In un nuovo studio, scienziati della University of California di San Francisco hanno usato mappe di connessioni cerebrali per prevedere come si diffonderà l'atrofia cerebrale in singoli pazienti con demenza frontotemporale (FTD), aggiungendo prove a quelle già esistenti che la perdita di cellule cerebrali associate alla demenza si propaga attraverso le connessioni sinaptiche tra reti prefissate del cervello.
I risultati aumentano la conoscenza degli scienziati sul modo in cui si estende la neurodegenerazione e potrebbe portare a nuovi strumenti clinici per valutare l'efficacia di nuovi trattamenti nel rallentare o bloccare la traiettoria prevista di queste malattie.
“Sapere come si diffonde la demenza apre una finestra sui meccanismi biologici della malattia: quali parti delle nostre cellule o circuiti neuronali sono più vulnerabili”, ha detto il primo autore dello studio Jesse Brown PhD, assistente professore di neurologia dell'UCSF. “Non si può davvero progettare un trattamento finché non si sa cosa si sta trattando”.
La FTD, la forma più comune di demenza nelle persone sotto i 60 anni, comprende un gruppo di malattie neurodegenerative con diversi sintomi linguistici e comportamentali. Come nell'Alzheimer, la diversità dei sintomi della FTD riflette differenze significative nel modo in cui la malattia neurodegenerativa si diffonde nel cervello dei pazienti. Questa variabilità rende difficile per gli scienziati impegnati nella ricerca di cure definire ciò che guida biologicamente l'atrofia cerebrale, e per gli studi clinici valutare se un nuovo trattamento sta facendo la differenza nella progressione della malattia di un paziente.
Precedenti ricerche dell'autore senior dello studio, William Seeley MD, professore di neurologia e patologia della UCSF, hanno iniziato un cambiamento epocale nella ricerca sulla demenza, mostrando che i modelli di atrofia cerebrale in molte forme di demenza possono essere chiaramente mappati su reti ben note del cervello, gruppi di regioni del cervello funzionalmente correlate che lavorano insieme con le loro connessioni sinaptiche, talvolta su lunghe distanze.
In altre parole, il lavoro di Seeley ha proposto che le malattie neurodegenerative non si diffondono uniformemente in tutte le direzioni come un tumore, ma possono saltare da una parte all'altra del cervello lungo circuiti anatomici che legano insieme queste reti.
Nel loro nuovo studio (pubblicato il 14 ottobre su Neuron) Brown, Seeley e colleghi hanno fornito ulteriori elementi di prova a sostegno di questa idea, esaminando quanto le mappe di reti neurali derivate da scansioni cerebrali in individui sani potrebbero prevedere la diffusione dell'atrofia cerebrale nei pazienti di FTD nel corso di un anno.
Al Memory and Aging Center dell'UCSF, i ricercatori hanno reclutato 42 pazienti con la variante comportamentale della demenza frontotemporale, una forma di FTD che induce i pazienti a mostrare comportamenti sociali impropri, e 30 pazienti con la variante semantica dell'afasia progressiva primaria, una forma di FTD che impatta principalmente sulle competenze linguistiche dei pazienti.
Nelle prima visita all'UCSF, ognuno di questi pazienti ha avuto una risonanza magnetica 'al basale' per valutare l'entità della degenerazione cerebrale esistente e poi, circa un anno dopo, una seconda scansione per misurare quanto era progredita la loro malattia.
I ricercatori hanno prima stimato dove era iniziata l'atrofia cerebrale vista nelle scansioni basali di ogni paziente, in funzione dell'ipotesi che la degenerazione del cervello inizia in una posizione particolarmente vulnerabile, e poi si diffonde verso le regioni del cervello anatomicamente collegate.
Per fare questo, i ricercatori hanno costruito mappe standardizzate dei principali partner funzionali di 175 differenti regioni del cervello, in base a scansioni con MRI funzionale (fMRI) su 75 adulti sani. Hanno quindi identificato quale di queste reti corrisponde meglio al modello di atrofia cerebrale visto nelle scansioni cerebrali di base di un dato paziente con FTD, e hanno definito quel fulcro centrale come l'epicentro più probabile della degenerazione del paziente.
