Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Esercizio fisico in mezza età non sufficiente a evitare l'AD in vecchiaia

Uno studio guidato da ricercatori dela Johns Hopkins University, che ha monitorato i livelli di attività di 646 adulti per 30 anni, al contrario di precedenti ricerche, ha scoperto che l'esercizio in mezza età non è legato a una buona forma cognitiva negli anni più avanti.


La scoperta suggerisce che l'attività fisica può non aiutare a mantenere la funzione cognitiva, oppure a evitare o ritardare l'inizio di condizioni debilitanti come la demenza e l'Alzheimer. [...]


Lo studio, apparso online nel Journal of Alzheimer's Disease, ha scoperto che i livelli di attività fisica dei partecipanti allo studio in vecchiaia si sono associati a una migliore funzionalità cognitiva due anni dopo. Come in ricerche precedenti, ciò conferma che l'esercizio fisico può aiutare a mantenere la forma cognitiva nel breve periodo.


"Questo studio ci ricorda che l'attività fisica ha ogni tipo di vantaggio per le persone, inclusa la promozione della salute cardiovascolare, la gestione di livelli ottimali di peso e il mantenimento della massa ossea e muscolare", afferma Alden L. Gross, assistente professore nel Dipartimento di Epidemiologia della Facoltà Bloomberg di Medicina Pubblica. "Purtroppo è troppo presto per dire la stessa cosa circa l'esercizio e l'Alzheimer, soprattutto come possibile misura preventiva a lungo termine".


Non esiste alcun trattamento o cura conosciuti per l'Alzheimer o la demenza, le sindromi che comportano meno memoria, più confusione e, infine, una capacità limitata di eseguire i lavori quotidiani. Ad oggi, non esistono misure preventive, come l'esercizio fisico, i giochi mentali o un regime di dieta, che si siano dimostrati in grado di ritardare o prevenire il suo inizio.


I ricercatori hanno intrapreso lo studio a causa dell'opinione sempre più diffusa che i livelli di attività fisica aiutano a prevenire l'Alzheimer; tuttavia molte delle prove di questo pensiero sono basate su studi trasversali che confrontano le risposte di un gruppo di partecipanti con un altro in un determinato momento o per una durata molto breve, di solito alcuni anni. Questi studi possono essere utili per confermare associazioni o collegamenti, ma non per stabilire lo scatenante effettivo, a causa della cosiddetta «causazione inversa»: è possibile che le persone che alla fine sviluppano la demenza possono ridurre la loro attività ed esercizio fisico con il progredire della demenza. Ecco dove sono più utili gli studi longitudinali, che guardano allo stesso gruppo di partecipanti per un lungo periodo.


I ricercatori hanno usato i dati dello studio Johns Hopkins Precursors, che ha tenuto sotto osservazione gli studenti della Facoltà di Medicina dal 1948 al 1964 e li ha rintracciati, sottoponendo loro questionari annuali sulla loro salute generale. I ricercatori notano che l'omogeneità della coorte - gli studenti di una facoltà medica selezionata - implica che le differenze tra attività fisica e la successiva funzionalità cognitiva non possono essere spiegate da altre differenze tra i partecipanti.


L'età media dei partecipanti allo studio era di 46 anni nel 1978 e di 77 anni nel 2008. Ogni anno, il questionario ha chiesto del loro esercizio, attività fisica e limitazioni fisiche. I ricercatori hanno usato le risposte dal 1978 al 2008 dei 646 partecipanti (598 uomini, 48 donne) per calcolare i cosiddetti equivalenti metabolici, che quantificano i livelli di attività fisica. I partecipanti hanno anche comunicato se si esercitano regolarmente fino a sudare.


Il team ha condotto test cognitivi nel 2008 e, usando i dati medici dei partecipanti, i risultati dei test per la demenza fino al 2011. I ricercatori hanno identificato l'Alzheimer in 28 (4,5%) persone della coorte.


Nessun valore di attività fisica nella mezza età si è associato a una buona forma cognitiva in vecchiaia o all'insorgenza di demenza. Lo studio ha confermato i risultati di altri studi trasversali, che i livelli più elevati di attività fisica e di esercizio, misurati in tempi ravvicinati con i test cognitivi, si sono associati a un miglior funzionamento cognitivo. Gli autori hanno anche esaminato se i modelli di cambiamento nei livelli di attività fisica durante la vita si sono associati alla salute cognitiva e non hanno trovato alcuna relazione.


I ricercatori dicono che l'idea che l'esercizio possa avere un ruolo nel prevenire o limitare l'Alzheimer ha senso, perché l'attività fisica, almeno nei topi modello, mostra meno accumulo di placche di amiloide-beta, che si ritiene abbiano un ruolo nella demenza, compreso l'Alzheimer. Inoltre, l'attività fisica migliora il flusso sanguigno al cervello, che è legato a migliori prestazioni cognitive. Questo può spiegare perché gli studi dimostrano che l'esercizio fisico può contribuire alla buona forma cognitiva nel breve periodo.


