Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Pillola per la memoria? Contributi delle neuroscienze cognitive allo studio della memoria

Durante le prime settimane del nuovo anno, i buoni proponimenti sono spesso accompagnati da tentativi di apprendere nuovi comportamenti che migliorano la salute. Speriamo che le vecchie cattive abitudini scompaiano e che nuove abitudini salutari diventino automatiche.


Ma come può essere riprogrammato il nostro cervello per assicurare che una nuova abitudine salutare possa essere appresa e mantenuta?

Apprendimento hebbiano

Nel 1949, lo psicologo canadese Donald Hebb propose la teoria dell'apprendimento hebbiano per spiegare come un compito di apprendimento si trasforma in una memoria a lungo termine. In questo modo, le abitudini sane vengono automaticamente mantenute dopo la loro ripetizione continua.


L'apprendimento e la memoria sono una conseguenza di come le nostre cellule cerebrali (i neuroni) comunicano tra loro. Quando impariamo, i neuroni comunicano attraverso trasmissioni molecolari che passano attraverso le sinapsi, producendo un circuito di memoria.


Conosciuto come 'potenziamento a lungo termine' (LTP), più spesso viene ripetuto un compito di apprendimento, più continua la trasmissione, più forte diventa un circuito di memoria. È questa capacità unica dei neuroni di creare e rafforzare le connessioni sinaptiche mediante un'attivazione ripetuta che conduce all'apprendimento hebbiano.

Memoria e ippocampo

Capire il cervello richiede un'indagine attraverso approcci diversi e da varie specialità. Il campo delle neuroscienze cognitive inizialmente si è sviluppato con un piccolo numero di pionieri. I loro progetti sperimentali e osservazioni hanno portato alle fondamenta di come comprendiamo l'apprendimento e la memoria oggi.


I contributi di Donald Hebb della McGill University rimangono la forza trainante per spiegare la memoria. Sotto la sua supervisione, la neuropsicologa Brenda Milner ha studiato un paziente con memoria alterata a seguito di una lobectomia. Ulteriori studi con il neurochirurgo Wilder Penfield permisero alla Milner di espandere il suo studio della memoria e dell'apprendimento nei pazienti sottoposti a chirurgia cerebrale.


La scoperta della Milner avvenne mentre studiava un paziente che aveva subito la rimozione dell'ippocampo su entrambi i lati del cervello, determinando un'amnesia. Notò che il paziente poteva ancora apprendere nuovi compiti ma non poteva trasferirli nella memoria a lungo termine.


In questo modo, l'ippocampo è stato identificato come il sito richiesto per il trasferimento della memoria da breve termine a quella a lungo termine dove ha luogo l'apprendimento hebbiano. Nel 2014, all'età di 95 anni, la Milner ha avuto il premio norvegese Kavli in neuroscienze per la sua scoperta del 1957 sull'importanza dell'ippocampo per la memoria.


Nel 2014 è stato premiato anche il neuroscienziato John O'Keefe, il quale ha scoperto che l'ippocampo ospitava anche 'cellule di posto' per creare una mappa cognitiva che ci consente di passare da una posizione all'altra attraverso la nostra memoria. O'Keefe ha ricevuto anche il premio Nobel 2014 in medicina.


Che l'attivazione neuronale ripetuta nell'ippocampo porti effettivamente alla memoria è stato scoperto dal neuroscienziato Tim Bliss; per questa ricerca, Bliss ha ricevuto il Brain Prize della Fondazione Lundbeck nel 2016. Presi insieme, Milner, Bliss e O'Keefe hanno confermato il paradigma di Hebb e il suo famoso assioma: "i neuroni che sparano insieme, sono cablati insieme".

 

Memoria di animali non-umani

I principali progressi negli organismi non umani ci insegnano i meccanismi di memoria che possono essere applicati agli esseri umani. Eric Kandel della Columbia University è stato insignito del premio Nobel 2000 in medicina per la sua astuta scelta della lumaca di mare (Aplysia) per comprendere l'apprendimento hebbiano.


