Il marito e l'amministratore di sostegno di una donna ricoverata in una Rsa toscana si erano rivolti al tribunale, ritenendo che la paziente dovesse essere a carico del Servizio sanitario regionale, vista la necessità di prestazioni ad elevata integrazione sanitaria. La sentenza è a loro favore: saranno rimborsati
Il paziente con Alzheimer in Rsa non deve pagare la retta, quando le prestazioni fornite siano “ad elevata integrazione sanitaria”: è quanto ha stabilito il tribunale di Firenze, dando ragione al marito di una donna con Alzheimer, ricoverata presso una struttura toscana convenzionata. Secondo il Tribunale di Firenze, al quale il marito a l'amministratore di sostegno si erano rivolti, la retta è interamente a carico del servizio sanitario regionale, quando le prestazioni erogate siano, appunto, ad elevata integrazione sanitaria.
Nel corso del giudizio era stato nominato un consulente tecnico, il quale ha accertato che la paziente necessita di questa tipologia di prestazioni, erogate dalla Rsa e dai suoi sanitari. Il Tribunale, con sentenza del 15 febbraio 2023, ha dichiarato che nulla era ed è dovuto dalla paziente e da suo marito per il suo ricovero presso la Rsa toscana, visto che la retta, passata e futura, è a carico del Servizio Sanitario Regionale. Il tribunale ha quindi condannato l’Azienda Usl Toscana Centro e l’Rsa, per quanto di rispettiva competenza, alla restituzione di 86.016,28 euro a favore del marito della paziente e al pagamento in via solidale delle spese legali.
Secondo Giovanni Franchi, il legale di Konsumer che ha seguito la causa, è questa una sentenza importantissima, che si è uniformata alla costante giurisprudenza in materia: nulla può essere chiesto a coniugi, figli o nipoti di persone con demenza e Alzheimer, ricoverate presso Rsa. E se le spese sono spontaneamente pagate da soggetti non obbligati, le stesse sono a carico del Servizio sanitario e vanno rimborsate.
Fonte: Chiara Ludovisi in Redattore Sociale
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