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Confutato il collegamento tra infezione da virus herpes e Alzheimer

herpes virus

Ricercatori del Baylor College of Medicine hanno pubblicato ieri sulla rivista Neuron le prove che confutano il legame tra aumento dei livelli di herpes virus e il morbo di Alzheimer (MA). Inoltre, i ricercatori forniscono un nuovo quadro statistico e computazionale per l'analisi dei dati di sequenziamento su larga scala.


Circa 50 milioni di persone nel mondo sono affette da MA, un tipo di demenza progressiva che comporta la perdita di memoria, delle capacità cognitive e delle abilità verbali, ed i numeri stanno crescendo rapidamente. Attualmente i farmaci disponibili alleviano temporaneamente i sintomi o rallentano il tasso di declino, massimizzando il tempo in cui i pazienti possono vivere e funzionare in modo indipendente. Tuttavia, non ci sono trattamenti per fermare la progressione della malattia.


“Come tutti i tipi di demenza, il MA è caratterizzato da una massiccia morte delle cellule cerebrali, i neuroni. Identificare il motivo per cui i neuroni iniziano e continuano a morire nel cervello dei pazienti con MA è un'area attiva di ricerca“, ha detto l'autore senior Dott. Zhandong Liu, professore associato di pediatria al Baylor e all'Istituto Jan and Dan Duncan Neurological Research del Texas Childern's Hospital.


Una teoria che ha guadagnato terreno nell'ultimo anno è che alcune infezioni microbiche, come quelle causate dai virus, possono scatenare il MA. Uno studio del 2018 ha riferito un aumento dei livelli di herpesvirus umano 6A (HHV-6A) e 7 (HHV-7) nei tessuti post-mortem del cervello di più di 1.000 pazienti con MA rispetto al tessuto cerebrale di soggetti con invecchiamento sano, o di quelli con una malattia neurodegenerativa differente.


La presenza di livelli elevati di materiale genetico del virus herpes indica infezioni attive, che sono state collegate al MA. In meno di un anno, questo studio ha generato un turbinio di emozioni e ha portato all'avvio di numerosi studi per comprendere meglio il legame tra infezioni virali e MA.


Sorprendentemente, quando il coautore [dello studio attuale] Dott. Hyun-Hwan Jeong, post-dottorato nel gruppo del dott. Liu e altri, hanno rianalizzato i set di dati dallo studio 2018, usando metodi statistici identici con un filtraggio rigoroso, così come 4 strumenti statistici comunemente utilizzati, non sono riusciti a produrre gli stessi risultati.


Il gruppo è stato motivato a rianalizzare i dati dello studio precedente, perché hanno osservato che, mentre i valori di p (un parametro statistico che predice la probabilità di ottenere i risultati osservati di un test, supponendo che le altre condizioni siano corrette) erano altamente significativi, essi venivano attribuiti a dati in cui le differenze non erano visivamente valutabili.


Inoltre, i valori di p non tornavano nella semplice regressione logistica, un'analisi statistica che predice l'esito dei dati come uno tra due stati definiti. Infatti, dopo aver eseguito alcuni tipi di test statistici rigorosi, non hanno trovato alcun legame tra l'abbondanza di herpes DNA virale o RNA e la probabilità di MA in questa coorte.


“Come diventano accessibili e facilmente disponibili le tecnologie ad alta potenza di elaborazione, che includono quelle per la genomica, la proteomica, la metabolomica e altre, c'è una tendenza crescente verso i ‘big data’ [grosso volume di dati] nella ricerca biomedica di base. In queste situazioni, date le enormi quantità di dati che devono essere analizzati ed estratti in breve tempo, i ricercatori possono essere tentati di fare affidamento esclusivamente sul valore p per interpretare i risultati e arrivare alle conclusioni“, ha detto Liu.


“Il nostro studio evidenzia una delle potenziali insidie ​​dell'eccessivo affidamento sui valori di p. Anche se questi valori sono un parametro statistico molto importante, non possono essere usati come misura autonoma di correlazione statistica; gli insiemi di dati provenienti da procedure ad alta potenza di elaborazione hanno ancora bisogno di essere accuratamente tracciati per vedere la diffusione dei dati“, ha detto Jeong. “I set di dati devono anche essere usati in combinazione con valori di p accuratamente calcolati per produrre associazioni gene-malattia che sono statisticamente corrette e biologicamente significative”.


“Il nostro obiettivo nel perseguire e pubblicare questo studio è stato quello di generare strumenti e linee guida per grandi analisi dei dati, così che la comunità scientifica sia in grado di identificare le strategie di trattamento che hanno probabilità di dare benefici ai pazienti”, ha detto Liu.

 

 

 


Fonte: Graciela Gutierrez in Baylor College of Medicine (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Hyun-Hwan Jeong, Zhandong Liu. Are HHV-6A and HHV-7 Really More Abundant in Alzheimer’s Disease? Neuron, 18 Dec 2019, DOI

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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