Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Dentro da un orecchio, fuori dall'altro

Ricordi quel motivo musicale che hai sentito alla radio questa mattina? E le cose che la moglie ti ha chiesto di comprare al supermercato? Ci sono probabilità che la risposta sia «no».


Ricercatori della University of Iowa hanno scoperto che quando si tratta di memoria, non ricordiamo le cose che sentiamo allo stesso modo di quelle che vediamo o tocchiamo.


"Si scopre che è vero il proverbio cinese «sento e dimentico, vedo e ricordo»", dice James Bigelow, l'autore dello studio e studente laureato della UI.


"Tendiamo a pensare che le parti del nostro cervello cablate per la memoria siano integrate. Ma i nostri risultati indicano che il nostro cervello può usare percorsi separati per elaborare le informazioni. Ancora di più, il nostro studio suggerisce che il cervello può elaborare le informazioni uditive in modo diverso rispetto le informazioni visive e tattili, e possono essere necessarie strategie alternative (come l'aumento di ripetizione mentale) quando si cerca di migliorare la memoria", dice Amy Poremba, professore associato del Dipartimento di Psicologia della UI ed autore corrispondente sul documento, pubblicato questa settimana sulla rivista PLoS One.


Bigelow e la Poremba hanno scoperto che quando più di 100 studenti della UI sono stati esposti a una varietà di suoni, immagini, e cose che possono essere toccate, essi erano meno inclini a ricordare i suoni che avevano udito. In un esperimento che testava la memoria a breve termine, ai partecipanti è stato chiesto di ascoltare i toni puri che sentivano attraverso le cuffie, osservavano varie tonalità di quadrati rossi, e sentivano vibrazioni a bassa intensità impugnando una barra di alluminio. Ciascuna serie di toni, quadrati e vibrazioni è stata separata mediante ritardi temporali che andavano da uno a 32 secondi.


Sebbene la memoria degli studenti si affievolisse per tutti gli stimoli all'aumentare del ritardo, il calo è stato molto maggiore per i suoni, e iniziava fin da 4-8 secondi dopo averli uditi. Anche se questo sembra un lasso di tempo breve, è come dimenticare un numero di telefono che non è stato scritto, osserva la Poremba. "Se qualcuno ti dà un numero, e lo componi subito, di solito va bene. Ma se non si fa niente tra le due azioni, abbiamo probabilità di dimenticarlo", dice.


In un secondo esperimento, Bigelow e la Poremba hanno testato la memoria dei partecipanti con le cose che potrebbero incontrare quotidianamente. Gli studenti hanno ascoltato le registrazioni audio di cani che abbaiano, guardato video silenziosi di una partita di basket, e toccato/tenuto in mano oggetti comuni fuori dalla vista, come ad esempio una tazza di caffè. I ricercatori hanno scoperto che tra un'ora e una settimana dopo, gli studenti ricordavano meno i suoni che avevano udito, ma la loro memoria per le scene visive e gli oggetti tattili era circa la stessa.


Entrambi gli esperimenti suggeriscono che il modo in cui la nostra mente elabora e immagazzina il suono può essere diverso dal modo in cui elabora e memorizza altri tipi di ricordi. E questo potrebbe avere grandi implicazioni per gli educatori, i progettisti, gli inserzionisti [, i caregiver e gli operatori di assistenza degli anziani e dei malati di demenza].


"Come insegnanti, ci piace pensare che gli studenti ricordano tutto quello che diciamo. Ma se si vuole che qualcosa sia veramente memorabile, potrebbe essere necessario includere una esperienza visiva o tattile, in aggiunta alle informazioni uditive", dice la Poremba.


Ricerche precedenti avevano suggerito che gli esseri umani possono avere una memoria visiva superiore, e che ascoltare parole associate a suoni (piuttosto che ascoltare i suoni da soli) può aiutare la memoria. Lo studio di Bigelow e della Poremba si basa su queste constatazioni confermando che, in effetti, ci ricordiamo di meno ciò che sentiamo, indipendentemente dal fatto che i suoni siano legati alle parole.


