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

L'impatto del sonno su cognizione, memoria e demenza

2.03.2023 | Ricerche

Riduci i disturbi del sonno per aiutare a prevenire il deterioramento del pensiero.

"Ci...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022 | Ricerche

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

Nuova terapia che distrugge i grovigli di tau si dimostra promettente

30.09.2024 | Ricerche

Degli scienziati hanno sviluppato potenziali terapie che rimuovono selettivamente le proteine ​​t...

Nuovo farmaco previene le placche amiloidi, un segno specifico di Alzheimer

8.03.2021 | Ricerche

Le placche di amiloide sono caratteristiche patologiche del morbo di Alzheimer (MA): son...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Scoperto nuovo colpevole del declino cognitivo nell'Alzheimer

7.02.2019 | Ricerche

È noto da tempo che i pazienti con morbo di Alzheimer (MA) hanno anomalie nella vasta re...

Interleuchina3: la molecola di segnalazione che può prevenire l'Alzheimer…

20.07.2021 | Ricerche

Una nuova ricerca su esseri umani e topi ha identificato una particolare molecola di seg...

Preoccupazione, gelosia e malumore alzano rischio di Alzheimer per le donne

6.10.2014 | Ricerche

Le donne che sono ansiose, gelose o di cattivo umore e angustiate in me...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

Districare la tau: ricercatori trovano 'obiettivo maneggiabile' per …

30.01.2019 | Ricerche

L'accumulo di placche di amiloide beta (Aβ) e grovigli di una proteina chiamata tau nel ...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023 | Ricerche

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

Microglia: ‘cellule immunitarie’ che proteggono il cervello dalle malattie, ma…

28.05.2020 | Esperienze & Opinioni

Sappiamo che il sistema immunitario del corpo è importante per tenere tutto sotto controllo e per...

Svelata una teoria rivoluzionaria sull'origine dell'Alzheimer

28.12.2023 | Ricerche

Nonostante colpisca milioni di persone in tutto il mondo, il morbo di Alzheimer (MA) man...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

L'Alzheimer è composto da quattro sottotipi distinti

4.05.2021 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato dall'accumulo anomale e dalla diffusione del...

L'Alzheimer inizia all'interno delle cellule nervose?

25.08.2021 | Ricerche

Uno studio sperimentale eseguito alla Lund University in Svezia ha rivelato che la prote...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)