Un team di scienziati che alcuni anni fa ha identificato un importante percorso che porta alla morte delle cellule cerebrali nei topi, ha ora trovato due farmaci che bloccano il percorso e prevengono la neurodegenerazione. I farmaci hanno causato effetti collaterali minimi nei topi e uno è già in licenza per l'uso negli esseri umani, quindi è pronto per le sperimentazioni cliniche.
Le proteine misfolded (mal ripiegate) si accumulano nel cervello in molte malattie neurodegenerative e sono un fattore importante nelle demenze come l'Alzheimer e il Parkinson e nelle altre malattie da prioni. In precedenza, il team ha scoperto che l'accumulo di proteine misfolded nei topi con malattia da prioni attiva un meccanismo di difesa naturale, "disattivando" la produzione vitale di nuove proteine nelle cellule cerebrali. Hanno poi scoperto che facendo ripartire la produzione di proteine con un farmaco sperimentale si blocca la neurodegenerazione. Tuttavia, il farmaco testato era tossico per il pancreas e non adatto per gli esseri umani.
Nell'ultimo studio, pubblicato ieri su Brain, il team ha testato 1.040 composti del National Institute for Neurological Disorders and Stroke, inizialmente nei vermi C.elegans che hanno un sistema nervoso funzionante e sono un buon modello sperimentale per la selezione dei farmaci da usare sul sistema nervoso, e poi nelle cellule dei mammiferi. Ciò ha fatto emergere un certo numero di composti candidati idonei che sono poi stati testati nei modelli di topo della malattia di prioni e di una forma di tauopatia familiare (demenza frontotemporale - FTD), entrambi i quali venivano protetti dai composti sperimentali (ma tossici) nei precedenti studi.
I ricercatori hanno identificato due farmaci che hanno ripristinato i tassi di produzione delle proteine nei topi: il trazodone cloridrato, un antidepressivo autorizzato e il dibenzoilmetano, un composto in sperimentazione come farmaco anticancro. Entrambi i farmaci hanno impedito l'emergere dei segni di danno delle cellule cerebrali nella maggior parte dei topi malati da prioni e hanno ripristinato la memoria nei topi FTD. In entrambi i modelli di topi, i farmaci riducono il restringimento del cervello che è una caratteristica della malattia neurodegenerativa.
La professoressa Giovanna Mallucci, che ha guidato il team dell'Unità di Tossicologia del Medical Research Council (MRC) di Leicester e che ora è all'Università di Cambridge, è stata nominata ieri uno dei cinque direttori associati dell'UK Dementia Research Institute. Ha detto:
"Sappiamo che il trazodone è sicuro negli esseri umani, quindi è possibile un esperimento clinico per verificare se gli effetti protettivi del farmaco che vediamo sulle cellule cerebrali dei topi con neurodegenerazione vale anche per le persone nelle prime fasi di Alzheimer e altre demenze. Possiamo sapere in 2-3 anni se questo approccio può rallentare la progressione della malattia, che sarebbe un primo passo molto interessante nel trattamento di questi disturbi.
"È interessante notare che il trazodone è stato usato per trattare i sintomi dei pazienti nelle fasi avanzate della demenza, quindi sappiamo che è sicuro per questo gruppo. Ora dobbiamo scoprire se dare il farmaco a pazienti in una fase precoce potrebbe aiutare ad arrestare o rallentare la malattia attraverso i suoi effetti su questo percorso".
La ricerca è stata finanziata dal MRC e la professoressa Mallucci è stata finanziata anche dall'Alzheimer's Society e dall'Alzheimer's Drug Discovery Foundation.
Il dottor Rob Buckle, responsabile scientifico del MRC, ha dichiarato: "Questo studio si basa sui precedenti lavori di questo team ed è un ottimo esempio di come una scoperta scientifica davvero innovativa possa rapidamente tradursi nella possibilità di farmaci reali per curare la malattia".
Il Dott. Doug Brown, Direttore di Ricerca e Sviluppo dell'Alzheimer's Society, ha dichiarato: "Siamo elettrizzati dal potenziale di questi risultati. Essi mostrano che un metodo di trattamento originariamente scoperto nei topi con la malattia di prioni potrebbe funzionare anche per prevenire la morte delle cellule del cervello in alcune forme di demenza. Questa ricerca è in una fase molto precoce e non è ancora stata testata nelle persone, ma poiché uno dei farmaci è già disponibile come trattamento per la depressione, i tempi necessari per arrivare dal laboratorio alla farmacia potrebbero essere ridotti drasticamente".
Fonte: University of Cambridge (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Mark Halliday, Helois Radford, Karlijn A. M. Zents, Collin Molloy, Julie A. Moreno, Nicholas C. Verity, Ewan Smith, Catharine A. Ortori, David A. Barrett, Martin Bushell. Repurposed drugs targeting eIF2α-P-mediated translational repression prevent neurodegeneration in mice. Brain; 20 April 2017; DOI: 10.1093/brain/awx074
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.