"Sono uno zombie senza il mio caffè del mattino". "Il mio gruppo sanguigno è Diet Coke". "La caffeina non è un farmaco, è una vitamina".
La maggior parte delle persone fanno battute come queste sul bisogno di ricevere una spinta ogni giorno dalla loro bevanda caffeinata preferita, che sia la prima cosa al mattino o per impedire il crollo dopo-pranzo.
Ma uno studio recente, al quale ha contribuito Laura Juliano, professore di psicologiadella American University, indica che sempre più persone sono dipendenti dalla caffeina al punto da soffrire i sintomi di astinenza e da non riuscire a ridurne il consumo, anche se hanno un'altra condizione che può essere influenzata dalla caffeina, ad esempio una gravidanza, una patologia del cuore, o un disturbo della coagulazione.
Questi sintomi combinati sono una condizione chiamata «Disturbo da Uso di Caffeina». La caffeina si trova in tutto, dal caffè/tè/soda, agli antidolorifici da banco, al cioccolato, e ora a tutta una serie di alimenti e bevande etichettati con qualche variante della parola «energia». Secondo lo studio eseguito anche dalla Juliano, pubblicato lo scorso autunno sul Journal of Caffeine Research, pur essendo la caffeina la droga più usata al mondo, i professionisti della salute hanno tardato a caratterizzarne l'uso problematico e a riconoscere che alcuni casi possono richiedere un trattamento.
"Gli effetti negativi della caffeina spesso non sono riconosciuti come tali, perché è una droga socialmente accettabile e ampiamente consumata, ben integrata nelle nostre abitudini e routine", ha detto la Juliano. "E anche se molte persone possono assumere la caffeina senza danni, per alcuni essa produce effetti negativi, dipendenza fisica, interferisce con il funzionamento quotidiano, e può essere difficile rinunciarci; tutti segni di uso problematico".
I motivi per fare ulteriore ricerca
Lo studio riassume i risultati di ricerche sulla caffeina pubblicati in precedenza, per presentare le prove biologiche della dipendenza da caffeina, dati che mostrano quanto sia diffusa tale dipendenza, e i sintomi fisici e psicologici significativi sperimentati dagli utenti abituali della caffeina. La Juliano e i coautori affrontano anche i criteri diagnostici del «Disturbo da Uso di Caffeina» e delineano un piano per aiutare a dirigere la ricerca futura sulla dipendenza da caffeina.
Nel considerare la necessità di ulteriori ricerche, la comunità scientifica sta cominciando a svegliarsi e a sentire l'odore del caffè. La scorsa primavera, l'American Psychiatric Association ha ufficialmente riconosciuto il «Disturbo da Uso di Caffeina» un problema di salute che ha bisogno di ulteriori ricerche, nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi della Salute Mentale, la classificazione standard dei disturbi mentali, giunto alla quinta edizione (DSM-5) e usato dai professionisti della salute mentale negli Stati Uniti.
"C'è l'idea sbagliata tra i professionisti, e pure tra i profani, che non è difficile smettere con la caffeina. Tuttavia, negli studi sulla popolazione, oltre il 50 per cento dei consumatori abituali di caffeina riferiscono di aver avuto difficoltà a smettere o a ridurre il consumo di caffeina", ha detto la Juliano, che è consulente del gruppo di lavoro «Substance Use Disorders» del DSM-5 e ha contribuito a delineare i sintomi per l'inclusione del «Disturbo da Uso di Caffeina». "Inoltre, la ricerca genetica può aiutarci a capire meglio gli effetti della caffeina sulla salute e la gravidanza, così come le differenze individuali per il consumo e la sensitività della caffeina", ha aggiunto.
Mancanza di etichettatura
Sulla base della ricerca attuale, la Juliano ricorda che gli adulti sani dovrebbero limitare il consumo di caffeina a un massimo di 400 mg al giorno, l'equivalente di circa 2-3 tazzine da 250g di caffè. Le donne incinte dovrebbero consumarne meno di 200 mg al giorno e dovrebbero limitare la caffeina anche le persone che soffrono regolarmente di ansia o insonnia, così come quelli con pressione sanguigna alta, problemi cardiaci, o incontinenza urinaria.
Ma limitare l'assunzione di caffeina è spesso più facile a dirsi che a farsi, poichè la maggior parte delle persone non sa quanta caffeina consuma ogni giorno. "In questo momento, i produttori non sono tenuti a dichiarare nell'etichetta la quantità di caffeina e alcuni prodotti come le bevande energetiche non hanno i limiti della caffeina regolamentati", ha detto la Juliano, aggiungendo che se questo cambiasse, la gente potrebbe forse limitare meglio il consumo e, idealmente, evitare i possibili effetti negativi della caffeina.
Ma in una nazione dove una sosta da Starbucks è un rito quotidiano per molte persone, c'è davvero un mercato per smettere con la caffeina? La Juliano dice di sì. "Attraverso la nostra ricerca, abbiamo osservato che le persone che sono riuscite a smettere o a ridurre il consumo di caffeina da sole sarebbero interessate a ricevere un trattamento formale, allo stesso modo dei fumatori che intendono smettere di fumare o di usare tabacco".
Fonte: American University.
Riferimenti: Steven E. Meredith, Laura M. Juliano, John R. Hughes, Roland R. Griffiths. Caffeine Use Disorder: A Comprehensive Review and Research Agenda. Journal of Caffeine Research, 2013; 3 (3): 114 DOI: 10.1089/jcr.2013.0016
Pubblicato in eurekalert.org (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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