Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Individuato metodo per ridurre l'incidenza della demenza dopo un trauma cranico lieve

Un tempo si pensava che gli effetti di un trauma cranico lieve (vertigini, mal di testa, problemi di memoria) fossero solo temporanei, e che il cervello possa guarire nel tempo.


Tuttavia, anche se non conosciamo tutte le conseguenze a lungo termine del trauma cranico, una crescente evidenza suggerisce che anche un trauma cranico lieve (TBI) può aumentare il rischio di sviluppare una demenza, come l'Alzheimer, più avanti nella vita.


I ricercatori del Sanders-Brown Center on Aging dell'Università del Kentucky hanno cercato di capire la cascata di eventi conseguenti ad un TBI, che può portare ad un aumento del rischio di sviluppare una malattia degenerativa e progressiva del cervello. Il loro nuovo studio, pubblicato nell'edizione attuale del Journal of Neuroscience, dimostra il potenziale, seppure preliminare, di un trattamento che potrebbe interrompere il processo che lega le due condizioni.


"Definire la cascata di eventi che avviene dopo una lesione cerebrale lieve, ci fa sperare che alla fine scopriremo i modi per interrompere quel processo", ha dichiarato Adam Bachstetter, PhD, del Sanders-Brown Center on Aging. "Il nostro obiettivo è scoprire la biologia che sta alla base del legame tra trauma cranico e demenza, e nella nostra ultima ricerca, pensiamo di aver trovato la prova che una risposta infiammatoria alterata delle cellule nel cervello, chiamate glia, possa essere almeno una parte del collegamento".


Per capire la catena di eventi che legano la TBI ad un aumento del rischio di demenza, Bachstetter e il co-autore Scott Webster PhD, del Sanders-Brown Center on Aging, hanno usato un topo geneticamente modificato che produce una proteina umana chiamata amiloide-beta, uno dei protagonisti dell'Alzheimer. I ricercatori hanno sviluppato anche una procedura chirurgica per imitare la forma più comune di lesioni cerebrali traumatiche.


"Volevamo sapere se si può accelerare l'insorgere di problemi di memoria in questi topi, simili a quelli che crediamo avvengano negli esseri umani", ha detto Webster. "Ci ha dato modo di porre domande meccanicistiche importanti che potrebbero un giorno portare a un trattamento migliore per i pazienti con trauma cranico".


Bachstetter e Webster hanno usato un farmaco a piccola molecola chiamato MW151, che blocca la sovrapproduzione di molecole che causano infiammazione nel cervello dopo un TBI. L'MW151 è stato sviluppato da Linda Van Eldik PhD, direttrice del Sanders-Brown Center on Aging, e D. Martin Watterson PhD, della Feinberg School of Medicine della Northwestern University.


Il farmaco è stato somministrato ai topi una settimana dopo un TBI. Dopo tre settimane di trattamento, i topi che hanno ricevuto l'MW151 non hanno mostrato più problemi di apprendimento e memoria, mentre i topi che non hanno ricevuto il farmaco li hanno avuti in forma profonda.


"L'MW151 è riuscito a recuperare i deficit di memoria nei topi anche quando il trattamento è iniziato una settimana dopo l'infortunio", ha detto Webster. "Le implicazioni potenziali sono aggravate quando si considera che molte persone che soffrono di una lieve lesione cerebrale non si fanno curare subito".


Oltre alla sofferenza umana causata dall'Alzheimer, c'è un peso enorme sul sistema sanitario e sulle famiglie, che da solo manda in fumo circa 20 miliardi di dollari in costi diretti. Con l'invecchiamento continuo della generazione del baby boomer, questa cifra dovrebbe aumentare in modo esponenziale.


"Come tipo di ferita tipico delle guerre in Iraq e in Afganistan, e con circa 1,5 milioni di persone negli Stati Uniti che ogni anno cercano cure mediche per un trauma cranico, l'impatto di una insorgenza precoce di demenza in un
tale numero di persone è semplicemente impensabile", ha detto la Van Eldik. "Il lavoro di Adam e Scott potrebbe avere un grande impatto sociale ed economico".

 

 

 

 

 


Fonte: University of Kentucky via Newswise (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Scott J. Webster, Linda J. Van Eldik, D. Martin Watterson, and Adam D. Bachstetter. Closed Head Injury in an Age-Related Alzheimer Mouse Model Leads to an Altered Neuroinflammatory Response and Persistent Cognitive Impairment. Journal of Neuroscience, April 2015 DOI: 10.1523/JNEUROSCI.0291-15.2015

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

Scoperto il punto esatto del cervello dove nasce l'Alzheimer: non è l…

17.02.2016 | Ricerche

Una regione cruciale ma vulnerabile del cervello sembra essere il primo posto colpito da...

Dosi basse di radiazioni possono migliorare la qualità di vita nell'Alzhe…

6.05.2021 | Ricerche

Individui con morbo di Alzheimer (MA) grave hanno mostrato notevoli miglioramenti nel co...

La scoperta del punto di svolta nell'Alzheimer può migliorare i test di n…

20.05.2022 | Ricerche

 Intervista al neurologo William Seeley della Università della California di San Francisco

...

Riprogrammare «cellule di supporto» in neuroni per riparare il cervello adulto…

21.11.2014 | Ricerche

La porzione del cervello adulto responsabile del pensiero complesso, la corteccia cerebrale, non ...

I dieci fattori legati a un aumento del rischio di Alzheimer

27.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Anche se non c'è ancora alcuna cura, i ricercatori stanno continuando a migliorare la co...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Invertita per la prima volta la perdita di memoria associata all'Alzheime…

1.10.2014 | Ricerche

La paziente uno aveva avuto due anni di perdita progressiva di memoria...

Il sonno resetta i neuroni per i nuovi ricordi del giorno dopo

11.09.2024 | Ricerche

Tutti sanno che una buona notte di sonno ripristina l'energia di una persona; ora un nuo...

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

L'Alzheimer è composto da quattro sottotipi distinti

4.05.2021 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato dall'accumulo anomale e dalla diffusione del...

'Ingorgo' di proteine nei neuroni legato alla neurodegenerazione

12.09.2022 | Ricerche

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'EPFL rivela che un complesso proteico malfunzionante pu...

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Nuova terapia che distrugge i grovigli di tau si dimostra promettente

30.09.2024 | Ricerche

Degli scienziati hanno sviluppato potenziali terapie che rimuovono selettivamente le proteine ​​t...

Nuovo sensore nel cervello offre risposte all'Alzheimer

12.03.2021 | Ricerche

Scienziati della Università della Virginia (UVA) hanno sviluppato uno strumento per moni...

L'esercizio fisico genera nuovi neuroni cerebrali e migliora la cognizion…

10.09.2018 | Ricerche

Uno studio condotto dal team di ricerca del Massachusetts General Hospital (MGH) ha scop...

Svolta per l'Alzheimer? Confermato collegamento genetico con i disturbi i…

26.07.2022 | Ricerche

Uno studio eseguito in Australia alla Edith Cowan University (ECU) ha confermato il legame tra Alzhe...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

Identificata nuova forma di Alzheimer ad esordio molto precoce

16.06.2020 | Ricerche

Ricercatori della Mayo Clinic hanno definito una forma di morbo di Alzheimer (MA) che co...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)