Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


L'uso 'domestico' del computer può ritardare l'Alzheimer?


Ricercatori della Oregon che cercavano i primi segni di demenza hanno scoperto che le persone anziane con un uso maggiore del computer avevano un cervello più grande e ricordi migliori di quelle che usavano meno il computer.


Tale constatazione iniziale deriva da uno studio di 27 persone di Portland, tra i 70 e i 98 anni di età.


Tutti avevano una certa competenza nell'uso del computer e hanno accettato che ne fosse monitorato l'uso e che fosse scansionato il loro cervello.


Nessuno aveva problemi mentali nella vita quotidiana o mostrava segni di deterioramento cognitivo nei test. "Non solo erano privi di demenza, ma non avevano neanche un decadimento cognitivo lieve", ha detto la dott.ssa Lisa Silbert, specialista di neuroimaging della Oregon Health & Science University.


La Silbert e gli altri ricercatori della OHSU hanno monitorato l'uso del computer dei partecipanti, tenendo sotto controllo la loro attività con il mouse 24 ore al giorno e sette giorni alla settimana per un mese. Dopo 2 settimane di monitoraggio, li hanno sottoposti a risonanza magnetica del cervello. La gamma di utilizzo del computer variava da 0 a quasi 189 minuti al giorno, con una media di 51 minuti.


Quando i ricercatori hanno preso i dati e li hanno confrontati con i risultati della risonanza magnetica, hanno scoperto che coloro che avevano trascorso più tempo davanti a un computer avevano l'ippocampo e il lobo temporale mediale relativamente più grandi degli altri. I ricercatori hanno aggiustato i risultati per i fattori di confondimento come l'età, il sesso e l'educazione.


L'ippocampo e il lobo temporale mediale sono responsabili della memoria. Un restringimento in queste zone è associato anche alla demenza e può essere un segno precoce dell'Alzheimer, la forma più comune di demenza. Col progredire della malattia, l'intero cervello alla fine si restringe.


Gli scienziati dell'OHSU e di altre istituzioni stanno cercando gli indicatori (biomarcatori) che identificano le persone a rischio. In questo momento non esiste una cura per l'Alzheimer, e non c'è modo di prevenire o rallentare la malattia. Qualsiasi trattamento efficace dovrà probabilmente essere iniziato precocemente, e questo è il motivo per cui gli scienziati si concentrano sull'identificazione di biomarcatori.


Sui test della memoria, gli utenti intensivi di computer se la sono cavata meglio rispetto a coloro che avevano usato meno il dispositivo e sono andati un po' meglio su un test di misurazione della funzione esecutiva, la capacità di fare multitasking [più attività contemporanee) e di organizzare.


La risonanza magnetica non ha mostrato una differenza nella dimensione relativa del lobo frontale, che è responsabile della funzione esecutiva, tra gli utenti ad uso basso o alto del computer. Questa è stata una sorpresa per i ricercatori. "Mi aspettavo che l'uso del computer si sarebbe associato a una migliore funzione esecutiva frontale, che coinvolge il multitasking e la pianificazione", ha detto la Silbert. "Non mi aspettavo che si sarebbe associato più chiaramente con la memoria".


Lo studio, anche se piccolo, conclude che un minore uso del computer indica che quella persona potrebbe sviluppare la demenza. "L'uso del computer potrebbe essere un marcatore sensibile di una persona a rischio", ha detto la Silbert.


Gli scienziati devono seguire i soggetti per anni per vedere cosa succede con la loro funzione cognitiva e come questo si rapporta all'uso del computer. Lo studio è stato anche limitato dalla dimensione piccola del campione. "In questo studio ci sono delle limitazioni", ha detto la Silbert. "Deve essere preso con cautela e deve essere riprodotto in una coorte più grande". Ma, secondo lei, il fatto che i ricercatori stiano raccogliendo i dati giorno e notte potrebbe consentire loro di arrivare a dei risultati con un gruppo più piccolo di quanto sarebbe normalmente richiesto.


La ricerca non dimostra che un maggiore uso del computer aumenta la dimensione dell'ippocampo e del lobo temporale mediale o che acuisce la memoria. "Questo studio non risponde a questa domanda", ha detto la Silbert. "Potrebbe essere vero. Solleva solo questa possibilità".


I risultati completi saranno pubblicati nel numero di Maggio del Journal of Alzheimer's Disease.

 

 

 


Fonte: Lynne Terry in Oregon Live (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Lisa C. Silbert, Hiroko H. Dodge, David Lahna, Nutta-on Promjunyakul, Daniel Austin, Nora Mattek, Deniz Erten-Lyons, Jeffrey A. Kaye. Less Daily Computer Use is Related to Smaller Hippocampal Volumes in Cognitively Intact Elderly. Journal of Alzheimer's Disease, vol. Preprint, pp. 1-5, 2016. DOI: 10.3233/JAD-160079

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Infezione cerebrale da funghi produce cambiamenti simili all'Alzheimer

26.10.2023 | Ricerche

Ricerche precedenti hanno implicato i funghi in condizioni neurodegenerative croniche co...

Smontata teoria prevalente sull'Alzheimer: dipende dalla Tau, non dall�…

2.11.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca che altera drasticamente la teoria prevalente sull'or...

Come dormiamo oggi può prevedere quando inizia l'Alzheimer

8.09.2020 | Ricerche

Cosa faresti se sapessi quanto tempo hai prima che insorga il morbo di Alzheimer (MA)? N...

Alzheimer, Parkinson e Huntington condividono una caratteristica cruciale

26.05.2017 | Ricerche

Uno studio eseguito alla Loyola University di Chicago ha scoperto che delle proteine ​​a...

Scoperta ulteriore 'barriera' anatomica che difende e monitora il ce…

11.01.2023 | Ricerche

Dalla complessità delle reti neurali, alle funzioni e strutture biologiche di base, il c...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Riprogrammare «cellule di supporto» in neuroni per riparare il cervello adulto…

21.11.2014 | Ricerche

La porzione del cervello adulto responsabile del pensiero complesso, la corteccia cerebrale, non ...

Con l'età cala drasticamente la capacità del cervello di eliminare le pro…

31.07.2015 | Ricerche

Il fattore di rischio più grande per l'Alzheimer è l'avanzare degli anni. Dopo i 65, il rischio r...

Il sonno resetta i neuroni per i nuovi ricordi del giorno dopo

11.09.2024 | Ricerche

Tutti sanno che una buona notte di sonno ripristina l'energia di una persona; ora un nuo...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

La scoperta del punto di svolta nell'Alzheimer può migliorare i test di n…

20.05.2022 | Ricerche

 Intervista al neurologo William Seeley della Università della California di San Francisco

...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

Nessuna cura per l'Alzheimer nel corso della mia vita

26.04.2019 | Esperienze & Opinioni

La Biogen ha annunciato di recente che sta abbandonando l'aducanumab, il suo farmaco in ...

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

Chiarito il meccanismo che porta all'Alzheimer e come fermarlo

30.08.2017 | Ricerche

Nel cervello delle persone con Alzheimer ci sono depositi anomali di proteine ​​amiloide-beta e ​...

La lunga strada verso la demenza inizia con piccoli 'semi' di aggreg…

20.11.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) si sviluppa nel corso di decenni. Inizia con una reazione a c...

I ricordi perduti potrebbero essere ripristinati: speranza per l'Alzheime…

21.12.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca effettuata alla University of California di ...

Scoperta importante sull'Alzheimer: neuroni che inducono rumore 'cop…

11.06.2020 | Ricerche

I neuroni che sono responsabili di nuove esperienze interferiscono con i segnali dei neu...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)