Circa 20 anni prima che appaiano i primi sintomi dell'Alzheimer si possono vedere delle alterazioni infiammatorie nel cervello, secondo un nuovo studio eseguito al Karolinska Institutet in Svezia, e pubblicato sulla rivista scientifica medica Brain.
Le conclusioni dei ricercatori, che hanno monitorato diversi cambiamenti patologici nel cervello, suggeriscono che l'attivazione degli astrociti in una fase precoce può influenzare notevolmente lo sviluppo della malattia.
L'Alzheimer è caratterizzato dall'atrofia dei neuroni cerebrali, in particolare quelli coinvolti nella memoria, ed è la forma più comune di demenza. Non sappiamo esattamente cosa induce le cellule a morire, ma molti anni prima che siano visibili i primi sintomi avvengono dei cambiamenti patologici, come la deposizione di proteine amiloidi in forma di placche amiloidi, l'accumulo di proteine tau e le alterazioni infiammatorie che alla fine degradano i punti di contatto tra i neuroni.
La questione ancora inevasa era però qual è il momento esatto dove avvengono i cambiamenti, lungo questa catena di eventi. Studiando le famiglie di persone con mutazioni note di Alzheimer e che quindi hanno un rischio molto più elevato di sviluppare la malattia, i ricercatori sono riusciti ad esaminare le modifiche che appaiono in una fase molto precoce della malattia.
Lo studio ha incluso membri di famiglie con quattro differenti mutazioni conosciute di Alzheimer e un gruppo di pazienti con la forma di Alzheimer non ereditaria, o 'sporadica'. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a test di memoria e a scansioni PET (tomografia ad emissione di positroni), che prevede l'introduzione nel cervello, tramite iniezioni nel sangue, di molecole traccianti radioattive con una breve emivita.
Per questo studio, il team ha usato le molecole traccianti PIB, Deprenyl e FDG, per studiare la quantità di placche amiloidi e le alterazioni infiammatorie sotto forma di attivazione degli astrociti (il tipo più comune di cellule gliali, o di supporto, del cervello). Hanno anche studiato la funzione neuronale nel cervello, misurando il metabolismo del glucosio (FDG). Per monitorare i cambiamenti nel corso del tempo, le scansioni PET sono state ripetute dopo tre anni per la metà degli oltre 50 partecipanti.
Si è verificato che i portatori della mutazione hanno placche amiloidi e cambiamenti infiammatori quasi vent'anni prima del debutto stimato dei problemi di memoria. Il numero di astrociti ha raggiunto un picco quando la placca amiloide ha iniziato ad accumularsi nel cervello, e la funzione neuronale, misurata dal metabolismo del glucosio, ha cominciato a declinare circa sette anni prima dell'insorgenza prevista dei sintomi della malattia. Gli individui provenienti da famiglie con Alzheimer ereditato, non portatori di alcuna mutazione, non hanno mostrato cambiamenti anomali nel cervello.
"Le alterazioni infiammatorie, sotto forma di livelli più elevati di astrociti nel cervello, sono ritenute un indicatore molto precoce dell'insorgenza della malattia", spiega il ricercatore principale Professore Agneta Nordberg del Centro Ricerca Alzheimer del Karolinska Institutet. "L'attivazione degli astrociti raggiunge il picco circa venti anni prima dei sintomi previsti e poi inizia a calare, in contrasto con l'accumulo delle placche amiloidi, che aumenta continuamente nel tempo fino all'emersione dei sintomi clinici. L'accumulo di placche amiloidi e l'aumento del numero degli astrociti quindi mostrano modelli opposti lungo la linea temporale".
Questi studi dimostrano che i processi patologici che portano alla fine all'Alzheimer cominciano molti anni prima di notare i sintomi, e che dovrebbe essere possibile fornire precocemente un trattamento profilattico o di modifica della malattia. Secondo gli autori dello studio, i risultati indicano che gli astrociti possono essere un possibile bersaglio per nuovi farmaci.
Fonte: Karolinska Institutet (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Elena Rodriguez-Vieitez, Laure Saint-Aubert, Stephen F. Carter, Ove Almkvist, Karim Farid, Michael Schöll, Konstantinos Chiotis, Steinunn Thordardottir, Caroline Graff, Anders Wall, Bengt Långström, Agneta Nordberg. Diverging longitudinal changes in astrocytosis and amyloid PET in autosomal dominant Alzheimer’s disease. Brain, 2016; awv404 DOI: 10.1093/brain/awv404
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