Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Neuroni vecchi bloccano la nascita di nuovi neuroni nei topi

La distruzione delle cellule senescenti nella nicchia di cellule staminali che invecchiano migliora la neurogenesi ippocampale e le funzioni cognitive nei topi, secondo uno studio pubblicato il 20 gennaio sulla rivista Stem Cell Reports.


"I nostri risultati forniscono ulteriore supporto alla nozione che l'eccessiva senescenza è un fattore trainante dell'invecchiamento, e la riduzione anche in età avanzata di queste cellule può ringiovanire e ripristinare le funzioni della nicchia di cellule staminali", dice l'autore senior David Kaplan dell'Hospital for Sick Children (SickKids) di Toronto, in Canada. "Inoltre, [i risultati] identificano le cellule staminali come bersaglio cellulare cruciale, spiegando potenzialmente gli effetti diffusi delle cellule senescenti sul declino dei tessuti".


Le cellule senescenti, che sono bloccate in permanenza dallo stress cronico, sono in parte responsabili del declino dei tessuti durante l'invecchiamento. Diversi studi indicano che le cellule senescenti hanno anche un ruolo negativo nelle patologie neurodegenerative legate all'età. Ma i meccanismi cellulari responsabili del degrado dei tessuti durante l'invecchiamento non sono ancora del tutto chiari.


Alcune ricerche hanno indicato le cellule staminali come bersagli per l'invecchiamento e per il declino funzionale associato alla senescenza. Il cervello dei mammiferi adulti contiene cellule staminali che generano continuamente nuovi neuroni importanti per la cognizione. La generazione di nuovi neuroni nell'ippocampo diminuisce rapidamente con l'età, e questo declino è associato ad una ridotta attività delle cellule staminali. Ciò punta alla possibilità che l'accumulo di cellule senescenti dipendente dall'età possa deregolamentare le cellule staminali neurali e quindi impattare negativamente sulla funzione del cervello.


"Le cellule staminali durano tutta la vita e, come noi, sono sottoposte alle devastazioni dell'invecchiamento, degli stress ambientali, e del deterioramento del macchinario che consente loro di funzionare in modo ottimale"
, spiega Kaplan. "Per sopravvivere, molte cellule staminali tornano a uno stato dormiente, non rispondente e inattivo. Il nostro obiettivo era risvegliare queste cellule dormienti e, in tal modo, consentire loro di svolgere le loro funzioni biologiche che facilitano l'apprendimento, la memoria e la riparazione del cervello".


Nel nuovo studio, Kaplan ha collaborato con Freda Miller e Paul Frankland dello SickKids per testare l'idea che l'aumento della senescenza all'interno della nicchia di cellule staminali neurali impatta negativamente sulla neurogenesi adulta, concentrandosi sul cervello di topi di mezza età. Hanno osservato che il calo della neurogenesi adulta coincideva con un accumulo dipendente dall'età di cellule senescenti, in gran parte cellule staminali senescenti, all'interno della nicchia di cellule staminali nell'ippocampo.


L'ablazione farmacologica delle cellule senescenti tramite un farmaco chiamato ABT-263 ha indotto un rapido aumento della proliferazione normale delle cellule staminali e della neurogenesi, e l'ablazione genetica delle cellule senescenti ha attivato in modo simile le cellule staminali ippocampali.


Questa scoppio di neurogenesi ha avuto effetti a lungo termine nei topi di mezza età. Un mese dopo il trattamento con ABT-263, erano aumentati i neuroni nati adulti dell'ippocampo e si è rafforzatala la memoria spaziale dipendente dall'ippocampo.


"La sorpresa per noi è che una sola iniezione del farmaco è stata sufficiente a mobilitare le normali cellule staminali nell'ippocampo, e lo ha fatto dopo soli 5 giorni", spiega Kaplan. "Le cellule staminali appena risvegliate hanno continuato a funzionare bene per i successivi 30 giorni".


Questi risultati supportano l'idea che l'accumulo dipendente da invecchiamento delle cellule senescenti, comprese le cellule staminali senescenti nella nicchia dell'ippocampo, influisce negativamente sulla normale funzione delle cellule staminali e sulla neurogenesi adulta, contribuendo ad un declino da invecchiamento della cognizione ippocampo-dipendente.


Inoltre, i risultati forniscono una spiegazione potenziale dei cali legati all'età osservati in precedenza delle cellule staminali ippocampali e della neurogenesi. Una grande percentuale di cellule staminali diventa senescente, rendendole inutilizzabili per generare nuovi neuroni, e queste cellule staminali senescenti probabilmente influiscono negativamente sulla neurogenesi delle loro vicine non senescenti.


"Quando miglioriamo il vicinato, liberandolo dalle cellule deleterie nella nicchia di cellule staminali, cominciamo a mobilitare e risvegliare le cellule staminali dormienti, consentendo loro di generare nuovi neuroni per l'apprendimento spaziale e la memoria", spiega Kaplan. "Pensiamo che sia stata la rimozione delle cellule staminali senescenti ad aver indotto il miglioramento della funzione delle cellule staminali normali non-senescenti nella nicchia".


Anche se i risultati implicano la senescenza delle cellule staminali nel declino legato all'età, le cellule staminali non sono chiaramente gli unici substrati cellulari importanti della senescenza nel sistema nervoso. Un ruolo potenziale nella senescenza cellulare nel cervello è stato studiato più ampiamente nel contesto delle malattie neurodegenerative.