Hanno quindi usato le stesse mappe di connettività standardizzata per prevedere dove l'atrofia cerebrale del paziente avrebbe avuto più probabilità di essersi diffusa nelle scansioni fatte un anno dopo, e hanno confrontato l'accuratezza di queste previsioni con altre che non avevano preso in considerazione la connettività della rete funzionale.
Essi hanno scoperto che due misure particolari di connettività miglioravano significativamente le loro previsioni della probabilità che una determinata regione del cervello avesse l'atrofia cerebrale tra la scansione al basale e quella successiva. Una, chiamata 'percorso più breve per l'epicentro', ha colto il numero di 'passi' sinaptici da cui era staccata quella regione dall'epicentro stimato della malattia (essenzialmente il numero di collegamenti della catena neurale che collegano le due aree), mentre l'altra, denominata 'nodal hazard' (rischio nodale), rappresentata quante regioni collegate a quella specifica stavano già sperimentando un'atrofia significativa.
“È come con una malattia infettiva, dove la probabilità di contrarre l'infezione può essere prevista da quanti gradi di separazione hai dal ‘Paziente Zero’, ma anche da quante persone della tua rete sociale immediata sono già malate”, ha detto Brown.
I ricercatori hanno dimostrato che in media queste due misure di connettività di rete sono riuscite a prevedere la diffusione della malattia verso una nuova regione del cervello, meglio della sua semplice distanza in linea retta dall'atrofia esistente del paziente. In molti casi la malattia ha completamente aggirato aree del cervello che erano adiacenti, ma non anatomicamente connesse con le regioni già atrofizzate, invece di saltare alle regioni più collegate funzionalmente.
Anche se questo metodo è molto promettente, i ricercatori sottolineano che non è ancora pronto per un uso clinico. Essi sperano di migliorare l'accuratezza delle previsioni usando, tra gli altri approcci, mappe di rete personalizzate per ogni paziente, invece di usare le mappe medie di connettività, e sviluppando modelli di previsione più specializzati per particolari sottotipi di FTD.
Oltre alle informazioni biologiche che la scoperta fornisce sui meccanismi di diffusione dell'atrofia cerebrale nella FTD, che informerà gli sforzi in corso per sviluppare trattamenti, i ricercatori sperano anche che i risultati porteranno a metriche migliori per la valutazione delle terapie che stanno già entrando negli studi clinici; per esempio dando agli scienziati degli esperimenti informazioni precoci se il trattamento sta alterando un corso previsto di progressione della malattia.
I ricercatori potrebbero anche usare meglio le previsioni di come l'atrofia si diffonderà nel cervello per aiutare a preparare i pazienti e le loro famiglie ai sintomi che potranno sperimentare con l'avanzare della loro malattia.
“Siamo entusiasti di questo risultato perché rappresenta un importante primo passo verso un approccio di medicina di più precisione per predire la progressione e misurare gli effetti del trattamento di malattie neurodegenerative”, ha detto Seeley.
In futuro, ha detto Brown, gli scienziati potrebbero riuscire a sviluppare terapie che puntano specificamente il probabile sito successivo della malattia e forse impedire all'atrofia di diffondersi da una regione all'altra.
“Proprio come gli epidemiologi si basano su modelli di diffusione delle malattie infettive per sviluppare interventi mirati su centri chiave o per soffocare dei punti”, ha detto Brown, “i neurologi devono capire i meccanismi biologici alla base della neurodegenerazione per sviluppare dei modi per rallentare o arrestare la diffusione della malattia”
Fonte: Nicholas Weiler in University of California - San Francisco (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Jesse Brown, Jersey Deng, John Neuhaus, Isabel Sible, Ana Sias, Suzee Lee, John Kornak, Gabe Marx, Anna Karydas, Salvatore Spina, Lea Grinberg, Giovanni Coppola, Dan Geschwind, Joel Kramer, Maria Luisa Gorno-Tempini, Bruce Miller, Howard Rosen, William Seeley. Patient-Tailored, Connectivity-Based Forecasts of Spreading Brain Atrophy. Neuron, 2019, DOI
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