Arte e medicina sono intrecciate da lungo tempo, dalle prime raffigurazioni dell'anatomia umana, alla moderna arte terapia.
Una nuova mostra d'arte («Interstice: Memory, Mind, and Alzheimer's Disease», aperta fino al 9 settembre nel Centro Granoff di Arti Creative della Brown University) porta quel rapporto verso una nuova direzione. Un neuroscienziato e artista ha collaborato con altri artisti per esplorare cosa vuol dire avere l'Alzheimer.
Peter Snyder, neuroscienziato della Brown University e vice presidente di Lifespan, passa molto tempo a guardare i bulbi oculari: "Vedo davvero l'occhio come una finestra sul cervello. E lo intendo in modo letterale. L'occhio è parte del nostro sistema nervoso centrale". E quindi a volte riflette i cambiamenti del cervello.
I soggetti di ricerca di Snyder hanno una storia familiare di Alzheimer, o potrebbero mostrare alcuni impercettibili primi segni di perdita di memoria. "E alcuni dei loro occhi sono nel recipiente là, che ti guardano", dice Snyder, indicando una delle sue opere d'arte, posta su un tavolo al centro della galleria. E' una grande ciotola poco profonda, ricavata da un singolo pezzo di radica di legno e lucidata in modo scuro e ondulato.
Essa contiene centinaia di biglietti da visita, da un lato la foto di primo piano dell'occhio del paziente, dall'altro un messaggio sull'impatto del morbo. Snyder studia queste immagini in laboratorio, per trovare degli indizi: "E quindi cerco negli occhi dei miei soggetti di ricerca per individuare minuscoli cambiamenti che possono essere indicativi della malattia, che possiamo poi seguire nel corso del tempo".
Come ricercatore, l'obiettivo di Snyder è trovare un modo per individuare i primi segni dell'Alzheimer, permettendo ai medici di intervenire prima. Come tornitore in legno e scultore, Snyder vuole trovare altri modi per trasmettere la paura e l'incertezza che i suoi pazienti sentono per la diagnosi. "Come artista, credo che ci sia così tanto che può essere trasmesso visivamente e con più sensi che la nostra lingua da sola non può fornire", dice Snyder.
Perciò egli ha arruolato degli artisti locali per aiutarlo a trasmettere cosa vuol dire avere l'Alzheimer. Per ispirazione, Snyder ha fatto seguire agli artisti un mini-corso sulla scienza che sta dietro alla malattia: "Ho mostrato loro scansioni, immagini. Ho dato loro un libro da leggere. Mi sono messo il cappello da professore".
Il risultato è la mostra multimediale «Interstice: Memory, Mind, and Alzheimer's Disease», attraverso la quale Snyder ci conduce la sera dell'apertura.
Per iniziare, si cammina attraverso un corridoio stretto, un'installazione dell'artista Babette Allina. Tende di garza bianca sul muro inclinato del corridoio. Immagini di fiori di ciliegio in movimento lento si formano da un video proiettore. E' un po' claustrofobica, alienante. Snyder dice che è intenzionale.
"Avrete notato che la maggior parte dei materiali in questa mostra, il gusto del colore, sono in una gamma di grigio, bianco, nero, un po' asettica, un po' medica", spiega Snyder. "L'ambiente medico è molto poco familiare, e molto inquietante per la maggior parte delle persone".
Snyder si ferma davanti a un'altra delle sue opere. E' una fila di corde spesse, su carrucole, dal pavimento al soffitto, costellate di enormi pepite di ceramica. Lui dice che è un modello 3-D dei circuiti di memoria del cervello: "I ricordi si formano nel cervello e sono contenuti e gestiti nei circuiti di memoria. Questi sono i neuroni che sono collegati in colonne e strati nel cervello". Ma in questa opera i neuroni sono collegati liberamente, e sembra che stiano scivolando giù per le corde. La struttura sta collassando, i ricordi si disintegrano, come succede nei malati di Alzheimer.
Anche l'artista Dianne Reilly ha tratto ispirazione dalla fragilità della memoria. Il suo pezzo è un telaio di acciaio solido. All'interno, attaccate a fili sottili, penzolano gocce di vetro pesanti, a forma di sfera, ognuna avvolta in una rete di metallo aggrovigliato. Come la galleria si riempie di visitatori, la Reilly dice che diverse lenti di ingrandimento attorno al telaio permettono ai visitatori di scrutare l'interno di queste sfere. "Le lenti si riferiscono al linguaggio della scienza e al modo in cui osserviamo e capiamo il mondo intorno a noi", dice la Reilly. "Inoltre creano una sorta di esperienza disorientante quando sei in altre parti della stanza". L'opera della Reilly evoca la frustrazione dei ricercatori che cercano la lente giusta per comprendere una malattia che colpisce milioni di persone.
Uno dei mentori dell'organizzatore della mostra Peter Snyder, sta scrutando attraverso quelle lenti ormai da decenni. Il dottor Zaven Khachaturian è l'architetto del primo piano globale di ricerca sull'Alzheimer della nazione. E' arrivato in volo per la serata di apertura della mostra.
In una tranquilla sala conferenze presso la galleria, dice che la ricerca ora deve concentrarsi sulla prevenzione: "Non abbiamo altra scelta che trovare un modo per prevenire questo disturbo perché non sarà sufficiente assisterlo. Non c'è abbastanza denaro per prendersi cura di esso perché i numeri stanno per essere enormi, il numero di persone con la malattia".
Cinque milioni di americani vivono con la malattia di Alzheimer oggi. Quel numero potrebbe salire a 16 milioni nei prossimi decenni, salvo altre scoperte scientifiche. La chiave, dice, sta nel pensare in modo creativo. Dobbiamo impegnare ricercatori provenienti da una vasta gamma di discipline. Khachaturian dice che fermare l'Alzheimer è la sfida creativa di una generazione: "Una cosa come il progetto del genoma o quello dell'uomo sulla Luna".
Montare una mostra d'arte è ben lungi dal mettere un uomo sulla luna. Ma gli artisti ci hanno spesso portato verso nuove direzioni.
Fonte: Kristin Gourlay in RIPR - Rhode Island Public Radio (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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