Una nuova ricerca realizzata dell'Università di Cincinnati (UC) rafforza l'ipotesi che il morbo di Alzheimer (MA) sia causato da un declino dei livelli di una proteina specifica, contrariamente alla teoria prevalente che è stata messa in discussione di recente.
I ricercatori della UC guidati da Alberto Espay MD e da Andrea Sturchio MD, in collaborazione con il Karolinska Institute in Svezia, hanno pubblicato la ricerca il 4 ottobre sul Journal of Alzheimer's Disease.
Mettere in discussione l'ipotesi dominante
La ricerca è focalizzata su una proteina chiamata amiloide-beta (Aβ). La proteina normalmente svolge le sue funzioni nel cervello in una forma solubile, cioè dissolubile nell'acqua, ma a volte si indurisce in ciuffi, noti come placche amiloidi.
La conoscenza convenzionale da oltre 100 anni nel campo della ricerca di MA ha dichiarato che è causato dall'accumulo di placche amiloidi nel cervello. Ma Espay e i suoi colleghi hanno ipotizzato che le placche siano semplicemente una conseguenza del calo dei livelli di Aβ solubile nel cervello. Questi livelli diminuiscono perché la proteina normale, in situazioni di stress biologico, metabolico o infettivo, si trasforma nelle placche amiloidi anormali.
Espay, professore di neurologia dell'UC, direttore e docente del Centro Parkinson e Disturbi del Movimento al Neuroscience Institute e medico alla UC Health, ha affermato:
"Il paradosso è che così tanti di noi accumulano placche nel cervello mentre invecchiano, eppure così pochi di noi con le placche sviluppano poi la demenza. Eppure le placche rimangono al centro della nostra attenzione in relazione allo sviluppo di biomarcatori e alle strategie terapeutiche".
Sturchio ha osservato che molti studi di ricerca e studi clinici nel corso degli anni hanno mirato a ridurre le placche amiloidi nel cervello e alcuni hanno ridotto le placche. Ma fino all'annuncio del 27 settembre scorso di uno studio positivo da parte di Biogen ed Eisai (farmaco lecanemab), nessun farmaco ha rallentato la progressione del MA. Al contrario, a sostegno della loro ipotesi, i ricercatori sottolineano che in alcuni studi clinici che hanno ridotto i livelli di Aβ solubile, i pazienti hanno mostrato un peggioramento degli esiti clinici.
"Penso che questa sia probabilmente la prova migliore che ridurre il livello della forma solubile della proteina può essere tossico", ha affermato Sturchio, primo autore dello studio e istruttore aggiunto di ricerca alla UC. "Al termine, i pazienti sono peggiorati".
Risultati della ricerca
Ricerche precedenti del team avevano scoperto che, indipendentemente dall'accumulo di placche nel cervello, le persone con livelli alti di Aβ solubile erano cognitivamente normali, mentre quelli con livelli bassi della proteina avevano maggiori probabilità di avere un danno cognitivo. Nello studio attuale, il team ha analizzato i livelli di Aβ in un sottoinsieme di mutazioni che prevedono una sovra-espressione di placche amiloidi nel cervello, che si ritiene renda più probabile sviluppare il MA.
"Una delle conferme più forti dell'ipotesi della tossicità amiloide si basava su queste mutazioni", ha detto Sturchio. "Abbiamo studiato quella popolazione perché offre i dati più importanti".
Anche in questo gruppo di pazienti ritenuti con il rischio più alto di MA, i ricercatori hanno trovato risultati simili a quelli dello studio sulla popolazione generale.
"Ciò che abbiamo scoperto è che gli individui che già hanno placche nel cervello, che sono in grado di generare alti livelli di Aβ solubile, hanno un rischio inferiore di passare alla demenza in un arco di tre anni", ha affermato Espay.
La ricerca ha scoperto che, con un livello iniziale di Aβ solubile nel cervello superiore a 270 picogrammi per millilitro, le persone possono rimanere cognitivamente normali indipendentemente dalla quantità di placche nel cervello.
