Nonostante l'attenzione data per 25 anni, come presunta origine del morbo di Alzheimer (MA), all'accumulo della proteina amiloide-beta nel tessuto cerebrale, un nuovo studio sostiene che è probabilmente scatenato dal fallimento di un sistema che elimina i rifiuti dal cervello, e in realtà inizia decenni prima che i ricordi svaniscano.
Sulla base dei risultati pubblicati online il 7 febbraio sulla rivista PLOS ONE, i ricercatori della New York University dimostrano che è del tutto incompleta l'attuale comprensione biologica del MA. Le nuove prove suggeriscono che gli strumenti diagnostici standard non riescono a cogliere il rischio futuro della malattia in molti pazienti sotto i 70 anni.
Nella definizione comune del MA, un tipo di amiloide-beta (Aβ42) inizia a formare ammassi tra le cellule nervose, ferendole. Il peggioramento delle lesioni è quindi contrassegnato dal rilascio e dall'accumulo tossico di una seconda proteina chiamata tau. I cambiamenti dei livelli di Aβ42 e di tau, insieme, rappresentano la misura standard internazionale del rischio di una persona del futuro declino cognitivo.
Il nuovo studio ha scoperto che l'accumulo nel cervello di amiloide-beta non può essere l'unico fattore scatenante dei successivi danni ai nervi perché molte persone relativamente più giovani che sviluppano la malattia in seguito non mostrano segni di accumulo.
"Una volta che si smette di assumere che il punto di partenza del MA è segnato dall'accumulo di Aβ42 nelle cellule cerebrali, emerge un quadro diverso", dice l'autore Mony de Leon EdD, professore del Dipartimento di Psichiatria e direttore del Centre for Brain Health, della NYU. "Riconoscendo una fase precedente della malattia, potremmo iniziare a trattarla prima e in modi specifici basati su una migliore comprensione della biologia della malattia".
Per molti anni, i neuroscienziati hanno cercato di predire il rischio di MA attraverso i livelli di proteine nel liquido cerebrospinale (CSF), che riempiono gli spazi attorno al tessuto cerebrale e che possono essere campionati mediante puntura lombare con un prelievo spinale. Nel 1999, ogni due anni, il Dr. de Leon e colleghi hanno raccolto dati clinici e livelli proteici nel CSF di soggetti normali sani. Combinando questo database con altri due, lo studio attuale è il più grande fatto fino ad oggi nel suo genere, comprendendo circa 700 pazienti.
Nello specifico, lo studio ha rilevato che il miglior predittore del futuro rischio di MA non sono, come attualmente si pensa, i livelli minori di Aβ42 del CSF con tau elevata. Anche i livelli elevati di Aβ42 nel CSF hanno dimostrato di conferire un rischio futuro.
Includendo nei modelli di previsione del rischio i pazienti con Aβ42 in aumento o in diminuzione nel CSF, insieme alla tau in costante aumento, il team ha aumentato di circa il 20% l'accuratezza della previsione del rischio futuro rispetto ai modelli attuali, che considerano solo i livelli in calo. La migliore accuratezza era ancora più pronunciata in chi aveva meno di 70 anni, dice il dottor de Leon.
In termini matematici, la relazione tra Aβ42 e tau è descritta meglio da un'equazione quadratica piuttosto che da quella lineare corrente, che tenta di far "piegare" una curva su una linea retta.
I risultati si aggiungono alle evidenze che un aumento della tau nel CSF nel corso della vita può essere la caratteristica più rilevante e precoce del MA rispetto a una diminuzione dell'Aβ42 nel CSF, presa come prova di accumulo nelle cellule cerebrali, dicono i ricercatori.
Anche se il meccanismo attuale alla base del MA e la traiettoria dei livelli di Aβ42 e tau rimane oscuro, affermano gli autori, i risultati forniscono prove a supporto della "teoria della clearance / eliminazione": essa postula che il pompaggio del cuore, insieme alla costrizione dei vasi sanguigni, spinge il liquido cerebrospinale attraverso gli spazi tra le cellule cerebrali, spingendo proteine potenzialmente tossiche nel sangue; i cambiamenti cardiovascolari a medio-termine che causano insufficienza cardiaca e ipertensione possono ridurre il flusso di liquido cerebrospinale necessario per eliminare la tau e forse altre proteine causa della malattia ancora da identificare.
A parte l'Aβ42, che è pronto a depositarsi nel cervello, il team ha scoperto che i livelli nel CSF di altre due forme comuni di amiloide-beta (Aβ38 e Aβ40, che hanno meno capacità di accumularsi) aumentano in proporzione all'aumento della tau durante la normale durata della vita nell'anziano, anche dopo che l'Aβ42 inizia a diminuire nel CSF.
Questa è un'ulteriore prova del declino dell'eliminazione [delle proteine tossiche] con l'età, dicono i ricercatori. "I futuri studi sul CSF devono seguire per decenni i soggetti normali, a partire dai 40 anni, per avere uno sguardo imparziale sulla traiettoria delle proteine del CSF e sulla probabilità di sviluppare decadimento cognitivo nei decenni successivi", dice il dott. De Leon.
Fonte: New York University Langone Hospitals (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Mony J. de Leon, Elizabeth Pirraglia, Ricardo S. Osorio, Lidia Glodzik, Les Saint-Louis, Hee-Jin Kim, Juan Fortea, Silvia Fossati, Eugene Laska, Carole Siegel, Tracy Butler, Yi Li, Henry Rusinek, Henrik Zetterberg, Kaj Blennow, the Alzheimer’s Disease Neuroimaging Initiative , the National Alzheimer’s Coordinating Center. The nonlinear relationship between cerebrospinal fluid Aβ42 and tau in preclinical Alzheimer’s disease. PLOS ONE, published 7 Feb 2018 DOI 10.1371/journal.pone.0191240
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