Kandel ha prodotto prove conclusive che la memoria era una conseguenza della segnalazione ripetuta a un neurone che rispondeva a un compito di apprendimento che avrebbe innescato la produzione di acido ribonucleico (RNA). Il risultato finale era una nuova espressione proteica che portava un aumento delle connessioni sinaptiche.


Il successivo balzo in avanti è avvenuto alla McGill quando il biologo molecolare Nahum Sonenberg ha scoperto un meccanismo chiave che regola la formazione della memoria nell'ippocampo: il 'fattore di attivazione della sintesi proteica'. La scoperta ha rivelato che durante la formazione della memoria, è il fattore di attivazione della sintesi proteica nei neuroni dell'ippocampo che influenza la riprogrammazione necessaria per generare il 'cablaggio' delle nuove connessioni sinaptiche.

 

Una pillola di memoria?

Il lavoro di Sonenberg ha scosso il mondo degli scienziati che lavorano su come è controllata la sintesi proteica. Uno dei più importanti nel campo, il biologo molecolare Peter Walter è stato contattato da Sonenberg. Insieme, hanno identificato un composto chimico chiamato ISRIB che influenza lo stesso fattore di attivazione della sintesi proteica la cui importanza è stata rilevata da Sonenberg.


I risultati sono stati spettacolari, con un incredibile miglioramento della memoria nei topi dopo la somministrazione di ISRIB. Walter ha ora esteso questo per includere il ripristino della memoria nei topi che si stanno riprendendo da un trauma cerebrale.


Oggi, qualsiasi progresso viene attentamente esaminato dal momento che i disturbi della memoria negli esseri umani - dai disturbi della memoria associati all'età, alla demenza, all'Alzheimer - sono a livelli vicini alla pandemia negli anziani. L'Organizzazione Mondiale della Sanità stima che 10 milioni di pazienti all'anno siano diagnosticati solo con demenza, con un numero totale globale stimato a 50 milioni.

 

 

 


Fonte: John Bergeron (professore emerito di medicina della McGill University) e Kathleen Dickson.

Pubblicato su The Conversation (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Microglia: ‘cellule immunitarie’ che proteggono il cervello dalle malattie, ma…

28.05.2020 | Esperienze & Opinioni

Sappiamo che il sistema immunitario del corpo è importante per tenere tutto sotto controllo e per...

Gli interventi non farmacologici per l'Alzheimer sono sia efficaci che co…

19.04.2023 | Ricerche

Un team guidato da ricercatori della Brown University ha usato una simulazione al computer per di...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

Stimolazione dell'onda cerebrale può migliorare i sintomi di Alzheimer

15.03.2019 | Ricerche

Esponendo i topi a una combinazione unica di luce e suono, i neuroscienziati del Massach...

Nuova terapia che distrugge i grovigli di tau si dimostra promettente

30.09.2024 | Ricerche

Degli scienziati hanno sviluppato potenziali terapie che rimuovono selettivamente le proteine ​​t...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Scoperto perché l'APOE4 favorisce l'Alzheimer e come neutralizzarlo

10.04.2018 | Ricerche

Usando cellule di cervello umano, scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto la ...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

Con l'età cala drasticamente la capacità del cervello di eliminare le pro…

31.07.2015 | Ricerche

Il fattore di rischio più grande per l'Alzheimer è l'avanzare degli anni. Dopo i 65, il rischio r...

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

'Tau, disfunzione sinaptica e lesioni neuroassonali si associano di più c…

26.05.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) comporta il deperimento caratteristico di alcune regioni del ...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

Il caregiving non fa male alla salute come si pensava, dice uno studio

11.04.2019 | Ricerche

Per decenni, gli studi nelle riviste di ricerca e la stampa popolare hanno riferito che ...

Scoperta ulteriore 'barriera' anatomica che difende e monitora il ce…

11.01.2023 | Ricerche

Dalla complessità delle reti neurali, alle funzioni e strutture biologiche di base, il c...

Relazioni personali ricche migliorano il funzionamento del cervello

22.06.2020 | Ricerche

Come interagiscono gli individui, come si percepiscono uno con l'altro, e i pensieri e i...

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.