Il rilevamento dei primi segni dell'Alzheimer attraverso una scansione PET dell'amiloide funziona altrettanto bene del prelievo di un campione di fluido cerebrospinale precedentemente utilizzato.
Questa è la conclusione di un nuovo studio dell'Università di Lund, il più completo ed esteso effettuato nel campo finora.
Gli strumenti usati di solito per studiare i primi segni dell'Alzheimer nel settore sanitario pubblico svedese sono vari test cognitivi della memoria e la tomografia computerizzata.
Per diversi anni è stato possibile anche effettuare l'analisi di un campione di fluido cerebrospinale che aumenta le probabilità di diagnosi precoce. Finora, tuttavia, solo i pazienti nelle cliniche della memoria hanno avuto l'opportunità di fare questi test.
E' stato approvato di recente un metodo noto come PET amiloide per l'uso clinico in Svezia. Viene somministrata al paziente una sostanza speciale che si lega ad una proteina nel cervello (l'amiloide-β, un marcatore delle modifiche della malattia), e viene quindi mappata con scansioni PET.
Ci sono state a lungo opinioni divergenti su quale, tra liquido cerebrospinale e PET, sia il migliore strumento per individuare l'Alzheimer nella fase iniziale.
"Nello studio, sia il campione di liquido cerebrospinale che le scansioni PET amiloide sono riusciti ad identificare circa il 90 per cento dei pazienti che sarebbero stati diagnosticati con Alzheimer più tardi. La nostra conclusione è quindi che i due metodi funzionano altrettanto bene per raggiungere questo obiettivo. Si può così scegliere il metodo sulla base del costo, delle competenze o delle preferenze del paziente", spiega Sebastian Palmqvist MD/PhD, dell'Università di Lund.
Entrambi i metodi vanno bene anche per identificare gli individui che sono sani e senza probabilità di sviluppare l'Alzheimer entro i successivi dieci anni. Tuttavia, quando la diagnosi viene acquisita senza riferimento ad un campione liquido cerebrospinale, o alle scansioni PET amiloide, la sua accuratezza può scendere al 60-70 per cento.
Il rilevamento tardivo dell'Alzheimer è un problema non solo per l'assistenza sanitaria odierna, ma anche per lo sviluppo di trattamenti futuri.
"Le precedenti sperimentazioni di farmaci, per valutare nuovi trattamenti per la presenza di amiloide nel casi di Alzheimer, sono falliti in parte perché il trattamento inizia troppo tardi nel corso della malattia. Con due strumenti precisi per la diagnosi precoce, si possono individuare partecipanti idonei in una fase precoce della malattia. Ciò aumenta considerevolmente le probabilità di dimostrare un effetto positivo per i nuovi farmaci", conclude Oskar Hansson, professore associato e neurologo all'Università di Lund.
I dati della ricerca, originati dallo studio svedese BioFINDER, derivano dallo studio di 122 partecipanti sani anziani e 34 pazienti con lieve alterazione cognitiva che hanno sviluppato l'Alzheimer entro tre anni. Lo studio è stato poi ripetuto in un gruppo di popolazione americana di 210 individui. I nuovi risultati sono presentati nella rivista Neurology.
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Tra i finanziatori dello studio risultano il Consiglio svedese della ricerca, il Consiglio europeo della ricerca, la Regione Skåne e MultiPark dell'Università di Lund.
Fonte: Lund University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: S. Palmqvist, H. Zetterberg, N. Mattsson, P. Johansson, L. Minthon, K. Blennow, M. Olsson, O. Hansson. Detailed comparison of amyloid PET and CSF biomarkers for identifying early Alzheimer disease. Neurology, 2015; DOI: 10.1212/WNL.0000000000001991
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