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Estradiolo protegge cervello di donne in postmenopausa a rischio di demenza

La terapia ormonale con estradiolo, quando inizia subito dopo la menopausa, impedisce la degenerazione in regioni cruciali del cervello di donne ad alto rischio di demenza, secondo un nuovo studio condotto da ricercatori della School of Medicine alla Stanford University.


I ricercatori hanno anche scoperto che un altro tipo di terapia ormonale, commercializzato con il marchio Premarin, è molto meno protettivo. Il Premarin è una miscela di oltre 30 sostanze derivate dalle urine di cavalle gravide.


L'Estradiolo (l'ormone steroide-sessuale dominante nella donna) rappresenta circa il 17 per cento del contenuto totale del Premarin. Altri componenti del Premarin esercitano vari effetti endocrinologici su diversi tessuti.


Lo studio randomizzato cercava di capire gli effetti del proseguimento oppure della sospensione della terapia ormonale sul metabolismo cerebrale. E' stato pubblicato il 12 marzo su PLoS ONE. I risultati indicano che l'effetto neurologico della terapia ormonale nelle donne a rischio di demenza dipende in modo critico dal momento dell'inizio della terapia e dall'uso di estradiolo o Premarin, ha detto l'autore principale Natalie Rasgon, MD, PhD, professoressa di psichiatria e scienze comportamentali e direttrice dello «Stanford Center for Neuroscience in Women’s Health».


I ricercatori hanno osservato delle regioni del cervello, dentro e attorno all'ippocampo, associate alla memoria e alla funzione esecutiva. Queste regioni sono tra le prime a mostrare deterioramento dell'attività metabolica in molte forme di demenza, che vanno dal deterioramento cognitivo lieve all'Alzheimer.


Le donne che sono rimaste sul regime di estradiolo, iniziato entro un anno dall'inizio della menopausa, hanno conservato l'attività metabolica in un certo numero di queste regioni del cervello. La stessa è invece diminuita significativamente in quelle che hanno smesso di usare l'ormone.

 

Problemi progestinici

Rimanere sul Premarin invece, sembra che acceleri il declino metabolico in alcune di queste regioni del cervello. Se si prende un altro ormone, la progestina (essenzialmente un progesterone sintetico), insieme sia all'estradiolo che al Premarin, esso cancella il vantaggio neurologico dell'estradiolo e accentua il declino visto con il Premarin.


Lo studio, anche se troppo piccolo per delineare risultati significativi di test della cognizione, è abbastanza grande per acquisire un elevato livello di significatività statistica per i risultati di imaging. "I cambiamenti metabolici in queste aree del cervello fanno prevedere dei sintomi evidenti di declino cognitivo, a volte di decenni", ha detto la Rasgon. "Stiamo trovando cambiamenti significativi nelle donne che sono ancora cognitivamente intatte". Una delle implicazioni è che, se i segni di demenza imminente in una donna possono essere contrassegnati nella fase iniziale, l'intervento con l'estradiolo potrebbe forse evitarli.


"Questo è uno studio importante che affronta diversi elementi di incertezza, o addirittura di controversia, sulla terapia ormonale per le donne in postmenopausa", ha detto David Rubinow, MD, PhD, ex capo della divisione di endocrinologia comportamentale all'Istituto Nazionale di Salute Mentale e attualmente professore e cattedra di psichiatria alla University of North Carolina-Chapel Hill, non coinvolto nello studio, pur avendone famigliarità. Egli ha detto che i risultati sono "assolutamente coerenti con una grande quantità di prove da studi di base in laboratorio e sugli animali" riguardanti il ​​ruolo protettivo dell'estradiolo in molti tessuti.

 

Declino nella terapia ormonale

Più di 20 milioni di donne negli Stati Uniti hanno tra i 45 ed i 55 anni, una fascia di età in cui molte, una volta, erano considerate candidate al Premarin o altre forme di terapia ormonale. Anche se alcune donne oggi scelgono di andare in terapia ormonale per alleviare i sintomi della menopausa, il prodotto era ampiamente propagandato come protezione delle donne in post-menopausa dalle malattie cardiache, dall'osteoporosi e anche dal declino cognitivo.


Dal 1992 al 2001, il Premarin è stato il farmaco ormonale più prescritto negli Stati Uniti. Ma, dopo le notizie negative di circa dieci anni fa di alcuni grandi studi multicentrici, il suo uso è precipitato. Nel 2003, uno di quegli studi aveva concluso che l'incidenza della demenza nelle donne da 65 a 79 anni di età, che erano state assegnate in modo casuale al Prempro (Premarin più progestina), era doppia di quella delle donne su un placebo.


