Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Bocco di recettore delle cellule immunitarie inverte l'Alzheimer ... nei topi

Le cellule cerebrali chiamate microglia ingoiano sostanze tossiche e detriti cellulari, calmano l'infiammazione e producono sostanze che nutrono i neuroni. Una nuova ricerca dimostra che mantenerle al lavoro può impedire la neurodegenerazione.

Bocco di recettore delle cellule immunitarie inverte l'Alzheimer ... nei topi
La moria di massa di cellule nervose nel cervello delle persone con Alzheimer può in gran parte verificarsi perché una classe di cellule del cervello completamente diversa, chiamate microglia, cominciano a non fare più il loro lavoro, secondo un nuovo studio condotto da ricercatori dell'Università di Stanford.


I ricercatori hanno scoperto nei topi che, bloccando l'azione di una singola molecola sulla superficie della microglia, si ripristina la capacità delle cellule di fare il loro lavoro, e si inverte la perdita di memoria e una miriade di altre caratteristiche simili all'Alzheimer negli animali.


Lo studio, pubblicato l'8 dicembre online su The Journal of Clinical Investigation, illustra l'importanza della microglia e potrebbe portare a nuovi modi per scongiurare l'insorgenza dell'Alzheimer, che nelle previsioni potrebbe affliggere 15 milioni di persone [in USA] entro la metà del secolo, a meno di non trovare una qualche forma di cura o prevenzione. Lo studio può anche aiutare a spiegare un'associazione intrigante tra l'aspirina e tassi più bassi di Alzheimer.


Le microglia, che costituiscono circa il 10-15 per cento di tutte le cellule del cervello, in realtà assomigliano alle cellule immunitarie considerevolmente di più di quanto non lo siano le cellule nervose. "Le microglia sono i poliziotti di quartiere del cervello", ha detto Katrin Andreasson, MD, professore di neurologia e scienze neurologiche e autore senior dello studio. "I nostri esperimenti dimostrano che mantenerli sulla strada giusta contrasta la perdita di memoria e conserva una fisiologia sana del cervello".

 

 

Coinvolta una singola molecola

Un cellula microgliale funge da sentinella di prima linea, monitorando nei suoi dintorni le attività e i materiali sospetti, sondando l'ambiente locale. Se individua problemi, rilascia sostanze che reclutano altre microglia sulla scena, ha detto Andreasson.


Le microglia sono poliziotti duri, che proteggono il cervello dai batteri e dai virus invasori, inghiottendoli. Sono abili anche a calmare le cose, reprimere l'infiammazione quando sfugge di mano. Funzionano anche da netturbini, ingoiando le cellule morte e i detriti molecolari sparsi tra le cellule vive, compresi i grumi di una proteina chiamata A-beta, noti per aggregarsi in depositi gommosi chiamati placche di Alzheimer, caratteristica anatomica segno distintivo della malattia.


L'A-beta, prodotta in tutto il corpo, è naturale quanto è onnipresente. Ma quando si raggruma in gruppi solubili costituiti da poche molecole, è altamente tossica per le cellule nervose. Questi grumi si ritiene che abbiano un ruolo importante nel causare l'Alzheimer. "Si suppone che le microglia debbano, dal momento della costituzione, eliminare costantemente l'A-beta, oltre a mantenere un coperchio sull'infiammazione", ha detto la Andreasson. "Se perdono la loro capacità di funzionare, le cose vanno fuori controllo. L'A-beta si accumula nel cervello, inducendo infiammazione tossica".


Lo studio della Stanford fornisce una forte evidenza che tale deterioramento della funzionalità delle microglia è guidato, in gran parte, dall'attività accresciuta di segnalazione di una singola molecola che si trova sulla superficie delle cellule microgliali e nervose. Il lavoro precedente del laboratorio della Andreasson e di altri laboratori aveva dimostrato che questa molecola, una proteina recettore chiamata EP2, ha un forte potenziale di causare infiammazione quando è attivata legandosi ad una sostanza chiamata prostaglandina E2 (PGE2).


"Avevamo già osservato che se mutiamo dei topi per mancare di questo recettore nelle cellule cerebrali, c'è un'enorme riduzione dell'attività infiammatoria nel cervello", ha detto. Ma non sapevano se erano le cellule nervose o le microglia responsabili di tale attività infiammatoria, o quali sono le sue conseguenze precise. Così hanno deciso di scoprirlo.

 [...]

"Rapporti epidemiologici suggeriscono che l'uso di farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS), come l'aspirina, può prevenire l'insorgenza dell'Alzheimer - però solo quando la somministrazione inizia ben prima che si presentino i segni di disturbo negli anziani", ha detto la Andreasson. "Una volta che c'è sentore di perdita di memoria, questi farmaci non hanno effetto". I FANS agiscono principalmente bloccando due enzimi chiamati COX-1 e COX-2; questi enzimi creano una molecola che può essere convertita in varie sostanze, compresa la PGE2 - il prodotto chimico di tipo ormonale che attiva l'azione dell'EP2.


