Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Studio contesta un principio classico della ricerca sulla memoria

I suoi risultati suggeriscono che l'attivazione dei neuroni dell'ippocampo può indebolirne le connessioni in una popolazione cellulare specifica.

memory research UTSouthwestern

Ricercatori del Centro Medico della University of Texas Southwestern hanno scoperto che le connessioni tra una serie di neuroni attivati nel cervello di ratto diventavano più forti mentre si formavano i ricordi, ma quelle di un'altra serie si sono indebolite.


I risultati, pubblicati su Neuron, sono in contrasto con il pensiero prevalente sul funzionamento del cervello, e forniscono indizi sul mistero dell'apprendimento e della memoria, processi che vanno male in malattie come il morbo di Alzheimer (MA), la schizofrenia e l'autismo.


“Questa ricerca sostiene che i meccanismi sottostanti la formazione dei ricordi nell'ippocampo non sono così semplici come si pensa nel campo. Non si tratta solo di rafforzamento delle connessioni"
, ha affermato Brad Pfeiffer PhD, assistente professore di neuroscienze alla UT Southwestern e ricercatore biomedico, che ha guidato lo studio con Lenora Volk PhD, assistente prof.ssa di neuroscienze e psichiatria.


L'ippocampo, un piccolo organo a forma di cavalluccio marino, è da tempo riconosciuto come la regione primaria di coordinamento della memoria nel cervello. Decenni di ricerca hanno dimostrato che le esperienze di un animale inducono i neuroni dell'ippocampo a inviarsi segnali elettrici uno con l'altro, alterando le connessioni neuronali note come sinapsi.


Il detto nelle neuroscienze "i neuroni che sparano insieme, sono cablati insieme" implica che i ricordi si formano quando le sinapsi si rafforzano tra gruppi di neuroni attivati. Tuttavia, ha affermato la dott.ssa Volk, questo concetto deriva da studi sui campioni cerebrali estratti da animali di laboratorio un tempo significativo dopo aver avuto esperienze che forgiano la memoria, rendendo difficile collegare ciò che è stato osservato in una fetta del cervello, con ciò che potrebbe realmente accadere in un cervello intatto.


Per comprendere meglio l'attività neuronale, i dott. Volk e Pfeiffer, insieme ai colleghi della UTSW, hanno sfruttato una nuova tecnologia chiamata 'integratore raziometrico fotoattivabile modulato dal calcio' (CaMPARI, calcium-modulated photo-activatable ratiometric integrator). Questo strumento illumina i neuroni mentre si attivano durante un'esperienza, passando permanentemente dal verde al rosso, consentendo così ai ricercatori di identificare i neuroni che potrebbero aver contribuito a formare la memoria.


I ricercatori hanno usato il CaMPARI sui neuroni eccitatori dell'ippocampo - che hanno il potenziale di inviare segnali elettrici tra loro attraverso le sinapsi - nei ratti vivi. Hanno quindi spinto questi ratti a esplorare una pista lineare, attirati dal latte al cioccolato alle due estremità. Quando i ricercatori hanno raccolto campioni dal cervello animale poco dopo, circa un terzo dei neuroni alterati brillava di rosso, dimostrando di essere stati attivati da questa esperienza.


Questi neuroni attivati sono stati distribuiti quasi equamente tra due popolazioni, superficiali e profondi, definiti dalla loro posizione fisica all'interno del cervello. Tuttavia, quando i ricercatori hanno esaminato le sinapsi che si erano formate in queste due popolazioni neuronali, hanno trovato differenze specifiche: mentre le connessioni si erano rafforzate tra i neuroni superficiali attivati, quelli tra i neuroni profondi attivati si erano indebolite. I ricercatori hanno confermato questi risultati nei ratti vivi esaminando i dati generati dagli elettrodi impiantati nel loro cervello.


Tuttavia, questa dicotomia non era così semplice come sembrava, ha detto il dott. Volk. Quando i ricercatori hanno esaminato l'attività nei due gruppi di neuroni negli animali vivi dopo l'esperienza di memoria, hanno scoperto che i neuroni profondi non solo hanno sparato meno dei neuroni superficiali, ma anche più precisamente.


