La solitudine è legata alla scarsa salute fisica e mentale, ed è un fattore predittivo ancora più preciso di morte precoce rispetto all'obesità.
Per capire meglio chi è a rischio, i ricercatori della University of California di San Diego hanno condotto il primo studio di associazione sull'intero genoma per la solitudine, come tratto di tutta la vita, non come stato temporaneo.
Hanno scoperto che il rischio di sentirsi soli è dovuto in parte alla genetica, ma l'ambiente ha un ruolo più importante. Lo studio su più di 10.000 persone, pubblicato il 15 settembre su Neuropsychopharmacology, ha scoperto anche che il rischio genetico per la solitudine è associato a nevrosi e sintomi depressivi.
La ricerca è stata guidata da Abraham Palmer PhD, professore di psichiatria e vice presidente per la ricerca di base alla Facoltà di Medicina della UC San Diego. Nel loro documento, Palmer e il team spiegano che, proprio come il dolore fisico ci allerta dei danni potenziali ai tessuti e ci spinge a prenderci cura del nostro corpo fisico, la solitudine - innescata da una discrepanza tra i rapporti sociali preferiti e quelli reali di un individuo - fa parte di un sistema biologico di allarme che si è evoluto per avvisarci di minacce o danni al nostro corpo sociale.
Ma non tutti percepiscono la solitudine nello stesso modo. "Per due persone con lo stesso numero di amici stretti e familiari, uno potrebbe vedere la sua struttura sociale come adeguata, mentre l'altro no", ha detto Palmer. "Ed è quello che intendiamo per 'predisposizione genetica alla solitudine'; vogliamo sapere perché, geneticamente parlando, una persona ha più probabilità di un'altra di sentirsi sola, anche nella stessa situazione".
L'ereditabilità della solitudine è già stata esaminata in studi su gemelli e altri su bambini e adulti. Gli autori avevano stimato che dal 37 al 55 per cento della solitudine è determinato dalla genetica. Precedenti studi avevano anche cercato di individuare i geni specifici che contribuiscono alla solitudine, concentrandosi su geni legati ai neurotrasmettitori, come la dopamina e la serotonina, o su altri sistemi cellulari associati con l'attaccamento umano, come l'ossitocina. Ma, ha detto Palmer, questi studi si erano affidati a campioni di piccole dimensioni.
Nella loro ultima ricerca, Palmer e il team hanno usato un campione molto più grande, esaminando le informazioni genetiche e la salute di 10.760 over-50 raccolte dall'Health and Retirement Study, uno studio longitudinale su salute, pensionamento e invecchiamento sponsorizzato dal National Institute on Aging.
Nell'ambito di questo studio, i partecipanti hanno risposto a tre domande ben consolidate che misurano la solitudine. L'indagine in realtà non ha usato la parola "solitudine", poiché molte persone sono riluttanti a riferire di sentirsi in quel modo. Invece, le domande erano:
- Quante volte senti che ti manca compagnia?
- Quante volte ti senti trascurato?
- Quante volte ti senti isolato dagli altri?
Lo studio è rappresentativo di sesso, età e stato civile, perché le persone sposate tendono ad essere meno sole rispetto alle persone non sposate.
Ecco cosa ha trovato il team di Palmer: la solitudine, la tendenza a sentirsi soli nel corso della vita, piuttosto che solo di tanto in tanto a causa delle circostanze, è un tratto solo modestamente ereditario, è genetico dal 14 al 27 per cento, rispetto alle precedenti stime del 37/55 per cento. Questa nuova stima del contributo genetico alla solitudine potrebbe essere inferiore rispetto alle stime precedenti, perché il team di Palmer si è basato sul «chip di ereditarietà», un metodo che cattura solo le variazioni genetiche comuni e non quelle rare.
Può essere rilevante perché:
La solitudine è stata più volte identificata come fattore di rischio del declino cognitivo e della neurodegenerazione.
I ricercatori hanno anche determinato che la solitudine tende ad essere co-ereditata con la nevrosi (stato emotivo negativo di lungo termine) e una scala di sintomi depressivi. Sono più deboli le prove di legami tra solitudine ereditaria e schizofrenia, disturbo bipolare e disturbo depressivo grave. Contrariamente agli studi precedenti, i ricercatori non hanno trovato che la solitudine sia associata a variazioni di specifici geni candidati, come quelli che codificano la dopamina o l'ossitocina.
Secondo Palmer, questi risultati potrebbero differire dai risultati precedenti sulla solitudine, in parte perché il team ha esaminato esclusivamente anziani degli Stati Uniti, mentre altri gruppi di ricerca hanno esaminato i giovani adulti in Europa.
Palmer e colleghi stanno lavorando per trovare un predittore genetico, una variante genetica specifica che consenta ai ricercatori di acquisire ulteriori approfondimenti sui meccanismi molecolari che influenzano la solitudine.
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Hanno collaborato Jianjun Gao della Università di Chicago e UC San Diego, Lea K. Davis della Vanderbilt University, Amy B. Hart della Janssen R&S, Sandra Sanchez-ROIGÉ della UC San Diego e Lide Han e John T. Cacioppo della Università di Chicago. La ricerca è stata finanziata, in parte, dai National Institutes of Health.
Fonte: University of California San Diego (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Jianjun Gao, Lea K Davis, Amy B Hart, Sandra Sanchez-Roige, Lide Han, John T Cacioppo, Abraham A Palmer. Genome-Wide Association Study of Loneliness Demonstrates a Role for Common Variation. Neuropsychopharmacology, 2016; DOI: 10.1038/npp.2016.197
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