Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Scoperti geni legati alla sovraproduzione di proteina tau nella demenza

neuron tau microtubule

Un team di ricerca guidato da ricercatori della University of California di Los Angeles ha identificato i processi genetici coinvolti nella neurodegenerazione della demenza, un passo importante sulla strada dello sviluppo di terapie che potrebbero rallentare o arrestare il decorso della malattia. I risultati sono apparsi ieri sulla rivista Nature Medicine.


I ricercatori hanno scoperto due gruppi principali di geni coinvolti in mutazioni che si traducono in una sovrapproduzione della proteina tau, un segno distintivo della perdita progressiva di neuroni osservata nelle principali forme di demenza. Lo studio è stato condotto in gran parte su topi modello di demenza, anche se i ricercatori hanno eseguito ulteriori esperimenti che hanno indicato che lo stesso processo genetico si verifica nel cervello umano.


Armato di quella conoscenza, il team ha cercato in un ampio database di effetti genetici dei farmaci sperimentali per identificare quelli che potrebbero alterare questa perdita di neuroni, o neurodegenerazione. Nelle colture di cellule umane, i ricercatori hanno dimostrato che l'uso di queste molecole interferiva con la neurodegenerazione.


"Il nostro studio è il più completo sforzo pubblicato fino ad oggi per identificare la fonte di neurodegenerazione in specie diverse e fornisce un'importante tabella di marcia per lo sviluppo di nuovi farmaci potenzialmente efficaci per l'Alzheimer e altre forme di demenza", ha affermato il dott. Daniel Geschwind, autore senior dello studio, professore di neurologia, psichiatria e scienze bio-comportamentali, nonché cattedra di genetica umana all'UCLA.


Più di 5 milioni di persone negli Stati Uniti hanno il morbo di Alzheimer (MA) o una demenza correlata; quel numero è destinato quasi a triplicarsi entro il 2060, secondo i Centers for Disease Control and Prevention. Non esiste attualmente alcun trattamento che possa alterare il decorso della demenza associata alla neurodegenerazione. Sebbene gli scienziati abbiano identificato i geni associati al rischio di demenza, non si capisce come questi geni contribuiscono alla cascata di eventi che portano alla morte delle cellule cerebrali.


Il team di ricerca ha cercato di risolvere questo enigma attraverso un approccio chiamato 'biologia dei sistemi', che applica potenti strumenti genomici e analitici allo studio olistico del genoma, tenendo conto delle complesse interazioni tra le migliaia di geni e le cellule e proteine ​​che producono. I ricercatori hanno usato la biologia dei sistemi per identificare i processi genetici in una mutazione che si traduce nella sovrapproduzione di tau nella demenza frontotemporale, una forma di demenza ad esordio precoce.


È stato dimostrato anche che un processo simile ha un ruolo importante nel MA e in un'altra forma di demenza chiamata 'paralisi sopranucleare', che influisce sia sul movimento che sulla cognizione.


Il team di Geschwind ha ipotizzato che un motivo per cui la ricerca con topi modello di demenza spesso non riesce a produrre risultati traducibili per gli esseri umani è che la maggior parte degli studi sui topi si basa su un unico ceppo innato. Per aumentare la probabilità che i loro risultati avessero implicazioni più ampie, i ricercatori hanno studiato la mutazione causata dalla demenza frontotemporale in tre ceppi geneticamente distinti di topi. Il team ha esaminato l'attività genetica che avviene in diverse parti e momenti in un cervello in degenerazione.


Nello studio sono stati trovati due gruppi di geni associati alla neurodegenerazione in tutti e tre i topi modello e nelle regioni sensibili del cervello.


"C'è ancora molto lavoro da fare per sviluppare farmaci che possano essere usati efficacemente nell'uomo contro questi obiettivi, ma questo è un passo incoraggiante", ha affermato Geschwind, che è anche condirettore del Centro Genetica Neurocomportamentale dell'UCLA, e vice decano associato e vice-cancelliere associato di medicina di precisione alla UCLA Health.

 

 

 


Fonte: University of California - Los Angeles (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Vivek Swarup, Flora I. Hinz, Jessica E. Rexach, Ken-ichi Noguchi, Hiroyoshi Toyoshiba, Akira Oda, Keisuke Hirai, Arjun Sarkar, Nicholas T. Seyfried, Chialin Cheng, Stephen J. Haggarty, Murray Grossman, Vivianna M. Van Deerlin, John Q. Trojanowski, James J. Lah, Allan I. Levey, Shinichi Kondou, Daniel H. Geschwind. Identification of evolutionarily conserved gene networks mediating neurodegenerative dementia. Nature Medicine, 3 Dec 2018; DOI: 10.1038/s41591-018-0223-3

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Con l'età cala drasticamente la capacità del cervello di eliminare le pro…

31.07.2015 | Ricerche

Il fattore di rischio più grande per l'Alzheimer è l'avanzare degli anni. Dopo i 65, il rischio r...

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Chiarito il meccanismo che porta all'Alzheimer e come fermarlo

30.08.2017 | Ricerche

Nel cervello delle persone con Alzheimer ci sono depositi anomali di proteine ​​amiloide-beta e ​...

Scoperto perché l'APOE4 favorisce l'Alzheimer e come neutralizzarlo

10.04.2018 | Ricerche

Usando cellule di cervello umano, scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto la ...

Districare la tau: ricercatori trovano 'obiettivo maneggiabile' per …

30.01.2019 | Ricerche

L'accumulo di placche di amiloide beta (Aβ) e grovigli di una proteina chiamata tau nel ...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Orienteering: un modo per addestrare il cervello e contrastare il declino cogn…

27.01.2023 | Ricerche

Lo sport dell'orienteering (orientamento), che attinge dall'atletica, dalle capacità di ...

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

Alzheimer e le sue proteine: bisogna essere in due per ballare il tango

21.04.2016 | Ricerche

Per anni, i neuroscienziati si sono chiesti come fanno le due proteine ​​anomale amiloid...

Nessuna cura per l'Alzheimer nel corso della mia vita

26.04.2019 | Esperienze & Opinioni

La Biogen ha annunciato di recente che sta abbandonando l'aducanumab, il suo farmaco in ...

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

28.10.2021 | Ricerche

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio plu...

L'esercizio fisico dà benefici cognitivi ai pazienti di Alzheimer

29.06.2015 | Ricerche

Nel primo studio di questo tipo mai effettuato, dei ricercatori danesi hanno dimostrato che l'ese...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Svolta per l'Alzheimer? Confermato collegamento genetico con i disturbi i…

26.07.2022 | Ricerche

Uno studio eseguito in Australia alla Edith Cowan University (ECU) ha confermato il legame tra Alzhe...

Cibo per pensare: come la dieta influenza il cervello per tutta la vita

7.10.2024 | Esperienze & Opinioni

Una quantità di ricerche mostra che ciò che mangiamo influenza la capacità del corpo di ...

Scoperto il punto esatto del cervello dove nasce l'Alzheimer: non è l…

17.02.2016 | Ricerche

Una regione cruciale ma vulnerabile del cervello sembra essere il primo posto colpito da...

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

Il ciclo dell'urea astrocitica nel cervello controlla la lesione della me…

30.06.2022 | Ricerche

Nuove scoperte rivelano che il ciclo dell'urea negli astrociti lega l'accumulo di amiloide-beta e la...

Scoperto nuovo colpevole del declino cognitivo nell'Alzheimer

7.02.2019 | Ricerche

È noto da tempo che i pazienti con morbo di Alzheimer (MA) hanno anomalie nella vasta re...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.