Affrontare le prime fasi dell'Alzheimer, prima che il paziente mostri segni esteriori di problemi cognitivi, a volte è una sfida per medici e ricercatori, in parte perché non utilizzano termini comuni e specifici per descrivere le fasi iniziali della malattia.
Uno studio della Mayo Clinic raccomanda l'aggiunta di categorie per identificare in modo più efficace e trattare le persone e dare ai ricercatori definizioni standard con cui lavorare. Lo studio è pubblicato nel numero di questo mese di Annals of Neurology.
I ricercatori hanno valutato le nuove linee guida per l'Alzheimer preclinico (AD) recentemente pubblicate da un gruppo di lavoro formato dal National Institute on Aging e dall'Alzheimer's Association (NIA-AA). Il lavoro del gruppo ha segnato il primo tentativo di definire i criteri per la fase preclinica di Alzheimer, che è sempre più riconosciuta come una fase latente lungo il percorso della malattia, in cui la patologia di Alzheimer e i biomarcatori della patologia diventano anormali, mentre i soggetti restano clinicamente asintomatici. Le linee guida rappresentano un significativo passo avanti perché le prove suggeriscono sempre di più che questa prima fase è il momento migliore per trattare la malattia.
I ricercatori della Mayo hanno concluso, tuttavia, che le tre fasi definite dal gruppo di lavoro non sono sufficienti a descrivere tutti i pazienti anziani cognitivamente normali. Essi raccomandano l'aggiunta di due gruppi in più.
"Le linee guida importanti sviluppate dal gruppo di lavoro NIA-AA sono una tappa fondamentale nel chiarire la progressione di questa devastante malattia e aiutare nella diagnosi precoce", dice l'autore Clifford R. Jack, Jr., MD, neurologo della Mayo Clinic e Professore Alexander Family di ricerca sull'Alzheimer. "Il nostro studio si basa su quel lavoro, raccomandando due ulteriori sotto-gruppi che meritano attenzione".
Oltre alle fasi 1, 2 e 3, identificate dal gruppo di lavoro NIA-AA, gli autori suggeriscono due ulteriori categorie:
- Stadio 0: Pazienti con biomarcatori normali e nessuna evidenza di deterioramento cognitivo. Si stima che il 43 per cento di tutte le persone anziane cognitivamente normali sarebbero classificato come stadio 0.
- Pazienti SNAP: quelli con "fisiopatologia sospetta non-AD". Tali pazienti hanno normali studi di scansioni dell'amiloide cerebrale, ma anormale biomarcatori della neurodegenerazione. Si stima che circa il 23 per cento dei pazienti anziani cognitivamente normali rientrerebbero nella categoria SNAP.
"Senza queste ulteriori categorie che consigliamo, oltre la metà di tutti i pazienti affetti da AD preclinica sarebbero 'costretti' in una categoria non descrittiva del loro stato attuale", dice il co-autore Ronald C. Petersen, MD, Ph.D., neurologo e professore Cora Kanow di ricerca sull'Alzheimer alla Mayo Clinic. "Definendo più chiaramente le fasi dell'Alzheimer preclinico e le categorie di soggetti anziani che non dovrebbero essere classificati come AD preclinici, possiamo migliorarne la diagnosi e aiutare nella gestione di questa malattia devastante".
Secondo l'Associazione Alzheimer, oltre 5,4 milioni di americani hanno la malattia, e la sua incidenza è in aumento: uno americano sviluppa la malattia ogni 69 secondi. L'Alzheimer distrugge le cellule cerebrali, causando problemi di memoria, di pensiero e comportamentali abbastanza gravi da influire sulle relazioni di lavoro, familiari e sociali. Alla fine, interessa la maggior parte delle attività di base della vita quotidiana, è incurabile e, infine, è fatale. Le statistiche dell'associazione mostrano che l'Alzheimer è la sesta causa di morte negli Stati Uniti, e la quinta causa per le persone di 65 anni.
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Fonte: Materiale della Mayo Clinic.
Riferimento: Clifford R. Jack, David S. Knopman, Stephen D. Weigand, Heather J. Wiste, Prashanthi Vemuri, Val Lowe, Kejal Kantarci, Jeffrey L. Gunter, Matthew L. Senjem, Robert J. Ivnik, Rosebud O. Roberts, Walter A. Rocca, Bradley F. Boeve, Ronald C. Petersen. An operational approach to NIA-AA criteria for preclinical Alzheimer's disease. Annals of Neurology, 2011; DOI: 10.1002/ana.22628.
Pubblicato in ScienceDaily il 10 ottobre 2011 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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