Le donne incinte trasmettono al bambino una quantità di vitamina D quasi tre volte inferiore di quanto si pensava, secondo una nuova ricerca condotta alla Kingston University di Londra.
Mentre gli studi attuali suggeriscono che circa un quinto (19 per cento) dell'apporto o del deficit di vitamina D di un neonato dipende direttamente dalla madre, gli esperti della Facoltà di Scienze della Vita della Kingston hanno scoperto che il numero è in effetti quasi tre volte più elevato: il 56 per cento.
I risultati sono stati raggiunti attraverso una nuova tecnica di misurazione, sviluppata nei laboratori della Kingston che, per la prima volta, è in grado di esaminare otto diverse forme di vitamina D con maggiore dettaglio.
Lo studio, appena pubblicato sul Nutrition Journal, si è focalizzato su 120 campioni prelevati da 60 madri greche e sui loro bambini. La ricerca è stata condotta assieme al Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia dell'Università Aristotele di Salonicco in Grecia. Anche se il paese mediterraneo gode di più ore di sole rispetto al Regno Unito, la ricerca ha rivelato che molte delle mamme avevano bassi livelli di vitamina D, suggerendo che ciò che mangiavano era una fonte altrettanto importante.
Il professor Declan Naughton, che ha guidato il team di ricerca della Kingston University, ha detto che i risultati rendono più che mai importante che le future madri ricevano il nutriente fondamentale non solo attraverso la luce del sole, ma anche attraverso alimenti come il pesce grasso. "L'impatto che le madri carenti di vitamina D hanno sul livello [di vitamina D] dei loro bambini è un problema molto più grande di quanto pensassimo", ha detto il professor Naughton. "E' chiaramente di vitale importanza mantenere buoni rifornimenti durante la gravidanza, per la salute a lungo termine sia delle madri che dei bambini".
La mancanza di questa vitamina nelle donne in gravidanza è stata collegata a diabete ed aumento del tasso di nascite con taglio cesareo, mentre i bambini possono essere più piccoli della media. Nei bambini, la carenza può provocare rachitismo, una malattia delle ossa morbide. La vitamina D ha un ruolo importante nel mantenere buoni livelli di calcio e fosfato, che aiutano a formare la salute delle ossa e dei denti. Le due forme principali sono la vitamina D3, che deriva principalmente dalla luce del sole, e la D2 che si trova in un ristretto numero di alimenti tra cui il tuorlo d'uovo, i funghi, il salmone d'allevamento, gli sgombri, le sardine, il pane e i cereali arricchiti.
Processi nel corpo convertono la vitamina in quella che è nota come la forma circolante (del tipo comunemente misurata tramite analisi del sangue) seguita dalla forma attiva (del tipo che promuove l'assorbimento del calcio, la crescita cellulare e l'immunità). Il professore Naughton e il suo gruppo hanno scoperto che il tipo di vitamina D comunemente misurata negli esami del sangue non è un indicatore dell'attività della vitamina D così affidabile come altri metodi.
Hanno anche scoperto che due forme epimere, in precedenza ritenute poco importanti, influenzano la quantità nei bambini. "Questo dimostra la necessità di una misurazione più accurata per valutare il livello di vitamina D, così come la necessità di guardare più da vicino le sue varie forme", ha detto il professor Naughton, concludendo con: "Sarebbero necessari ulteriori studi clinici per esaminare l'efficacia degli integratori di vitamina D nelle donne in gravidanza per vedere se ci sono fattori particolari che rendono difficile assorbire i nutrienti".
La ricerca fa parte di un insieme di indagini condotte dal professor Naughton e dal suo team sul ruolo della vitamina D in varie condizioni, che comprendono Alzheimer, diabete e sclerosi multipla.
Fonte:Kingston University.
Riferimento: Spyridon N Karras, Iltaf Shah, Andrea Petroczi, Dimitrios G Goulis, Helen Bili, Fotini Papadopoulou, Vikentia Harizopoulou, Basil C Tarlatzis, Declan P Naughton. An observational study reveals that neonatal vitamin D is primarily determined by maternal contributions: implications of a new assay on the roles of vitamin D forms. Nutrition Journal, 2013; 12 (1): 77 DOI: 10.1186/1475-2891-12-77
Pubblicato in Science Daily (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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