Quando siamo giovani, siamo forti e in buona salute, poi ci indeboliamo e moriamo; così la maggior parte di noi probabilmente descriverebbe l'invecchiamento.
Ma, in natura, il fenomeno dell'invecchiamento mostra una varietà di modelli inaspettata ed nell'insieme piuttosto strana, concludono dei ricercatori della University of Southern Denmark.
Non tutte le specie si indeboliscono e hanno più probabilità di morire man mano che invecchiano. Alcune specie diventano più forti e con meno probabilità di morire con l'età, mentre altre non sono colpite per niente dagli anni. Aumentare la debolezza con l'età non è una legge di natura.
Ricercatori della University of Southern Denmark hanno studiato l'invecchiamento in 46 specie molto diverse, che comprendono mammiferi, piante, funghi e alghe, e hanno scoperto con sorpresa che c'è una grande diversità nel modo in cui invecchiano i vari organismi. Alcuni diventano più deboli con l'età (ad esempio, gli esseri umani, altri mammiferi e uccelli), altri diventano più forti invecchiando (per esempio, tartarughe e alcuni alberi), e altri non diventano né più deboli né più forti (ad esempio, l'Hydra, un polipo di acqua dolce).
"Molte persone, compresi gli scienziati, tendono a pensare che l'invecchiamento è inevitabile e avviene in tutti gli organismi sulla Terra, come accade agli esseri umani: che ogni specie diventi più debole con l'età e con più probabilità di morire. Ma non è così", dice Owen Jones, biologo evolutivo e professore assistente del Max-Planck OdenseCenter della University of Southern Denmark. Egli è l'autore principale di un articolo su questo tema pubblicato dalla rivista scientifica Nature. Altri autori vengono dall'Istituto Max Planck for Demographic Research di Rostock in Germania, dall'Università di Queensland in Australia, dall'Università di Amsterdam in Olanda e altrove.
Owen Jones ed i suoi colleghi hanno studiato l'invecchiamento nelle specie che vanno dalle querce, ai nematodi, ai babbuini e dai pidocchi, alle alghe e ai leoni. In totale 11 specie di mammiferi, 12 di altri vertebrati, 10 di invertebrati, 12 di piante e un'alga. "La diversità dei modelli di mortalità e di fertilità in questi organismi ci ha sorpreso, e c'è chiaramente la necessità di ulteriori ricerche prima di riuscire a comprendere appieno le cause evolutive dell'invecchiamento e migliorare il modo di affrontare i problemi dell'invecchiamento negli esseri umani", dice Owen Jones.
Egli fa notare che, mentre c'è abbondanza di dati scientifici in materia di invecchiamento nei mammiferi e negli uccelli, ci sono solo dati sparuti e incompleti sull'invecchiamento di altri gruppi di vertebrati, e per la maggior parte degli invertebrati, delle piante, delle alghe e dei funghi.
Per diverse specie la mortalità aumenta con l'età, come previsto dagli scienziati evoluzionisti. Questo modello è presente nella maggior parte delle specie di mammiferi compreso l'uomo e le orche, ma anche negli invertebrati come le pulci d'acqua. Tuttavia, altre specie sperimentano una diminuzione della mortalità con l'età, e in alcuni casi la mortalità scende fino alla morte. Questo vale per specie come la tartaruga del deserto (Gopherus agassizii), che sperimenta la più alta mortalità in gioventù e una mortalità in costante diminuzione con l'invecchiamento. Molte specie vegetali, come ad esempio l'albero di mangrovia bianca (Avicennia marina) seguono lo stesso modello.
Esistono sorprendentemente anche specie che hanno la mortalità costante e rimangono inmmuni dal processo di invecchiamento. Questo è ciò che colpisce di più nei polipi di acqua dolce Hydra magnipapillata, che hanno una mortalità costantemente bassa. Infatti, in condizioni di laboratorio, hanno un rischio di morte così basso in ogni momento della vita che sono praticamente immortali. "L'estrapolazione dai dati di laboratorio mostra che, anche dopo 1.400 anni, il cinque per cento di una popolazione di idra, mantenuta in queste condizioni, sarebbe ancora vivo", dice Owen Jones.
Diverse specie animali e vegetali mostrano cambiamenti straordinariamente piccoli della mortalità per tutto il corso della loro vita. Ad esempio, il rododendro (Rhododendron massimo), la cinciallegra (Parus major), il granchio eremita (Pagurus longicarpus), la lucertola comune (Lacerta vivapara), la balia dal collare (Ficedula albicollis), le piante viburno (Viburnum furcatum), kombu (Laminaria digitata), abalone rosso (Haliotis rufescens), la pianta Atriplex (Atriplex acanthocarpa), la rana dalle zampe rosse (Rana aurora) e la gorgonia rossa corallo (Paramuricea clavata).
Anche quando si guardano i modelli di fertilità delle 46 specie censite, c'è una grande diversità e alcuni grandi scostamenti dalle credenze comuni sull'invecchiamento. La fertilità umana è caratterizzata dal fatto di essere concentrata in un periodo relativamente breve della vita, e dal fatto che gli esseri umani vivono per un tempo piuttosto lungo sia prima che dopo il periodo fertile.
Un modello simile di periodo fertile concentrato è presente anche in altri mammiferi come le orche, gli scimpanzé e i camosci (Rupicapra rupicapra), e anche in uccelli come gli sparvieri (Accipiter nisus). Tuttavia, ci sono anche specie che diventano sempre più fertili con l'età, e questo modello è particolarmente comune nelle piante come l'agave (Agave marmorata) e le piante rare di montagna iperico (Hypericum cumulicola) e borderea (Borderea pyrenaica). Al contrario la fertilità è presente molto presto nel verme nematode (Caenorhabditis elegans). In realtà questa specie inizia la sua vita essendo fertile, quindi perde abbastanza rapidamente e improvvisamente la capacità di produrre prole.
Per riassumere non c'è una forte correlazione tra i modelli di invecchiamento e la durata tipica della vita delle varie specie. Una specie può avere una mortalità crescente e comunque vivere a lungo, o avere una mortalità in calo e vivere per un periodo breve. "Non ha senso considerare l'invecchiamento basandosi sul numero di anni che una specie può vivere. E' più interessante definire l'invecchiamento con la forma della traiettoria di mortalità: se il tasso aumenta, diminuisce o rimane costante con l'età", dice Owen Jones.
Fonte: University of Southern Denmark, via EurekAlert!
Riferimenti: Owen R. Jones, Alexander Scheuerlein, Roberto Salguero-Gómez, Carlo Giovanni Camarda, Ralf Schaible, Brenda B. Casper, Johan P. Dahlgren, Johan Ehrlén, María B. García, Eric S. Menges, Pedro F. Quintana-Ascencio, Hal Caswell, Annette Baudisch, James W. Vaupel. Diversity of ageing across the tree of life. Nature, 2013; DOI: 10.1038/nature12789
Pubblicato da Birgitte Svennevig in eurekalert.org (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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