C'è sempre più evidenza che sono molteplici le condizioni mediche che aumentano il rischio di neurodegenerazione e del successivo sviluppo della demenza da Alzheimer. Inoltre sta diventando chiaro che la maggioranza di questi fattori di rischio agisce in modo indipendente dall'amiloide e dalla tau.
Dal 2003 ogni farmaco inteso a modificare i sintomi e la malattia ha fallito il suo compito negli studi di Fase II o III a causa delle difficoltà con la sicurezza o l'efficacia, inclusi i test che sperimentano l'ipotesi dell'amiloide, gli agenti antinfiammatori e le terapie anti-tau di fase precoce.
Visto che fino ad oggi gli esperimenti di trattamenti modificanti la malattia non hanno avuto successo e sono disponibili solo farmaci che nascondono i sintomi, cosa fare adesso?
Pensando "fuori-dalla-scatola", cioè non in modo convenzionale, un neuroscienziato della Florida Atlantic University ha sviluppato il programma innovativo "Iniziativa per la prevenzione della demenza" (DPI-Dementia Prevention Initiative), che abbandona i metodi generalizzati usati per la ricerca e il trattamento dell'Alzheimer (AD).
La sua arma segreta è un innovativo progetto "N-di-1", che individualizza la medicina fino al singolo paziente. Invece di condurre un test convenzionale su 100 persone che ricevono lo stesso trattamento, ha rovesciato il paradigma, e sta conducendo 100 singoli test personalizzati sull'individuo. Il suo paziente più giovane ha 61 anni e il più vecchio 86.
"Poiché l'Alzheimer è eterogeneo in termini di fattori di rischio, età dell'insorgenza, presentazione, progressione e patologia, progettare uno studio per trattare gli individui come popolazione omogenea richiede che migliaia di pazienti siano seguiti per anni e persino per decenni. Questo approccio è molto costoso e pesante per medici e pazienti", ha affermato James E. Galvin MD/MPH, docente associato di ricerca clinica alla FAU, neuroscienziato di fama mondiale di AD e Lewis Body Dementia (LBD), e fondatore del DPI.
Il DPI è un esperimento clinico di due anni e Galvin sta sviluppando un modello di pratica migliore di cura personalizzata che guarda ad ogni individuo come unica unità di osservazione. L'idea è curare le malattie neurodegenerative come disturbi che si sviluppano per tutta la vita e individuare i modi per costruire un cervello migliore quando invecchiamo. Il fine ultimo è impedire l'insorgenza della demenza.
L'approccio di Galvin segue una forma di trattamento personalizzato simile a quello del cancro, e fornisce un piano di prevenzione individuale, adattato al profilo di rischio di ciascun paziente, in base alle sue caratteristiche genetiche, ai biomarcatori (sangue, scansioni e elettrofisiologia), la socio-demografia, le scelte di vita e le comorbidità esistenti.
Questo approccio punta in modo specifico l'eterogeneità dell'AD, individuando i fattori di rischio specifici delle persone e applicando un intervento personalizzato diretto contro questo profilo di rischio. Galvin si aspetta che questo metodo possa fornire informazioni più rapide sulla capacità dei piani di prevenzione personalizzati di migliorare gli esiti centrati sulle persone.
"Anche se sappiamo che uno stile di vita equilibrato e sano può essere la pietra angolare della prevenzione delle malattie e della salute del cervello, ogni fattore di rischio (come la vascolarità, lo stile di vita e i comportamenti psicosociali) può agire in modo indipendente e potenziare gli effetti degli altri. Pertanto, un'iniziativa di prevenzione deve essere multimodale e adattata per affrontare i rischi individuali", ha affermato Galvin.
Anche se il singolo fattore di rischio più grande per l'AD è l'età, il morbo non è inevitabile. Si stima che a 85 anni esista un rischio del 42% di AD, il che significa che il 58% degli anziani non sviluppa una demenza, anche se l'amiloide può essere presente nel loro cervello. Le ragioni sono sconosciute, ma possono essere spiegate in parte da una serie di fattori di rischio modificabili e non modificabili. Fino al 30% dei casi di AD può essere prevenibile attraverso la modifica di fattori di rischio e i cambiamenti comportamentali per mitigare l'effetto di quei fattori di rischio che non possono essere modificati.
"Sappiamo che quello che fa bene al cuore fa bene al cervello, e stiamo cambiando il profilo del sangue delle persone, stiamo controllando gli zuccheri nel sangue, riducendo l'infiammazione, abbassando la pressione sanguigna e cambiando i lipidi e il colesterolo", ha detto Galvin. "I nostri pazienti dicono di avere una salute generale migliore, uno stato d'animo migliorato e sono fisicamente più in forma di prima".
Anche se questi approcci di precisione da soli non possono prevenire l'AD, Galvin ritiene che, riducendo le comorbilità, si può dare più probabilità alle future terapie specifiche per amiloide o tau di raggiungere i loro obiettivi.
A livello nazionale, se si ritardasse di cinque anni l'inizio dell'AD e dei disturbi connessi, 25 anni dopo ci sarebbero circa 5,7 milioni di casi in meno, un risparmio familiare collettivo che può raggiungere gli 87 miliardi di dollari e un risparmio sociale vicino ai 367 miliardi di dollari.
Fonte: Gisele Galoustian in Florida Atlantic University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: James E. Galvin. Prevention of Alzheimer's Disease: Lessons Learned and Applied. Journal of the American Geriatrics Society, 2017; DOI: 10.1111/jgs.14997
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