In particolare, microglia, astrociti, oligodendrociti e cellule progenitrici senescenti si accumulano nel cervello umano invecchiato e con una degenerazione, e la bonifica di queste cellule senescenti nei topi modello può migliorare alcune delle conseguenze negative della neurodegenerazione e dell'obesità. Ma questi studi si sono focalizzati su microglia e cellule gliali senescenti in condizioni neuropatologiche anziché nel normale invecchiamento.


"Inoltre, la maggior parte degli studi sul risveglio delle cellule staminali dormienti si è concentrata sulla mobilitazione delle cellule stesse"
, dice Kaplan. "Una questione chiave quando invecchiamo, tuttavia, è se è qualcosa di intrinseco nelle cellule staminali a indurle a diventare dormienti o se è l'ambiente in cui risiedono che suscita questo stato dormiente. Sappiamo bene che la nicchia di cellule staminali, o il suo vicinato, si deteriorano con l'età. Risvegliare le cellule staminali dormienti in sé può non essere utile se, quando lo fanno, il loro vicinato non permette loro di funzionare in modo ottimale".


Secondo gli autori, una limitazione dello studio è stato l'uso di topi di mezza età e non di topi anziani che potrebbero avere più rilevanza per potenziali strategie terapeutiche per la perdita di capacità cognitive negli anziani. Ciò nonostante, i risultati possono avere implicazioni per il trattamento di condizioni legate all'età.


"Una domanda che rimane è se la riduzione del numero di cellule staminali senescenti da sola può migliorare le funzioni normali delle cellule staminali e la cognizione o se è anche importante rimuovere altri tipi di cellule senescenti", dice Kaplan. "Anche se le nostre condizioni sono più specifiche per la rimozione di cellule staminali senescenti, è probabile che i trattamenti che riducono la quantità di tutte le cellule senescenti deleterie nel cervello possano produrre risultati migliori".

 

 

 


Fonte: Cell Press via ScienceDaily (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Michael Fatt, Lina Tran, Gisella Vetere, Mekayla Storer, Jaclin Simonetta, Freda Miller, Paul Frankland, David Kaplan. Restoration of hippocampal neural precursor function by ablation of senescent cells in the aging stem cell niche. Stem Cell Reports, 2022, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Flusso del fluido cerebrale può essere manipolato dalla stimolazione sensorial…

11.04.2023 | Ricerche

Ricercatori della Boston University, negli Stati Uniti, riferiscono che il flusso di liq...

Smontata teoria prevalente sull'Alzheimer: dipende dalla Tau, non dall�…

2.11.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca che altera drasticamente la teoria prevalente sull'or...

Rete nascosta di enzimi responsabile della perdita di sinapsi nell'Alzhei…

8.12.2020 | Ricerche

Un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA) eseguito da scienziati dello Scripps Researc...

La lunga strada verso la demenza inizia con piccoli 'semi' di aggreg…

20.11.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) si sviluppa nel corso di decenni. Inizia con una reazione a c...

Nuovo farmaco previene le placche amiloidi, un segno specifico di Alzheimer

8.03.2021 | Ricerche

Le placche di amiloide sono caratteristiche patologiche del morbo di Alzheimer (MA): son...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Nuova teoria sulla formazione dei ricordi nel cervello

9.03.2021 | Ricerche

Una ricerca eseguita all'Università del Kent ha portato allo sviluppo della teoria MeshC...

Cibo per pensare: come la dieta influenza il cervello per tutta la vita

7.10.2024 | Esperienze & Opinioni

Una quantità di ricerche mostra che ciò che mangiamo influenza la capacità del corpo di ...

Il ruolo sorprendente delle cellule immunitarie del cervello

21.12.2020 | Ricerche

Una parte importante del sistema immunitario del cervello, le cellule chiamate microglia...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Il Protocollo Bredesen: si può invertire la perdita di memoria dell'Alzhe…

16.06.2016 | Annunci & info

I risultati della risonanza magnetica quantitativa e i test neuropsicologici hanno dimostrato dei...

Nuovo sensore nel cervello offre risposte all'Alzheimer

12.03.2021 | Ricerche

Scienziati della Università della Virginia (UVA) hanno sviluppato uno strumento per moni...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Alzheimer, Parkinson e Huntington condividono una caratteristica cruciale

26.05.2017 | Ricerche

Uno studio eseguito alla Loyola University di Chicago ha scoperto che delle proteine ​​a...

Malato di Alzheimer: la casa di cura la paga lo Stato?

25.05.2023 | Normativa

Chi si fa carico delle spese per un malato di Alzheimer ricoverato in una casa di riposo? Scopriamo ...

Livelli di ossigeno nel sangue potrebbero spiegare perché la perdita di memori…

9.06.2021 | Ricerche

Per la prima volta al mondo, scienziati dell'Università del Sussex hanno registrato i li...

Subiamo un 'lavaggio del cervello' durante il sonno?

4.11.2019 | Ricerche

Una nuova ricerca eseguita alla Boston University suggerisce che questa sera durante il ...

Proteine grumose induriscono i capillari del cervello: nuovo fattore di rischi…

11.09.2020 | Ricerche

I depositi di una proteina chiamata 'Medin', che è presente in quasi tutti gli anziani, ...

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)