Gli anziani con alti livelli sierici di vitamina E hanno meno probabilità di soffrire di disturbi della memoria rispetto ai loro coetanei con livelli più bassi, secondo uno studio pubblicato di recente in Experimental Gerontology.
Secondo i ricercatori, nei processi della memoria, sembrano avere un ruolo varie forme di vitamina E. Lo studio è stato condotto in collaborazione tra l'Università di Eastern Finland, l'Istituto nazionale finlandese per la Salute e il Welfare, il Karolinska Institutet, e l'Università di Perugia.
Gli studi che indagano il legame tra vitamina E ed i disturbi della memoria sono di solito concentrati su una singola forma di vitamina E, l'α-tocoferolo, che viene usato anche negli integratori della vitamina. Tuttavia, la vitamina E esiste in otto diverse forme naturali, i tocoferoli e i tocotrienoli, e tutte hanno proprietà antiossidanti.
Questo studio pubblicato di recente comprende un campione di 140 over-65 finlandesi, senza compromissione della memoria all'inizio dello studio. Durante gli otto anni di follow-up, si è scoperto che alti livelli sierici totali di vitamina E, e livelli più elevati di γ-tocoferolo, β-tocotrienoli e tocotrienoli totali, in particolare, sembrano proteggere dai disturbi della memoria.
Secondo i ricercatori, i risultati mostrano che l'intera famiglia della vitamina E svolge un ruolo nei processi della memoria. Pertanto, misurare i livelli di vitamina E nel siero è il modo più affidabile per determinare se sono sufficientemente alti.
L'analisi faceva parte del più ampio Studio sui Fattori di Rischio Cardiovascolare, sull'Invecchiamento e la Demenza (CAIDE), che si concentra sull'associazione tra i fattori di rischio delle malattie cardiovascolari e i disturbi della memoria.
Fonte: University of Eastern Finland.
Riferimenti: Francesca Mangialasche, Alina Solomon, Ingemar Kåreholt, Babak Hooshmand, Roberta Cecchetti, Laura Fratiglioni, Hilkka Soininen, Tiina Laatikainen, Patrizia Mecocci, Miia Kivipelto. Serum levels of vitamin E forms and risk of cognitive impairment in a Finnish cohort of older adults. Experimental Gerontology, 2013; 48 (12): 1428 DOI: 10.1016/j.exger.2013.09.006
Pubblicato in uef.fi (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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