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Marcatori epigenetici si dimostrano promettenti per l'Alzheimer

Marcatori epigenetici si dimostrano promettenti per l'AlzheimerNuove evidenze presentate al 26° Congresso dell'ECNP, che collegano l'Alzheimer alla regolazione epigenetica [le variazioni che modificano i geni senza modificare il DNA di origine], potrebbero un giorno portare a nuovi test diagnostici precoci e anche a nuove opzioni di trattamento per la forma più comune della demenza.


Gli scienziati della Scuola di Salute Mentale e Neuroscienze dell'Università di Maastricht n Olanda, hanno eseguito studi paralleli nei topi e negli uomini per indagare il ruolo dei meccanismi epigenetici nell'invecchiamento e in AD. "Abbiamo dimostrato che l'invecchiamento nei topi è associato ad una serie di cambiamenti epigenetici nel cervello", ha spiegato il dottor van den Hove, che ha guidato la ricerca. "I nostri dati suggeriscono che, da un punto di vista epigenetico, l'AD non rappresenta semplicemente una forma accelerata di invecchiamento, fatto che mette in una prospettiva completamente nuova le conoscenze esistenti", ha aggiunto.


Nei topi, i ricercatori hanno scoperto che l'invecchiamento è associato ad un aumento del metiltransferasi 3a del DNA ippocampale, un nuovo metiltransferasi del DNA che ha dimostrato di avere un ruolo nella proliferazione e nella differenziazione cellulare. Sono stati inoltre identificati gli incrementi derivanti dall'età della 5-metilcitosina (5-mC) e della 5-idroxymetilcitosina (5-hmC), che sono marcatori della metilazione del DNA globale e della idroxymetilazione, rispettivamente.


Si é anche dimostrato che, con l'età, aumenta anche l'istone deacetilasi 2 (HDAC2), che fa parte di complessi che legano il metil-CpG ed è fondamentalmente coinvolto nella formazione della memoria e nella neurodegenerazione correlata al deterioramento cognitivo. "È interessante notare che la restrizione calorica, che è stata proposta come una strategia efficace per prevenire o attenuare i processi legati all'età nel cervello, potrebbe prevenire questi cambiamenti epigenetici nei topi che invecchiano", ha osservato il dottor van den Hove.


Il team ha anche collaborato ad una serie di studi condotti nel tessuto cerebrale post-mortem umano. Lavorando con il professor Coleman e il dottor Diego Mastroeni del Banner Sun Health Research Institute di Sun City in Arizona, i ricercatori hanno scoperto che la patologia di AD negli esseri umani è associata a modelli di metilazione e idroxymetilazione nell'ippocampo diversi da quelli visti nel normale invecchiamento. "Abbiamo scoperto un decremento di resistenza del 5-mC e del 5-hmC nell'ippocampo di pazienti di AD rispetto ai controlli attentamente abbinati. E' interessante notare che questa diminuzione si correla al carico di placca amiloide dell'ippocampo", ha spiegato il dottor van den Hove.


Per indagare se questi cambiamenti sono collegati all'elaborazione dell'amiloide aberrante, il team ha esaminato gli stessi marcatori nell'ippocampo di un modello di topo di AD. Essi hanno scoperto che metilazione e idroxymetilazione globali aumentano con l'invecchiamento nei topi normali, mentre l'insorgenza della patologia di AD nei topi di AD corrispondeva al dis-equilibrio età-correlato dei marcatori della metilazione e dell'idroxymetilazione del DNA. Inoltre, hanno osservato legami negativi tra i livelli di metilazione globale del DNA e il carico di placca amiloide.


"Poiché i processi epigenetici sono noti per essere dinamici e reversibili, le future strategie di trattamento mirate direttamente sulla regolazione epigenetica possono fornire potenti mezzi per le strategie di intervento farmacologico e/o comportamentale nelle malattie neurodegenerative come l'AD", ipotizza il dottor van den Hove. Tuttavia, le questioni di specificità e di sicurezza giustificano ulteriori ricerche prima che le terapie per l'AD basate sull'epigenetica possano essere applicabili clinicamente.


Ed i risultati possono anche portare a nuovi test diagnostici per l'AD. "Il fatto che il grado di variazione tra-individui nei profili di metilazione del DNA sia parzialmente correlato tra cervello e sangue, offre la possibilità che nei tessuti periferici siano scoperti dei predittori diagnostici del rischio di AD".

 

 

 

 

 


Fonte: Documento dell' European College of Neuropsychopharmacology (ECNP).

Pubblicato in Science Daily (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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