Ma ci sono differenze significative tra le partecipanti a questo studio e quelle di quello nuovo: le donne nello studio precedente avevano iniziato la terapia ormonale molto tempo dopo che il loro corpo aveva smesso di produrre notevoli quantità di estrogeni. Un'altra importante distinzione: le donne nel braccio attivo di quell'esperimento precedente erano state messe sul Prempro, la cui componente progestinica, secondo il nuovo studio, in realtà accelera il deterioramento metabolico nel cervello delle donne, almeno di quelle inclini alla demenza.


Per il nuovo studio, gli scienziati di Stanford hanno reclutato diverse decine di donne dell'area della Baia di San Francisco, con buona istruzione, per lo più sotto i 60 e in ottima salute. Tutte avevano iniziato la terapia ormonale entro un anno dall'ultimo ciclo mestruale. E tutte avevano un rischio maggiore di demenza, perché avevano una storia personale di depressione grave, o avevano un parente di primo grado (padre, madre, fratello o sorella) che aveva sofferto di Alzheimer, o erano portatrici del genotipo positivo per l'infame allele Apo4, una variante del gene nota per aumentare notevolmente il rischio delle donne per l'Alzheimer.

Dopo la scansione cerebrale iniziale, con tomografia a emissione di positroni, le partecipanti allo studio sono state randomizzate sul loro abituale regime di terapia ormonale o sulla sua interruzione. Due anni più tardi, 45 donne (28 che erano rimaste nella terapia ormonale e 17 che l'avevano fermata) hanno avuto una nuova scansione cerebrale. Il confronto delle PET, tra l'iniziale e quella dopo due anni, ha rivelato che l'attività metabolica nella corteccia prefrontale mediale - essenziale per il processo decisionale - era meglio conservata nelle partecipanti che erano rimaste sulla terapia ormonale.


Ma in diverse altre regioni cerebrali predittive della demenza, i cambiamenti nell'attività metabolica erano diversi a seconda della formulazione ormonale. In particolare, in un punto particolare conosciuto come «regione del precuneo /cingolo posteriore» (dove il declino metabolico è molto documentato come predittivo, a volte di un decennio o più, della demenza esteriormente visibile, nelle donne a rischio), l'attività metabolica era danneggiata, piuttosto negativamente, dall'interruzione dell'estradiolo, ma estremamente ben conservata tra le donne che erano rimaste su tale regime.


Tuttavia, le donne che avevano continuato con il Premarin non hanno avuto rallentamenti nel deterioramento dell'attività metabolica in questa regione. Aggiungere progesterone a uno dei due regimi ha solo peggiorato le cose.

 

Restano dei rischi

"Non avevamo previsto che il tipo di terapia estrogenica avesse un effetto distinto sul cervello", ha detto la Rasgon. "Tuttavia, gli effetti dell'estradiolo sul corpo non sono del tutto benigni. Ad esempio, l'esposizione all'ormone aumenta il rischio di cancro al seno e dell'utero. Le donne in perimenopausa, con fattori di rischio per la demenza, dovrebbero parlare con il loro medico per capire se abbia un senso la terapia ormonale a base di estradiolo".


Se questi risultati saranno replicati in un campione più ampio di donne in postmenopausa non a rischio di demenza, la terapia ormonale a base di estradiolo potrebbe diventare un trattamento più scelto per mantenere ottimale l'invecchiamento del cervello, ha detto.


Lo studio, il cui autore senior è Daniel Silverman, MD, PhD, capo delle scansioni neuronucleari dell'«Ahmanson Translational Imaging Division» all'UCLA, è stato finanziato dal National Institute on Aging. Altri co-autori della Stanford sono Tonita Wroolie, PhD, assistente professore clinico di psichiatria e scienze comportamentali; Katherine Williams, MD, professore associato clinico di psichiatria e scienze comportamentali; Heather Kenna, direttrice della ricerca; e Cheri Geist, assistente di ricerca clinica.

 

 

 

 

 


Fonte: Bruce Goldman in Stanford University Medical Center  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:  Natalie L. Rasgon, Cheri L. Geist, Heather A. Kenna, Tonita E. Wroolie, Katherine E. Williams, Daniel H. S. Silverman. Prospective Randomized Trial to Assess Effects of Continuing Hormone Therapy on Cerebral Function in Postmenopausal Women at Risk for Dementia. PLoS ONE, 2014; 9 (3): e89095 DOI: 10.1371/journal.pone.0089095

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