"Questi risultati hanno implicazioni per far procedere i lavori di intervento", dice Gross. "Dobbiamo ancora concentrarci sulle cause e sui meccanismi dell'Alzheimer e della demenza, poiché non sappiamo ancora quali misure preventive potrebbero o no funzionare. Per ora, quando parlo di Alzheimer nella comunità, trovo che le persone si sentano un po' sollevate dal sapere che non c'è niente che avrebbero potuto fare per evitare che un loro caro sviluppasse l'Alzheimer. Naturalmente, l'obiettivo per i ricercatori è identificare i fattori che possono aiutare gli anziani a mantenere la loro funzione cognitiva negli ultimi anni. Sono necessari altri studi a lungo termine come lo studio Precursors".

 

 

 


Fonte: Johns Hopkins University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Alden L. Gross, Haidong Lu, Lucy Meoni, Joseph J. Gallo, Jennifer A. Schrack, A. Richey Sharrett. Physical Activity in Midlife is not Associated with Cognitive Health in Later Life Among Cognitively Normal Older Adults. Journal of Alzheimer's Disease, 2017; 59 (4): 1349 DOI: 10.3233/JAD-170290

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali colelgamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Proteine grumose induriscono i capillari del cervello: nuovo fattore di rischi…

11.09.2020 | Ricerche

I depositi di una proteina chiamata 'Medin', che è presente in quasi tutti gli anziani, ...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

Alzheimer, Parkinson e Huntington condividono una caratteristica cruciale

26.05.2017 | Ricerche

Uno studio eseguito alla Loyola University di Chicago ha scoperto che delle proteine ​​a...

Ritmi cerebrali non sincronizzati nel sonno fanno dimenticare gli anziani

18.12.2017 | Ricerche

Come l'oscillazione della racchetta da tennis durante il lancio della palla per servire un ace, l...

Un singolo trattamento genera nuovi neuroni, elimina neurodegenerazione nei to…

1.07.2020 | Ricerche

Xiang-Dong Fu PhD, non è mai stato così entusiasta di qualcosa in tutta la sua carriera...

'Ingorgo' di proteine nei neuroni legato alla neurodegenerazione

12.09.2022 | Ricerche

Un nuovo studio condotto da ricercatori dell'EPFL rivela che un complesso proteico malfunzionante pu...

Come dormiamo oggi può prevedere quando inizia l'Alzheimer

8.09.2020 | Ricerche

Cosa faresti se sapessi quanto tempo hai prima che insorga il morbo di Alzheimer (MA)? N...

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

Diagnosi di Alzheimer: prenditi del tempo per elaborarla, poi vai avanti con m…

4.12.2023 | Esperienze & Opinioni

Come posso accettare la diagnosi di Alzheimer?

Nathaniel Branden, compianto psicoterape...

Rete nascosta di enzimi responsabile della perdita di sinapsi nell'Alzhei…

8.12.2020 | Ricerche

Un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA) eseguito da scienziati dello Scripps Researc...

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

Scoperto il punto esatto del cervello dove nasce l'Alzheimer: non è l…

17.02.2016 | Ricerche

Una regione cruciale ma vulnerabile del cervello sembra essere il primo posto colpito da...

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

'Scioccante': dopo un danno, i neuroni si auto-riparano ripartendo d…

17.04.2020 | Ricerche

Quando le cellule cerebrali adulte sono ferite, ritornano ad uno stato embrionale, secon...

Dott. Perlmutter: Sì, l'Alzheimer può essere invertito!

6.12.2018 | Ricerche

Sono spesso citato affermare che non esiste un approccio farmaceutico che abbia un'effic...

Scoperto un fattore importante che contribuisce all'Alzheimer

22.08.2022 | Ricerche

Una ricerca guidata dai dott. Yuhai Zhao e Walter Lukiw della Luisiana State University ...

Flusso del fluido cerebrale può essere manipolato dalla stimolazione sensorial…

11.04.2023 | Ricerche

Ricercatori della Boston University, negli Stati Uniti, riferiscono che il flusso di liq...

Nuovo metodo di selezione farmaci spiega perché quelli di Alzheimer falliscono…

31.01.2022 | Ricerche

Analizzando i meccanismi di malattia nei neuroni umani, dei ricercatori dell'Università del...

Accumulo di proteine sulle gocce di grasso implicato nell'Alzheimer ad es…

21.02.2024 | Ricerche

In uno studio durato 5 anni, Sarah Cohen PhD, biologa cellulare della UNC e Ian Windham della Rockef...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)