Lo studio è il primo a dimostrare che la nostra capacità di ricordare ciò che tocchiamo è approssimativamente uguale alla nostra capacità di ricordare ciò che vediamo. La scoperta è importante, perché gli esperimenti con primati come le scimmie e gli scimpanzé hanno dimostrato che essi eccellono allo stesso modo nei compiti di memoria visiva e tattile, ma stentano nei compiti uditivi. Sulla base di queste osservazioni, gli autori ritengono che la debolezza umana a ricordare i suoni probabilmente ha le sue radici nell'evoluzione del cervello dei primati.


Lo studio è stato finanziato in parte dal «National Institute on Deafness and Other Communication Disorders» dei National Institutes of Health.

 

 

 

 

 


Fonte: Amy Mattson in University of Iowa  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:  James Bigelow, Amy Poremba. Achilles’ Ear? Inferior Human Short-Term and Recognition Memory in the Auditory Modality. PLoS ONE, 2014; 9 (2): e89914 DOI: 10.1371/journal.pone.0089914

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra:

 


 

 

Notizie da non perdere

I ricordi perduti potrebbero essere ripristinati: speranza per l'Alzheime…

21.12.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca effettuata alla University of California di ...

Lavati i denti, posticipa l'Alzheimer: legame diretto tra gengivite e mal…

4.06.2019 | Ricerche

Dei ricercatori hanno stabilito che la malattia gengivale (gengivite) ha un ruolo decisi...

Fruttosio prodotto nel cervello può essere un meccanismo che guida l'Alzh…

29.09.2020 | Ricerche

Una nuova ricerca rilasciata dalla University of Colorado propone che il morbo di Alzhei...

Studio cinese: 'Metti spezie nel tuo cibo per tenere a bada l'Alzhei…

13.01.2022 | Ricerche

Proprio come 'una mela al giorno toglie il medico di torno', sono ben noti i benefici di...

Alzheimer e le sue proteine: bisogna essere in due per ballare il tango

21.04.2016 | Ricerche

Per anni, i neuroscienziati si sono chiesti come fanno le due proteine ​​anomale amiloid...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023 | Ricerche

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

Il ciclo dell'urea astrocitica nel cervello controlla la lesione della me…

30.06.2022 | Ricerche

Nuove scoperte rivelano che il ciclo dell'urea negli astrociti lega l'accumulo di amiloide-beta e la...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Il Protocollo Bredesen: si può invertire la perdita di memoria dell'Alzhe…

16.06.2016 | Annunci & info

I risultati della risonanza magnetica quantitativa e i test neuropsicologici hanno dimostrato dei...

Goccioline liquide dense come computer cellulari: nuova teoria sulla causa del…

22.09.2022 | Ricerche

Un campo emergente è capire come gruppi di molecole si condensano insieme all'interno de...

L'Alzheimer è composto da quattro sottotipi distinti

4.05.2021 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato dall'accumulo anomale e dalla diffusione del...

Interleuchina3: la molecola di segnalazione che può prevenire l'Alzheimer…

20.07.2021 | Ricerche

Una nuova ricerca su esseri umani e topi ha identificato una particolare molecola di seg...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

Flusso del fluido cerebrale può essere manipolato dalla stimolazione sensorial…

11.04.2023 | Ricerche

Ricercatori della Boston University, negli Stati Uniti, riferiscono che il flusso di liq...

Pressione bassa potrebbe essere uno dei colpevoli della demenza

2.10.2019 | Esperienze & Opinioni

Invecchiando, le persone spesso hanno un declino della funzione cerebrale e spesso si pr...

L'Alzheimer inizia all'interno delle cellule nervose?

25.08.2021 | Ricerche

Uno studio sperimentale eseguito alla Lund University in Svezia ha rivelato che la prote...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

L'esercizio fisico dà benefici cognitivi ai pazienti di Alzheimer

29.06.2015 | Ricerche

Nel primo studio di questo tipo mai effettuato, dei ricercatori danesi hanno dimostrato che l'ese...

Laser a infrarossi distrugge le placche di amiloide nell'Alzheimer

7.08.2020 | Ricerche

L'aggregazione di proteine ​​in strutture chiamate 'placche amiloidi' è una caratteristi...

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)