"Pertanto", ha affermato il dott. Volk, "le connessioni indebolite dei neuroni profondi potrebbero non riflettere l'indebolimento sinaptico globale, ma piuttosto l'affinamento sinaptico tra i neuroni più importanti per la codifica della memoria".


I ricercatori hanno in programma di continuare a studiare questo fenomeno sia negli animali sani sia in modelli di malattie che influenzano l'elaborazione delle informazioni e la memoria.

 

 

 


Fonte: University of Texas Southwestern (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: M Berndt, [+3], LJ Volk. Bidirectional synaptic changes in deep and superficial hippocampal neurons following in vivo activity. Neuron, 4 Oct 2023, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Flusso del fluido cerebrale può essere manipolato dalla stimolazione sensorial…

11.04.2023 | Ricerche

Ricercatori della Boston University, negli Stati Uniti, riferiscono che il flusso di liq...

Riprogrammare «cellule di supporto» in neuroni per riparare il cervello adulto…

21.11.2014 | Ricerche

La porzione del cervello adulto responsabile del pensiero complesso, la corteccia cerebrale, non ...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

I ricordi potrebbero essere conservati nelle membrane dei tuoi neuroni

18.05.2023 | Ricerche

Il cervello è responsabile del controllo della maggior parte delle attività del corpo; l...

Scoperto un fattore importante che contribuisce all'Alzheimer

22.08.2022 | Ricerche

Una ricerca guidata dai dott. Yuhai Zhao e Walter Lukiw della Luisiana State University ...

Nessuna cura per l'Alzheimer nel corso della mia vita

26.04.2019 | Esperienze & Opinioni

La Biogen ha annunciato di recente che sta abbandonando l'aducanumab, il suo farmaco in ...

Alzheimer e le sue proteine: bisogna essere in due per ballare il tango

21.04.2016 | Ricerche

Per anni, i neuroscienziati si sono chiesti come fanno le due proteine ​​anomale amiloid...

L'esercizio fisico genera nuovi neuroni cerebrali e migliora la cognizion…

10.09.2018 | Ricerche

Uno studio condotto dal team di ricerca del Massachusetts General Hospital (MGH) ha scop...

Nuovo farmaco previene le placche amiloidi, un segno specifico di Alzheimer

8.03.2021 | Ricerche

Le placche di amiloide sono caratteristiche patologiche del morbo di Alzheimer (MA): son...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

Dott. Perlmutter: Sì, l'Alzheimer può essere invertito!

6.12.2018 | Ricerche

Sono spesso citato affermare che non esiste un approccio farmaceutico che abbia un'effic...

Lavati i denti, posticipa l'Alzheimer: legame diretto tra gengivite e mal…

4.06.2019 | Ricerche

Dei ricercatori hanno stabilito che la malattia gengivale (gengivite) ha un ruolo decisi...

Il girovita può predire il rischio di demenza?

6.11.2019 | Ricerche

Il primo studio di coorte su larga scala di questo tipo ha esaminato il legame tra il girovita in...

Livelli di ossigeno nel sangue potrebbero spiegare perché la perdita di memori…

9.06.2021 | Ricerche

Per la prima volta al mondo, scienziati dell'Università del Sussex hanno registrato i li...

Accumulo di proteine sulle gocce di grasso implicato nell'Alzheimer ad es…

21.02.2024 | Ricerche

In uno studio durato 5 anni, Sarah Cohen PhD, biologa cellulare della UNC e Ian Windham della Rockef...

Perché il diabete tipo 2 è un rischio importante per lo sviluppo dell'Alz…

24.03.2022 | Ricerche

Uno studio dell'Università di Osaka suggerisce un possibile meccanismo che collega il diabete all'Al...

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

Infezione cerebrale da funghi produce cambiamenti simili all'Alzheimer

26.10.2023 | Ricerche

Ricerche precedenti hanno implicato i funghi in condizioni neurodegenerative croniche co...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.