Sebbene sappiamo che la PGE2 regoli le alterazioni infiammatorie nel cervello, essa esercita diverse funzioni utili in diversi tessuti di tutto il corpo, influenzando la pressione sanguigna per indurre il travaglio. A complicare le cose, la PGE2 è solo una delle cinque prostaglandine diverse provenienti dalla molecola precursore prodotta da COX-1 e COX-2. Quindi l'aspirina e gli altri farmaci inibitori di COX-1 e COX-2 possono avere una miriade di effetti, non tutti benefici.


"Potrebbe risultare che un composto che blocca solo l'attività dell'EP2 sulle cellule microgliali, o alcune conseguenze a valle all'interno delle cellule microgliali, sarebbe più adatto ad evitare l'Alzheimer, senza effetti collaterali", ha detto la Andreasson. Nel frattempo, il suo gruppo sta esplorando i meccanismi biologici attraverso i quali la segnalazione PE2 spinge le microglia verso il lato oscuro.

 

********
Jenny Johansson, PhD, studioso postdottorato ex Stanford, è l'autore principale dello studio. Altri co-autori della Stanford sono Nathan Woodling, PhD, Siddhita Mhartre, PhD, Holden Brown, PhD, Xibin Liang, MD, PhD, Qian Wang, Maharshi Panchal e Taylor Loui. Lo studio è stato finanziato dal National Institutes for Health, dall'Alzheimer's Association, dal Consiglio Svedese della Ricerca e dalla National Science Foundation.

 

 

 

 

 


Fonte:  Bruce Goldman in Stanford University  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:  Jenny U. Johansson, Nathaniel S. Woodling, Qian Wang, Maharshi Panchal, Xibin Liang, Angel Trueba-Saiz, Holden D. Brown, Siddhita D. Mhatre, Taylor Loui, Katrin I. Andreasson. Prostaglandin signaling suppresses beneficial microglial function in Alzheimer’s disease models. Journal of Clinical Investigation, 2014; DOI: 10.1172/JCI77487
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra:

 


 

 

Notizie da non perdere

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

Gli interventi non farmacologici per l'Alzheimer sono sia efficaci che co…

19.04.2023 | Ricerche

Un team guidato da ricercatori della Brown University ha usato una simulazione al computer per di...

Interleuchina3: la molecola di segnalazione che può prevenire l'Alzheimer…

20.07.2021 | Ricerche

Una nuova ricerca su esseri umani e topi ha identificato una particolare molecola di seg...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

Riprogrammare «cellule di supporto» in neuroni per riparare il cervello adulto…

21.11.2014 | Ricerche

La porzione del cervello adulto responsabile del pensiero complesso, la corteccia cerebrale, non ...

'Ingorgo' di proteine nei neuroni legato alla neurodegenerazione

12.09.2022 | Ricerche

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'EPFL rivela che un complesso proteico malfunzionante pu...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Ricercatori del MIT recuperano con la luce i ricordi 'persi'

29.05.2015 | Ricerche

I ricordi che sono stati "persi" a causa di un'amnesia possono essere richiamati attivando le cel...

Scoperta ulteriore 'barriera' anatomica che difende e monitora il ce…

11.01.2023 | Ricerche

Dalla complessità delle reti neurali, alle funzioni e strutture biologiche di base, il c...

Il Protocollo Bredesen: si può invertire la perdita di memoria dell'Alzhe…

16.06.2016 | Annunci & info

I risultati della risonanza magnetica quantitativa e i test neuropsicologici hanno dimostrato dei...

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

Fruttosio prodotto nel cervello può essere un meccanismo che guida l'Alzh…

29.09.2020 | Ricerche

Una nuova ricerca rilasciata dalla University of Colorado propone che il morbo di Alzhei...

L'Alzheimer inizia all'interno delle cellule nervose?

25.08.2021 | Ricerche

Uno studio sperimentale eseguito alla Lund University in Svezia ha rivelato che la prote...

Nuovo sensore nel cervello offre risposte all'Alzheimer

12.03.2021 | Ricerche

Scienziati della Università della Virginia (UVA) hanno sviluppato uno strumento per moni...

Le donne possono vivere meglio con una dieta migliore

22.07.2022 | Ricerche

Mangiare frutta e verdura di colori più brillanti può aiutare i problemi di salute delle donne.

...

Nuova teoria sulla formazione dei ricordi nel cervello

9.03.2021 | Ricerche

Una ricerca eseguita all'Università del Kent ha portato allo sviluppo della teoria MeshC...

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

28.10.2021 | Ricerche

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio plu...

'Scioccante': dopo un danno, i neuroni si auto-riparano ripartendo d…

17.04.2020 | Ricerche

Quando le cellule cerebrali adulte sono ferite, ritornano ad uno stato embrionale, secon...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.