"È molto logico, se ti stacchi dai pregiudizi che abbiamo creato da fin troppo tempo, che un processo neurodegenerativo sia causato da qualcosa che perdiamo, l'Aβ, piuttosto che da qualcosa che guadagniamo, le placche amiloidi", ha detto Espay. "La degenerazione è un processo di perdita e ciò che perdiamo risulta molto più importante".
Prossimi passi
Sturchio ha affermato che la ricerca sta andando avanti per studiare se l'aumento dei livelli di Aβ solubile nel cervello è una terapia benefica per i pazienti con MA. Espay ha affermato che sarà importante garantire che i livelli elevati della proteina introdotti nel cervello non si trasformino in placche amiloidi, poiché la versione solubile della proteina è necessaria perché la funzione normale abbia un impatto nel cervello.
Su una scala più larga, i ricercatori ritengono che un'ipotesi simile sulla causa della neurodegenerazione può essere applicata ad altre malattie, come il Parkinson e la Creutzfeldt-Jakob, con la ricerca in atto anche in queste aree. Ad esempio, nel Parkinson, una proteina normale solubile nel cervello, chiamata alfa-sinucleina, può indurirsi in un deposito chiamato corpo di Lewy. I ricercatori di questo studio ipotizzano che il Parkinson non sia causato dai corpi di Lewy che si aggregano nel cervello, ma piuttosto da una diminuzione dei livelli di alfa-sinucleina normale e solubile.
"Stiamo sostenendo che ciò che può essere più significativo in tutte le malattie degenerative è la perdita di proteine normali piuttosto che la frazione misurabile delle proteine anormali", ha affermato Espay. "L'effetto netto è una perdita, non un guadagno di proteine, poiché il cervello continua a ridursi man mano che queste malattie progrediscono".
Espay ha affermato di immaginare un futuro con due approcci al trattamento delle malattie neurodegenerative: medicina di recupero e medicina di precisione. La medicina di recupero sembra il lavoro attuale, studiare se potenziare i livelli delle proteine chiave come l'Aβ porta a risultati migliori.
"È interessante notare che il lecanemab, il farmaco anti-amiloide recentemente riferito come benefico, fa qualcosa che la maggior parte degli altri trattamenti anti-amiloidi non fa, oltre a ridurre l'amiloide: aumenta i livelli dell'Aβ solubile", ha detto Espay.
In alternativa, la medicina di precisione implica andare più in profondità per capire cosa sta causando la diminuzione dei livelli di Aβ solubile in primo luogo, che si tratti di un virus, una tossina, una nanoparticella o un processo biologico o genetico. Se si affronta la causa principale, i livelli della proteina non dovrebbero essere potenziati perché non vi sarebbe alcuna trasformazione da proteine solubili / normali a placche amiloidi.
Espay ha affermato che la medicina di precisione considera che non ci sono due pazienti simili, fornendo trattamenti più personalizzati. I ricercatori stanno facendo progressi nella medicina di precisione attraverso il programma di biomarcatori della coorte Cincinnati, un progetto che mira a dividere le malattie neurodegenerative in sottotipi biologici per abbinare le terapie basate su biomarcatori a chi ha maggiori probabilità di trarre benefici.
"Il programma Cincinnati Cohort Biomarker si propone di implementare il primo successo nella medicina di precisione in questo decennio", ha affermato Espay. "Riconoscendo i sottotipi biologici, infettivi e tossici di Parkinson e MA, avremo trattamenti specifici che possono rallentare la progressione nelle persone colpite".
Fonte: Tim Tedeschi in University of Cincinnati (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: A Sturchio, ...[+13], AJ Espay. High Soluble Amyloid-β42 Predicts Normal Cognition in Amyloid-Positive Individuals with Alzheimer’s Disease-Causing Mutations. Journal of Alzheimer's Disease, 2022, DOI
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